Mercati in rialzo e dollaro debole: i segnali contrastanti dell’economia americana

L’economista Tyler Cowen descrive segnali contrastanti: borse in rialzo e boom tecnologico, ma anche indebolimento del dollaro e debito pubblico oltre 37 mila miliardi

Mercati in rialzo e dollaro debole: i segnali contrastanti dell’economia americana

La borsa americana continua a crescere, mentre il debito pubblico supera i 37 mila miliardi di dollari e il dollaro perde valore. A tracciare un quadro fatto di segnali contrastanti è l’economista Tyler Cowen, che su The Free Press ha analizzato lo stato dell’economia statunitense sotto la presidenza Trump. Cowen parte da un dato evidente: i mercati azionari, e in particolare l’indice S&P 500, stanno registrando risultati positivi. Questo è il segnale che la prosperità americana non è prossima alla fine e che le aziende del Paese mantengono un alto valore riconosciuto a livello globale.

Cowen ricorda come, al momento dell’annuncio dei nuovi dazi da parte del presidente in occasione del cosiddetto Liberation Day, i mercati abbiano subito un forte calo. Tuttavia, la successiva moderazione delle tariffe ha portato a un rimbalzo, cancellando le perdite. Per l’economista, questo è un chiaro avvertimento sui rischi di spingersi troppo in quella direzione.

Uno degli elementi centrali riguarda la legge approvata all’inizio del 2025, la One Big Beautiful Bill Act, che ha esteso e ampliato i tagli fiscali introdotti durante il primo mandato di Trump. L’aliquota per le imprese, scesa già dal 35 al 21 per cento, è stata accompagnata da nuove misure come la possibilità di ammortizzare subito il 100 per cento degli investimenti e deduzioni più ampie sugli interessi. Secondo Cowen, queste politiche aumentano il valore delle aziende, ma allo stesso tempo alimentano un debito pubblico che ha superato i 37 mila miliardi di dollari. Prima o poi, sottolinea, qualcuno dovrà farsi carico di ripagarlo, probabilmente attraverso futuri aumenti delle tasse.

Un altro aspetto evidenziato è l’intervento diretto dello Stato nell’economia. Cowen cita il caso dell’annuncio presidenziale sull’acquisizione da parte del governo del 10 per cento di Intel, che ha fatto salire il valore delle azioni. Si tratta, a suo giudizio, di una forma di “statismo corporativo” che favorisce grandi aziende già consolidate, a scapito di realtà emergenti e dell’innovazione diffusa.

Il settore tecnologico, e in particolare l’intelligenza artificiale, appare invece come il principale motore della crescita. Le valutazioni private di società come Anthropic e OpenAI sono in rapido aumento, con quest’ultima vicina a una capitalizzazione di 500 miliardi di dollari. Nvidia, produttrice di processori per l’AI, ha raggiunto una valutazione di circa 4,2 mila miliardi, diventando la società più preziosa al mondo. Le cosiddette “Magnificent Seven” del tech hanno guadagnato quasi l’8 per cento dall’inizio dell’anno, superando la media dell’S&P 500. Cowen riconosce che l’amministrazione Trump, pur tra errori e incertezze, non ha soffocato questo settore con eccessi regolatori, contribuendo indirettamente al suo boom.

Se i mercati azionari sorridono, non si può dire lo stesso del dollaro. La valuta americana ha perso tra il 9 e l’11 per cento del suo valore da quando Trump è entrato in carica. Per Cowen, questo riflette sia l’indebolimento dell’influenza internazionale degli Stati Uniti, sia l’incertezza sulle politiche economiche e possibili pressioni della Casa Bianca sulla Federal Reserve per ridurre i tassi di interesse. Una valuta più debole, avverte, è un segnale negativo per l’intera nazione, nonostante la buona salute di alcune grandi aziende.

Il dibattito sull’indipendenza della Federal Reserve è centrale nelle critiche dei detrattori di Trump. Alcuni temono che le pressioni politiche possano portare a un’inflazione elevata. Cowen osserva però che i mercati non sembrano condividere questa preoccupazione: le aspettative d’inflazione oscillano tra il 2 e il 3 per cento, valori in linea con quelli registrati alla fine del mandato di Joe Biden. Anche se il costo della vita è cresciuto, ad esempio per i beni alimentari, non ci sono segnali di iperinflazione.

L’analisi si sposta infine sul piano politico. Cowen osserva come i mercati di previsione, come la piattaforma Kalshi, attribuiscano ai democratici un lieve vantaggio per le elezioni presidenziali del 2028, con una probabilità del 53 per cento di vittoria. A suo giudizio, questi dati contraddicono le ipotesi più allarmistiche sul crollo imminente della democrazia americana.

In sintesi, Cowen conclude che la realtà economica degli Stati Uniti sotto Trump è più complessa delle narrazioni contrapposte: non così rosea come sostengono i sostenitori del presidente, ma nemmeno disastrosa come affermano i critici. I mercati, ricorda, offrono segnali da interpretare con cautela, ma rappresentano comunque uno strumento essenziale per valutare la direzione dell’economia americana.

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