L'inflazione negli Stati Uniti sta salendo
I prezzi al consumo sono cresciuti del 2,7% a luglio. I dazi imposti in primavera non hanno ancora avuto un impatto marcato, mentre il presidente intensifica le critiche al governatore della banca centrale

L’inflazione negli Stati Uniti è aumentata del 2,7% a luglio rispetto allo stesso mese del 2024, un dato complessivamente in linea con le stime degli analisti che prevedevano un +2,8%. Su base mensile, la variazione è stata dello 0,2%. L’indice “core”, che esclude energia e alimentari, ha invece segnato un’accelerazione al 3,1% su base annua, rispetto al 2,9% di giugno.
La pubblicazione dei dati del Bureau of Labor Statistics (BLS) arriva tre mesi dopo l’entrata in vigore di dazi doganali voluti dal presidente Donald Trump. Finora, l’impatto delle tariffe sui prezzi al consumo appare limitato, complice il calo del costo del petrolio (−9,5% in un anno). Tuttavia, alcuni economisti ritengono che l’effetto pieno delle misure protezionistiche potrebbe manifestarsi entro la fine del 2025.
La diffusione del rapporto coincide con un momento di tensione politica attorno al BLS. Il 1° agosto Trump ha destituito la direttrice Erika McEntarfer, dopo che l’agenzia aveva pubblicato dati deboli sull’occupazione: 73.000 nuovi posti di lavoro a luglio, contro i 100.000 attesi, e una forte revisione al ribasso dei dati di maggio e giugno (da 258.000 a 33.000 complessivi). Alla guida del BLS è stato nominato E. J. Antoni, economista legato alla Heritage Foundation, critico verso le precedenti metodologie statistiche e sostenitore della linea presidenziale.
I numeri di luglio offrono un quadro economico misto. Da un lato, i dazi non hanno ancora spinto l’inflazione in modo significativo e i mercati finanziari restano sostenuti dagli investimenti nell’intelligenza artificiale. Dall’altro, gli indicatori sul mercato del lavoro sono deboli e il rialzo del “core” inflation desta preoccupazioni.
Questi dati alimentano il dibattito interno alla Federal Reserve in vista della riunione di metà settembre. Attualmente i tassi di riferimento sono tra il 4,25% e il 4,5%. Trump, che da mesi sollecita un taglio, ha nuovamente accusato il presidente della Fed, Jerome Powell, minacciando “un’azione legale importante” per i costi di ristrutturazione della sede dell’istituto a Washington, definiti eccessivi.
All’interno del Federal Open Market Committee le posizioni restano divergenti. Alcuni governatori, come Christopher Waller e Michelle Bowman, spingono per una riduzione dei tassi già a settembre, mentre altri, come il presidente della Fed di Kansas City Jeff Schmid, giudicano la politica monetaria attuale ancora necessaria per contenere i prezzi.
Trump ha inoltre proposto la nomina di Stephen Miran, suo consigliere, nel consiglio dei governatori della Fed, rafforzando il peso della sua linea politica nell’istituzione. Una decisione di riduzione dei tassi potrebbe sostenere l’occupazione, ma comporterebbe anche il rischio di un aumento dei prezzi, in un contesto in cui gli effetti inflazionistici dei dazi devono ancora manifestarsi pienamente.