L'assurdo caso di Kilmar Abrego Garcia, padre del Maryland deportato per errore nel carcere salvadoregno CECOT
L’amministrazione Trump ammette per la prima volta l’illegittimità dell'espulsione di un immigrato con protezione legale, ma sostiene che i tribunali americani ora non possano più ordinarne il rimpatrio.
L’Amministrazione Trump ha ammesso, in un documento giudiziario depositato lunedì, di aver espulso erroneamente un cittadino salvadoregno residente legalmente nel Maryland. Ne parla Nick Miroff con un articolo pubblicato sul The Atlantic.
L’uomo, Kilmar Abrego Garcia, godeva, infatti, di uno status legale che avrebbe dovuto proteggerlo da qualsiasi tentativo di espulsione, ma l'Amministrazione Trump ha deciso di andare avanti lo stesso.
Nonostante il riconoscimento dell’errore, però, ora il governo americano sostiene che i tribunali statunitensi non abbiano più l’autorità per ordinarne il ritorno dal mega-carcere dove oggi è detenuto in El Salvador.
Si tratta, ad ogni modo, della prima ammissione ufficiale di errore da parte dell’Amministrazione Trump in merito ai tre voli contenenti migranti salvadoregni e venezuelani deportati in catene il 15 marzo verso il mega-carcere “Centro di Confinamento del Terrorismo” (CECOT) in El Salvador.
In precedenza diversi avvocati dei migranti espulsi avevano denunciato che alcuni dei venezuelani facenti parte di questo gruppo erano stati falsamente identificati come membri di gang sulla base dei loro tatuaggi — accuse in questo caso contestate dai funzionari dell’Amministrazione.
Una protezione ignorata
Abrego Garcia è arrivato negli Stati Uniti nel 2011, a soli 16 anni, per fuggire alle minacce delle gang nel suo Paese d’origine.
Nel 2019, un giudice dell’immigrazione gli ha concesso lo status legale di withholding of removal — una forma di protezione legale che ne impedisce l’espulsione nel Paese d’origine in presenza di un rischio concreto di persecuzione.
Sposato con una cittadina statunitense e padre di un bambino americano disabile di 5 anni, Abrego Garcia non ha alcun precedente penale negli Stati Uniti.
Tuttavia, all'improvviso, l’Amministrazione Trump lo ha definito un “pericolo per la comunità” e lo ha etichettato come membro attivo della MS-13, la famigerata gang salvadoregna che la Casa Bianca ha classificato come organizzazione terroristica straniera.
Il suo avvocato, Simon Sandoval-Moshenberg, sostiene che tali accuse siano infondate.
Risalirebbero, infatti, ad un fermo del 2019 in un parcheggio di Home Depot nel Maryland, durante il quale un altro uomo affermò — senza portare prove — che Abrego Garcia fosse membro di una gang.
La polizia non ha mai confermato tale affiliazione, e non non sono mai presentate accuse penali in questo senso.
Ciononostante, sulla base solo di queste accuse senza prove risalenti a qualche anno fa, il caso di Abrego Garcia è stato trasferito all’ICE per avviare la procedura di espulsione in barba al suo status di immigrato legale protetto.
L’arresto e l’espulsione
Il 12 marzo, dopo aver preso suo figlio da scuola, Abrego Garcia è stato fermato dagli agenti ICE, che gli hanno falsamente comunicato che il suo status di protezione era cambiato.
Gli agenti hanno atteso l’arrivo della moglie per affidarle il bambino e poi lo hanno arresto. Due giorni dopo, Abrego Garcia è stato trasferito in Texas insieme ad altri detenuti in attesa di espulsione.
Proprio in quei giorni Trump aveva deciso di applicare l’Alien Enemies Act del 1798 come giustificazione per l'espulsione di due gruppi di migranti venezuelani e di un gruppo di salvadoregni, nonostante il divieto emesso da un giudice distrettuale di procedere con quei voli.
La sua famiglia ha perso ogni contatto con lui da quando Abrego Garcia è stato incarcerato al famigerato CECOT, un carcere tristemente conosciuto per le innumerevoli violazioni dei diritti umani avvenuti al suo interno.
La moglie lo ha riconosciuto in un video pubblicato su X il 16 marzo dal presidente salvadoregno Nayib Bukele, che ha commentato sarcasticamente con un “Ops” sui social, prendendo in giro la decisione del giudice statunitense di fermare i voli quando ormai era troppo tardi.
Nell’immagine si vedevano uomini con passamontagna spingere con forza i detenuti all’interno del carcere. La donna ha identificato il marito da un tatuaggio e da alcune cicatrici sul braccio.
L’ammissione dell’errore
Il documento consegnato del governo ad una corte federale ammette ora che l’ICE era perfettamente a conoscenza della protezione legale concessa ad Abrego Garcia.
Afferma anche che, inizialmente, il suo nome non compariva nel manifesto di volo, ma che è stato aggiunto successivamente come “alternativa”, salendo di posizione man mano che altri detenuti venivano esclusi.
“Per un errore amministrativo, Abrego Garcia è stato espulso verso El Salvador”, afferma il documento governativo, sottolineando che si è trattato di una “svista” compiuta comunque “in buona fede”.
Simon Sandoval-Moshenberg, avvocato di Abrego Garcia, ha commentato a The Atlantic affermando che, in casi simili, il governo avrebbe dovuto riaprire il fascicolo e presentare nuove prove, non procedere con un'espulsione sommaria.
“Credo abbiano scelto mezzi extragiudiziali perché pensavano che il percorso legale avrebbe richiesto troppo tempo e temevano di perdere in tribunale”, ha dichiarato.
Un membro del team legale governativo coinvolto nel caso ha espresso sconcerto con un messaggio: “Che. Diavolo. È. Successo”.
Un vuoto giuridico pericoloso
L'avvocato di Abrego Garcia sta ora chiedendo al tribunale di ordinare all'Amministrazione Trump di richiedere il ritorno di Abrego Garcia.
Per poterci riuscire, chiede anche al tribunale di ordinare all'Amministrazione Trump di trattenere i pagamenti al governo salvadoregno, che intende addebitare agli Stati Uniti 6 milioni di dollari all'anno per rimborsare i costi di detenzione dei migranti deportati dagli Stati Uniti.
"Sostengono che il tribunale non ha il potere di ordinare alcun provvedimento", ha dichiarato Sandoval-Moshenberg, a proposito della posizione dell'Amministrazione Trump.
"Se questo è vero, allora le leggi sull'immigrazione sono insignificanti — tutte — perché il governo può espellere chiunque voglia, ovunque voglia, quando voglia, e nessun tribunale può fare nulla una volta che è fatto".