L'ultimatum di Trump su Gaza destabilizza il cessate il fuoco
L'ultimatum del presidente americano per la liberazione degli ostaggi mette in difficoltà il cessate il fuoco a Gaza, e delizia l'estrema destra israeliana.
L'ultima presa di posizione del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sulla questione della liberazione degli ostaggi di Gaza ha scatenato reazioni contrastanti all'interno del governo israeliano, generando tra i vertici dello Stato ebraico un misto di entusiasmo e confusione.
L'ultimatum pubblico rivolto a Hamas e il piano per Gaza proposto da Trump hanno posto il governo di Netanyahu in una posizione particolarmente delicata, costringendolo a rivedere le proprie strategie diplomatiche e militari.
L'ultimatum e le sue conseguenze
La tensione è aumentata dopo che Trump ha visionato le drammatiche immagini dei tre ostaggi liberati sabato scorso. In risposta alla struttura graduale dell'accordo, il presidente ha perso la pazienza e ha lanciato un ultimatum che ha sorpreso perfino il governo israeliano:
"Non al contagocce. Non tre e poi due. Devono essere liberati tutti."
Trump ha così richiesto la liberazione di tutti i 76 ostaggi rimanenti entro mezzogiorno di sabato, minacciando di porre fine al cessate il fuoco e di innescare quello che ha definito l'"inferno in terra" per Hamas.
Una linea dura che supera Netanyahu
Con questa mossa, Trump ha adottato una posizione ancora più intransigente rispetto al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, tradizionalmente considerato un "falco" nella politica mediorientale.
L'annuncio del presidente americano interviene in un momento particolarmente delicato per le trattative sul cessate il fuoco, complicando ulteriormente il processo decisionale del governo israeliano.
Un alto funzionario israeliano ha commentato ad Axios, dopo una lunga riunione del gabinetto di sicurezza:
"L'atmosfera tra i ministri era che il governo israeliano non può essere meno duro di Trump su questo."
Questa dinamica ha creato un paradosso: Netanyahu deve evitare di apparire più moderato rispetto al presidente americano. Allo stesso tempo, però, la prospettiva di un sostegno incondizionato da parte dell’Amministrazione Trump per i prossimi quattro anni ha inondato il governo israeliano di un ottimismo quasi euforico.
"Bibi e i ministri del gabinetto di sicurezza sono in estasi per Trump," ha rivelato lo stesso funzionario.
Gli esponenti più radicali del governo di Netanyahu si sono sentiti rafforzati dalla retorica americana, convincendosi di non dover più preoccuparsi di ritirarsi da Gaza o di negoziare ulteriormente con Hamas.
La risposta di Netanyahu
Finora, il primo ministro israeliano ha cercato di mantenere una posizione di compromesso, evitando di abbracciare completamente l'ultimatum di Trump.
Netanyahu ha lasciato intatta la possibilità di proseguire con il cessate il fuoco, a condizione che i 3 ostaggi previsti per sabato vengano effettivamente liberati. Israele ha comunicato in modo chiaro a Egitto e Qatar la necessità di far rispettare l'accordo da parte di Hamas per evitare la ripresa delle ostilità.
Tuttavia, funzionari dei servizi di sicurezza israeliani temono che questa situazione possa compromettere la prima fase dell'accordo su Gaza già entro il fine settimana.
"La possibilità di una liberazione degli ostaggi sabato è notevolmente diminuita. È una situazione molto preoccupante. Speriamo che i mediatori comprendano la situazione e salvino l'accordo".
In tal caso, 9 ostaggi, tra cui un cittadino americano, che dovevano essere liberati nelle prossime 3 settimane rimarrebbero in prigionia, mentre un’altra ventina verrebbero rilasciati in una seconda fase, qualora il cessate il fuoco si protragga a sufficienza.