L'arsenale vuoto della democrazia: Stati Uniti impreparati a una guerra con la Cina

Secondo l'ex direttore del dipartimento per l'innovazione della difesa del Pentagono, gli USA non dispongono delle risorse industriali, tecnologiche e logistiche necessarie per sostenere un conflitto prolungato contro avversari come la Cina.

L'arsenale vuoto della democrazia: Stati Uniti impreparati a una guerra con la Cina

Gli Stati Uniti non sono pronti ad affrontare un potenziale conflitto con la Cina o con qualsiasi altra grande potenza militare. A sostenerlo è Michael Brown, ex direttore del dipartimento per l'innovazione della difesa del Pentagono, in un articolo pubblicato sulla rivista Foreign Affairs intitolato "L'arsenale vuoto della democrazia". L'analisi di Brown mette in luce profonde vulnerabilità dell'apparato militare americano, sottolineando la scarsità di munizioni, l'obsolescenza di navi e aerei e l'inadeguatezza delle capacità industriali per il rifornimento delle forze armate in caso di guerra prolungata.

Secondo Brown, la principale causa di questa situazione è da ricercarsi nel cambiamento della strategia militare americana dopo la fine della Guerra Fredda. Gli Stati Uniti hanno smesso di prepararsi a conflitti su larga scala contro avversari alla pari, preferendo pianificare campagne brevi e localizzate, sulla falsariga dell'operazione "Desert Storm" contro l'Iraq nel 1991. Tuttavia, nella realtà geopolitica degli anni 2020, la possibilità di scontri con potenze come Cina, Iran o Russia è diventata significativamente più concreta.

I numeri riportati da Brown sono particolarmente preoccupanti. In caso di un conflitto esteso nel Pacifico, gli Stati Uniti necessiterebbero di circa cinquemila missili di precisione a lungo raggio ogni settimana. A fronte di scorte che ammontano a diverse decine di migliaia di unità, l'industria della difesa americana si dimostra incapace di rifornire tali riserve con la rapidità necessaria alle esigenze di un conflitto su vasta scala.

Il confronto con la Cina evidenzia il crescente divario in termini di modernità delle forze armate. L'età media delle navi della Marina statunitense è di 19 anni, mentre per gli aerei dell'Aeronautica militare si arriva a 32 anni. La flotta cinese, invece, è composta per il 70% da navi varate negli ultimi 15 anni. Ancora più significativo è il dato relativo alla capacità di costruzione navale: la Cina supera gli Stati Uniti di 370 volte in termini di dislocamento annuale di nuove navi.

Un ulteriore elemento di vulnerabilità riguarda la produzione di munizioni. Gli Stati Uniti fanno ancora affidamento su esplosivi sviluppati durante la Seconda Guerra Mondiale e importano circa un terzo delle materie prime necessarie, compresi materiali provenienti dalla stessa Cina, una situazione che espone Washington a rischi strategici rilevanti.

Per affrontare queste criticità, Brown propone un aumento del budget della difesa, nonostante esso sia già, in termini di parità di potere d'acquisto, superiore alla somma dei bilanci militari di Cina e Russia. Tuttavia, secondo l'ex direttore, l'incremento delle risorse non sarebbe sufficiente senza una profonda riforma del sistema di approvvigionamento militare. Tra le misure suggerite figurano la riduzione dei requisiti richiesti ai contraenti della difesa, l'introduzione di contratti a lungo termine e una maggiore autonomia gestionale per il Pentagono nell'uso dei fondi assegnati.

L'analisi di Brown, pubblicata su una delle più prestigiose riviste di politica estera americana, si configura come un severo monito circa lo stato di preparazione militare degli Stati Uniti. Un avvertimento particolarmente rilevante in un contesto internazionale segnato da crescenti tensioni con potenze rivali, in particolare la Cina, che continua ad accelerare il rafforzamento delle proprie capacità militari a un ritmo molto più sostenuto rispetto ai Paesi occidentali.

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