L'inflazione alta mette alla prova la nuova Amministrazione Trump

Il tasso core al 3,3% a gennaio complica l'attuazione delle politiche economiche promesse in campagna elettorale, tra dazi e tagli fiscali.

L'inflazione alta mette alla prova la nuova Amministrazione Trump
Foto di Fikri Rasyid / Unsplash

La persistenza dell'inflazione negli Stati Uniti sta mettendo a dura prova l'Amministrazione del presidente Donald Trump, complicando l'implementazione delle sue principali promesse elettorali in ambito economico.

Il tasso di inflazione core, che esclude le componenti volatili di energia e alimentari, ha raggiunto il 3,3% a gennaio, superando le aspettative degli economisti e mantenendosi ben al di sopra dell'obiettivo del 2% della Federal Reserve.

Il peso dell'eredità economica della precedente Amministrazione

La situazione attuale presenta notevoli differenze rispetto al primo mandato Trump, quando l'inflazione si manteneva generalmente intorno o sotto il 2%.

L'aumento dei prezzi, che ha contribuito significativamente alla sconfitta elettorale di Joe Biden, continua, infatti, a rappresentare una sfida significativa per la nuova amministrazione.

Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, ha di recente dichiarato davanti al Congresso che "siamo vicini ma non ancora giunti" all'obiettivo sull'inflazione della Banca Centrale.

I dati di gennaio hanno mostrato, però, non solo un'inflazione superiore alle attese, ma anche un deciso incremento dei salari orari, mentre un sondaggio dell'Università del Michigan ha evidenziato aspettative di inflazione in aumento anche per il prossimo anno.

L'impatto delle nuove politiche economiche

La nuova Amministrazione sta intanto procedendo con l'implementazione di due pilastri della sua politica economica: l'aumento dei dazi e il taglio delle tasse.

Il 1° febbraio, Trump ha annunciato dazi del 25% su Canada e Messico e del 10% sulla Cina. Sebbene l'implementazione dei dazi su Canada e Messico sia stata sospesa per un mese, gli economisti di Morgan Stanley stimano che queste misure potrebbero aumentare l'inflazione di 0,3-0,6 punti percentuali nella fase iniziale.

Questa settimana, l'amministrazione ha ulteriormente ampliato le misure protezionistiche, imponendo dazi del 25% su tutto l'acciaio e l'alluminio importati, con l'annuncio di ulteriori dazi reciproci su una gamma più ampia di prodotti e Paesi.

Gli effetti di questi annunci si stanno già manifestando: i contratti futures legati all'indice dei prezzi dell'acciaio del Midwest sono aumentati del 6% dall'annuncio, mentre il prezzo del rame negli Stati Uniti è cresciuto rispetto a quello europeo.

La riforma fiscale

Sul fronte fiscale, i deputati repubblicani alla Camera hanno presentato un budget che prevede una riduzione delle tasse di 4,5 mila miliardi di dollari nel prossimo decennio.

Trump ha richiesto anche una serie di ulteriori tagli alle tasse, come quelli sui benefit della Social Security, che potrebbero aumentare sia i costi che l'impatto sulla domanda aggregata.

Per compensare questi tagli alla tasse, i Repubblicani hanno proposto significative riduzioni della spesa pubblica, in particolare su Medicaid, buoni pasto e cancellazione del debito studentesco.

Tuttavia, l'effettiva realizzazione di queste riduzioni di spesa, in buona parte impopolari, resta, al momento, incerta.

Le strategie di contenimento

Nonostante le crescenti preoccupazioni economiche, il sostegno pubblico alle politiche commerciali dell'Amministrazione resta al momento ancora significativo.

Un sondaggio condotto dal Wall Street Journal a gennaio ha rivelato che, sebbene il 68% degli intervistati ritenga che i dazi aumenteranno i prezzi dei beni, il 48% continua a sostenerli.

Tuttavia, la pazienza dell'opinione pubblica ha dei limiti: più l'inflazione persiste, più diventa difficile per Trump attribuire la responsabilità ai governi precedenti.

Per far fronte alle pressioni inflazionistiche, l'Amministrazione Trump ha messo, dunque, in atto una serie di iniziative.

Da un lato, si è data particolare attenzione al ripopolamento degli allevamenti di pollame colpiti dall'influenza aviaria; dall'altro, sono state avviate pressioni sull'Arabia Saudita per incrementare la produzione di petrolio.

Parallelamente, il presidente ha intrapreso colloqui con il presidente russo Vladimir Putin, con la speranza di porre fine alla guerra in Ucraina.

Un accordo in tal senso potrebbe portare all'allentamento delle sanzioni sul petrolio russo e, di conseguenza, contribuire a una riduzione dei prezzi globali dell'energia con effetti benefici sull'inflazione.

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