L'amministrazione Trump vuole imporre il controllo federale sulla Columbia University

L’università è al centro di un contenzioso con il governo federale per presunti episodi di antisemitismo. In discussione ci sono oltre 400 milioni di dollari di finanziamenti pubblici e un possibile decreto giudiziario che obbligherebbe l’ateneo a cambiare le proprie politiche.

L'amministrazione Trump vuole imporre il controllo federale sulla Columbia University

L’amministrazione Trump sta valutando un’azione legale che potrebbe sottoporre la Columbia University a un decreto consensuale, un accordo legale vincolante supervisionato da un giudice federale. Lo ha riportato il Wall Street Journal. La misura sarebbe un’escalation significativa nel confronto tra il governo e l’ateneo newyorkese, già alle prese con la sospensione di circa 400 milioni di dollari in fondi federali legati a preoccupazioni sull’antisemitismo nei campus.

Il decreto consensuale, se adottato, obbligherebbe l’università a modificare le proprie pratiche seguendo direttive imposte dal governo. L’applicazione sarebbe affidata a un tribunale federale, che potrebbe sanzionare Columbia per mancata conformità, anche con accuse di oltraggio alla corte.

Al momento, l’università è impegnata in una trattativa con l’amministrazione per cercare di ripristinare i fondi sospesi, e ha già accettato una serie iniziale di richieste. Tuttavia, l’ipotesi del decreto rappresenta un passo inedito e particolarmente incisivo rispetto agli strumenti abitualmente utilizzati per affrontare questioni di diritti civili in ambito educativo.

Tradizionalmente, le controversie di questo tipo si risolvono attraverso accordi volontari, in cui le istituzioni si impegnano a modificare le proprie politiche in cambio della chiusura delle indagini federali. Questi accordi, però, non sono vincolanti, e il governo ha pochi strumenti per imporne l’attuazione. È il caso, ad esempio, delle intese raggiunte dall’amministrazione Biden con la Brown University e la Rutgers.

Nel caso di Columbia, invece, la task force federale sull’antisemitismo — che include avvocati del Dipartimento di Giustizia — starebbe puntando a un decreto legale per via della presunta mancanza di volontà dell’ateneo di apportare cambiamenti sostanziali. Secondo fonti vicine al dossier, i legali del governo ritengono di avere prove consistenti di violazioni della legge sui diritti civili, in particolare contro studenti ebrei.

L’ex presidente ad interim della Columbia, Katrina Armstrong, è stata sottoposta a una deposizione di tre ore da parte degli avvocati federali, durante la quale un membro della task force avrebbe espresso insoddisfazione per le sue risposte.

Non è ancora noto se il consiglio di amministrazione dell’università abbia discusso formalmente la possibilità di accettare un decreto consensuale. In ogni caso, la firma da parte di Columbia è condizione necessaria per la sua entrata in vigore. L’alternativa sarebbe un contenzioso legale che potrebbe protrarsi per anni e comportare ulteriori perdite di finanziamenti.

Se l’università dovesse decidere di opporsi in tribunale, il Dipartimento di Giustizia dovrebbe dimostrare la necessità dell’accordo. Una scelta che comporterebbe rischi legali e reputazionali: Columbia sarebbe infatti soggetta a ulteriori indagini e deposizioni, con le sue politiche interne sotto continuo scrutinio pubblico.

Un portavoce dell’università ha dichiarato che la Columbia “rimane in dialogo attivo con il governo federale per ripristinare i suoi fondamentali finanziamenti per la ricerca”, senza commentare la possibilità del decreto.

Non è ancora chiaro quali modifiche specifiche il governo vorrebbe vedere incluse nell’accordo legale. In generale, i decreti consensuali prevedono misure dettagliate e una supervisione giudiziaria costante. Sono stati utilizzati, ad esempio, in passato per regolare la fusione tra Live Nation e Ticketmaster, o per riformare i dipartimenti di polizia durante l’amministrazione Obama.

Nel contesto dell’istruzione superiore, però, una simile misura sarebbe “senza precedenti nella sua espansività”, secondo John Thelin, professore emerito dell’Università del Kentucky e storico dell’istruzione. Anche Armand Alacbay, vicepresidente dell’American Council of Trustees and Alumni, ha commentato la situazione definendola “classica tra l’incudine e il martello”.

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