L'assistenza sanitaria pubblica al centro del dibattito

Il programma sanitario per i più poveri è diventato l’ostacolo principale nell’approvazione del bilancio federale voluto dal presidente Trump. Tagli da 700 miliardi di dollari e milioni di potenziali esclusi alimentano il dissenso, anche dentro il Partito repubblicano.

L'assistenza sanitaria pubblica al centro del dibattito
Photo by Chela B. / Unsplash

Il programma Medicaid, che garantisce una copertura sanitaria a circa 70 milioni di cittadini statunitensi a basso reddito – di cui il 40% sono bambini – è al centro del dibattito sul nuovo bilancio federale promosso dal presidente Donald Trump. Il progetto di legge, definito dal presidente “big, beautiful bill”, è bloccato da tensioni interne al Partito repubblicano, diviso tra l’ala ortodossa, favorevole a drastici tagli, e una componente più pragmatica, consapevole che molti elettori conservatori beneficiano direttamente del programma.

La proposta in discussione mira a risparmiare circa 700 miliardi di dollari entro il 2034, secondo le prime analisi di due deputati democratici del Congressional Budget Office, ma il prezzo sarebbe alto: circa 8,5 milioni di persone perderebbero la propria copertura sanitaria. Queste proiezioni hanno esacerbato le divisioni all’interno della commissione bilancio della Camera dei rappresentanti, dove i repubblicani più rigidi hanno temporaneamente bloccato il testo giudicando i tagli insufficienti, mentre altri temono ripercussioni elettorali.

La pressione su Capitol Hill è doppia. Da un lato, le agenzie finanziarie: Moody’s ha revocato il rating di credito “tripla A” agli Stati Uniti il 16 maggio, sottolineando l’inadeguatezza delle misure di contenimento della spesa pubblica, in un contesto in cui il debito federale ha raggiunto i 29.000 miliardi di dollari. Dall’altro, il presidente Trump, deciso ad approvare il bilancio prima della festa nazionale del 4 luglio. Lo speaker della Camera, Mike Johnson, si è impegnato a sottoporlo al voto entro il Memorial Day, lunedì 26 maggio. Il testo ha superato la fase della commissione domenica 19 maggio e sarà discusso in aula nella settimana successiva, ma le divergenze restano profonde.

La sanità rappresenta il punto debole della presidenza Trump in termini di consenso. Secondo un ampio sondaggio condotto da YouGov e pubblicato il 15 maggio, solo il 26% degli intervistati approva le misure adottate in questo settore, mentre il 57% esprime un giudizio negativo. In particolare, i tagli al Medicaid ottengono solo il 19% di approvazione, con un 68% contrario, percentuali sfavorevoli anche tra gli elettori repubblicani. Diversi parlamentari hanno riferito di confronti difficili con gli elettori nelle recenti assemblee pubbliche.

I democratici, usciti indeboliti dalla sconfitta elettorale e dalla crisi di credibilità legata allo stato di salute dell’ex presidente Joe Biden, hanno trovato nella difesa del Medicaid un fronte compatto. Considerano il programma parte del loro patrimonio legislativo, potenziato durante gli anni dell’Obamacare, e accusano i repubblicani di voler privare i cittadini più vulnerabili dell’accesso alle cure per favorire sgravi fiscali ai più ricchi, pur rischiando talvolta di gonfiare le cifre.

I repubblicani, da parte loro, cercano di evitare l’accusa di insensibilità sociale concentrando l’attenzione sulla lotta alle frodi e sull’accesso degli immigrati irregolari ai servizi. Il disegno di legge include infatti una serie di misure tecniche per ridurre indirettamente il numero dei beneficiari, come l’inasprimento dei controlli sui redditi e sulla residenza, la radiazione automatica in caso di mancata risposta alle comunicazioni, un aumento della burocrazia e dei costi a carico degli utenti.

Tra le proposte vi è anche l’introduzione di un requisito minimo di ore lavorate per gli adulti abili al lavoro, misura che inizialmente sarebbe dovuta entrare in vigore solo nel 2029, ma che l’ala più conservatrice spinge per anticipare. Un’altra disposizione mira a tagliare i fondi federali agli Stati a guida democratica che finanziano con risorse proprie l’assistenza sanitaria ai migranti privi di documenti.

Secondo Matthew Fiedler, ricercatore presso il Center for Health Policy del gruppo di riflessione Brookings Institution, «non c’è alcun dubbio che queste misure vadano ben oltre la lotta alla frode. La maggior parte delle riduzioni dei beneficiari riguarderebbe persone che hanno diritto all’assistenza in base alla legislazione attuale».

Un secondo aspetto della riforma mira a ridurre la quota di spesa federale attraverso l’abolizione di un meccanismo contabile noto come provider tax. Questo sistema, creato da esponenti repubblicani nel New Hampshire alla fine degli anni ’80, consente agli Stati di aumentare temporaneamente i versamenti agli enti sanitari per poi recuperarli mediante una tassa sugli stessi soggetti, ottenendo nel frattempo anche contributi federali. Sebbene ampiamente criticato, questo stratagemma è divenuto una fonte cruciale di finanziamento per il Medicaid in molti Stati. La sua soppressione, senza misure compensative, sposterebbe interamente sugli Stati la responsabilità di trovare una soluzione all’attuale impasse: ridurre la spesa, aumentare le tasse o tagliare altri programmi.

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