Le agenzie di intelligence Usa contraddicono Trump sul Tren de Aragua

Un documento declassificato smentisce le accuse del presidente Trump sul controllo da parte del regime Maduro della gang Tren de Aragua, utilizzate per giustificare espulsioni verso un carcere salvadoregno. Divisioni tra agenzie e polemiche politiche.

Le agenzie di intelligence Usa contraddicono Trump sul Tren de Aragua

Un memorandum declassificato redatto dal National Intelligence Council contraddice le affermazioni del presidente Donald Trump secondo cui il regime venezuelano guiderebbe direttamente la gang criminale Tren de Aragua (TdA), responsabile – secondo l’amministrazione – di una “guerra irregolare” sul territorio statunitense. Il documento, diffuso il 7 aprile dall’Office of the Director of National Intelligence (ODNI), sostiene che il governo di Nicolás Maduro consenta un ambiente permissivo che facilita le attività criminali del gruppo, ma non risulta che vi sia una politica ufficiale di cooperazione o un coordinamento operativo tra il regime e il TdA.

Il memo, intitolato “Venezuela: Examining regime ties to Tren de Aragua”, è stato reso pubblico su richiesta della Freedom of the Press Foundation, che ne ha fornito una copia a NBC News. Il documento, lungo cinque pagine e con alcuni passaggi oscurati, è stato riportato per la prima volta dal New York Times.

L’amministrazione Trump aveva utilizzato le presunte connessioni tra la gang e il governo venezuelano per giustificare l’invocazione dell’Alien Enemies Act del 1798, mai applicata in precedenza al di fuori di scenari di guerra, al fine di espellere immigrati – in particolare venezuelani – verso un carcere in El Salvador noto per le sue condizioni brutali. In un proclama ufficiale, il presidente aveva definito il TdA una forza “invasiva”, agendo “sotto la direzione, clandestina o meno, del regime di Maduro”.

Le conclusioni del memorandum mettono in dubbio questa narrativa. “Mentre l’ambiente permissivo del Venezuela consente al TdA di operare”, si legge, “il regime di Maduro probabilmente non ha una politica di cooperazione con TdA e non sta dirigendo i movimenti del TdA verso gli Stati Uniti o le sue operazioni nel paese”.

La valutazione dell’intelligence si basa su tre elementi principali: le azioni delle forze dell’ordine venezuelane che dimostrano come il regime consideri il gruppo una minaccia; la natura mista dei rapporti tra autorità e gang – fatta di cooperazione e confronto, piuttosto che di controllo dall’alto; e la struttura decentralizzata del TdA, che rende logisticamente difficile una relazione di comando diretta.

Gli analisti dell’FBI, pur concordando in larga misura con le conclusioni generali, ritengono che alcuni funzionari venezuelani facilitino il trasferimento di membri della gang verso gli Stati Uniti e che questi siano utilizzati come delegati in vari Paesi dell’America Latina, tra cui Cile, Colombia, Ecuador e Perù, nel quadro di una strategia di destabilizzazione attribuita al regime di Maduro.

La pubblicazione del documento ha alimentato un acceso dibattito politico. I deputati democratici Jim Himes (Connecticut) e Joaquin Castro (Texas), membri del Comitato Intelligence della Camera, hanno accolto con favore la declassificazione del memorandum, che avevano sollecitato con una lettera alla direttrice dell’intelligence nazionale Tulsi Gabbard. I due deputati hanno sottolineato come le conclusioni del documento rafforzino la recente decisione di un giudice federale, secondo cui l’applicazione dell’Alien Enemies Act in questo contesto sarebbe stata illegale.

I parlamentari democratici hanno anche chiesto chiarimenti alla direttrice Gabbard sulle sue dichiarazioni pubbliche, ritenute non allineate con i contenuti effettivi del memo. “La responsabilità più basilare del Direttore dell’Intelligence Nazionale è dire la verità al potere e, ove possibile, al popolo americano”, hanno scritto.

Dal canto suo, Gabbard ha difeso l’amministrazione, accusando i media di manipolare le valutazioni dell’intelligence “per minare l’agenda del presidente volta a mantenere al sicuro il popolo americano”. In un’email trasmessa da un portavoce, ha aggiunto che “i media della propaganda continuano a operare come apologeti” per criminali stranieri.

La direttrice aveva già dichiarato in un’audizione al Comitato Intelligence della Camera a marzo che vi erano “valutazioni diverse” all’interno della comunità dell’intelligence. Una posizione ribadita anche dall’ODNI, che in una nota successiva ha affermato di “sostenere pienamente” la valutazione secondo cui il TdA “sta agendo con il sostegno del regime di Maduro”, e che quindi può essere considerato soggetto a misure di arresto, detenzione e rimpatrio in quanto “nemico straniero degli Stati Uniti”.

Sulla vicenda si è espresso anche il senatore repubblicano Tom Cotton, presidente del Comitato Intelligence del Senato, che ha ribadito il suo sostegno agli “instancabili sforzi del presidente Trump per proteggere gli americani da brutali criminali” e ha invitato i giornalisti a chiedere conto ai democratici del loro presunto sostegno a “stranieri che cercano di fare del male ai loro elettori”.

Il segretario di Stato Marco Rubio, in un editoriale pubblicato sul sito di Fox News, ha sostenuto che il nesso diretto tra il TdA e Maduro sia irrilevante: “Se TdA uccida, faccia contrabbando di droga e traffichi immigrati illegali oltre i nostri confini esclusivamente su ordini dei leader venezuelani, o agisca in autonomia per arricchimento personale è irrilevante”, ha scritto. “Ha ucciso per conto di un governo straniero ostile, quel governo ne ha favorito la crescita e quel governo lo ha incoraggiato a invadere gli Stati Uniti per promuovere i suoi interessi”.

La Freedom of the Press Foundation ha respinto l’idea che la pubblicazione del memo possa compromettere la sicurezza pubblica. “L’amministrazione Trump ha sostenuto che la fuga di notizie di questo memo fosse così pericolosa da giustificare l’apertura di indagini penali”, ha dichiarato Lauren Harper, rappresentante dell’organizzazione. “Volevamo vedere se fosse vero — o se il Dipartimento di Giustizia stesse indebolendo le protezioni dei giornalisti per aiutare a nascondere un documento che il pubblico ha ovviamente il diritto di vedere”.

Nel frattempo, l’amministrazione ha avviato indagini sulle fughe di notizie, citando gli articoli del Washington Post e del New York Times come giustificazione per revocare le restrizioni esistenti sulle inchieste riguardanti i media.

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