Le nuove proposte della Casa Bianca per un programma nucleare civile iraniano con uranio arricchito all'estero
Secondo la CNN sono previsti fondi fino a 30 miliardi di dollari, sblocco di 6 miliardi di fondi e alleggerimento delle sanzioni, a patto che l’Iran non arricchisca più uranio sul proprio territorio.

La Casa Bianca sta valutando diverse opzioni per consentire un programma nucleare esclusivamente civile in Iran, con investimenti stimati fra i 20 e i 30 miliardi di dollari e il contestuale alleggerimento delle sanzioni in vigore. Al centro delle trattative – ancora in fase preliminare e suscettibili di modifiche – vi è però un unico punto irrinunciabile: l’Iran dovrà rinunciare completamente all’arricchimento nazionale dell’uranio, optando invece per l’importazione di materiale già arricchito.
Secondo un bozza di proposta descritta alla CNN da due fonti, uno degli strumenti principali contemplati prevede un impegno finanziario di 20–30 miliardi destinato alla realizzazione di impianti nucleari per usi civili, ma privi di sezione di arricchimento dell’uranio. La misura si affiancherebbe a una riduzione selettiva delle sanzioni esistenti e al rilascio di circa 6 miliardi di dollari che al momento sono vincolati in conti esteri e non disponibili per Teheran. Questi fondi, da tempo congelati per via delle restrizioni internazionali, potrebbero così essere reimmessi velocemente nell’economia iraniana.
Un’ulteriore ipotesi, emersa nelle discussioni della scorsa settimana, riguarda un possibile finanziamento diretto da parte di Stati Uniti e alleati del Golfo per sostituire l’impianto di Fordow con nuove strutture prive di attività di arricchimento. Il sito nucleare, recentemente colpito da bombe bunker-buster statunitensi, verrebbe demolito e ricostruito come sito destinato esclusivamente alla produzione di energia civile, garantendo così un controllo stringente sul ciclo del combustibile nucleare.
I negoziatori di Washington hanno ribadito che, seppure tutte le proposte siano suscettibili di ulteriori modifiche, permane un vincolo categorico: non sarà tollerata alcuna attività di arricchimento di uranio sul suolo iraniano. Tale condizione, considerata imprescindibile dall’Amministrazione, contrasta però con le richieste storiche di Teheran, che ha sempre difeso la necessità di arricchire l’uranio a fini pacifici.
Per ovviare all’impossibilità di arricchimento interno, gli Stati Uniti hanno proposto che l’Iran importi l’uranio arricchito da Paesi terzi, garantendo allo stesso tempo controlli rigorosi sulla provenienza e sull’utilizzo del materiale. Tale soluzione, oltre a soddisfare il vincolo della non proliferazione, permetterebbe a Teheran di disporre di combustibile per centrali nucleari moderne, incrementando la capacità energetica civile senza compromettere gli standard di sicurezza globale.
Nell’Amministrazione Trump si è sviluppata l’idea che gli ultimi eventi – in particolare le visite diplomatiche e le azioni militari degli Stati Uniti nella regione – possano aver convinto l’Iran a considerare la proposta americana come un’occasione unica. Al contempo, tuttavia, alcuni esperti iraniani avanzano l’ipotesi opposta: la recente escalation di tensioni potrebbe spingere il regime di Teheran a ritenere indispensabile dotarsi di un vero e proprio arsenale nucleare, come deterrente definitivo.
In effetti, a conferma delle preoccupazioni della comunità internazionale, il Parlamento iraniano ha approvato nei giorni scorsi una legge che interrompe la cooperazione con l’International Atomic Energy Agency, l’agenzia delle Nazioni Unite responsabile del monitoraggio nucleare. Il provvedimento, se attuato, segnalerebbe l’intenzione di Teheran di nascondere dati e ispezioni relative alle proprie attività nucleari, compiendo un passo ulteriore verso una espansione in senso militare del proprio programma nucleare.
In mancanza di un accordo vincolante, il destino del programma nucleare iraniano rischia quindi di trasformarsi in un ennesimo scontro aperto tra Iran e Stati Uniti/Israele sulle strategie di non proliferazione e sugli equilibri geopolitici nella regione.