La versione più lunga della nuova strategia di Trump prevede di aiutare l’Italia ad allontanarsi dall’UE
Una versione più estesa del documento strategico rivela a pieno i piani dell'Amministrazione per ritirarsi dalla difesa europea, creare un nuovo gruppo delle grandi potenze con Cina e Russia, e sostenere movimenti di destra in Europa. Il testo parla di "cancellazione della civiltà" del continente.
L'Amministrazione Trump ha pubblicato una nuova Strategia di sicurezza nazionale che segna una rottura profonda non solo con quella dell'amministrazione Biden, ma anche con la prima Strategia pubblicata dallo stesso Trump nel 2017. Il documento, diffuso pubblicamente giovedi sera tardi dalla Casa Bianca, contiene riferimenti inediti alle "famiglie tradizionali" e alla "rivitalizzazione della salute spirituale e culturale americana". Ma una versione più lunga dello stesso documento, circolata prima della pubblicazione ufficiale e visionata dalla testata statunitense Defense One, rivela dettagli ancora più sorprendenti sui piani dell'Amministrazione per ridisegnare le relazioni internazionali degli Stati Uniti.
Entrambe le versioni della Strategia identificano la competizione con la Cina come priorità principale, annunciano il ritiro degli Stati Uniti dal ruolo principale della difesa dell'Europa e spostano l'attenzione verso l'emisfero occidentale. Ma la versione più estesa propone strumenti nuovi per esercitare la leadership americana nel mondo e delinea un approccio particolare per influenzare il futuro dell'Europa attraverso i suoi valori culturali. Il documento parla esplicitamente di "rendere l'Europa di nuovo grande" e propone quindi di sostenere attivamente partiti e movimenti politici che condividono le posizioni dell'Amministrazione Trump.
Mentre la versione pubblica della Strategia si limita a chiedere la fine di una "NATO in continua espansione", il documento completo entra nei dettagli di come l'Amministrazione Trump vorrebbe ridefinire i rapporti con l'Europa. Il testo parte dal presupposto che il continente stia affrontando una "cancellazione della sua civiltà" a causa delle sue politiche sull'immigrazione e della "censura della libertà di parola". Sulla base di questa premessa, la Strategia propone di concentrare le relazioni americane con i Paesi europei su alcune nazioni con presenza di governi e movimenti attuali che condividono una visione simile, presumibilmente di destra.
Nello specifico Austria, Ungheria, Italia e Polonia sono elencate come Paesi con cui gli Stati Uniti dovrebbero "lavorare di più, con l'obiettivo di farli allontanare dall'Unione Europea". Il documento afferma che Washington dovrebbe "sostenere partiti, movimenti e figure intellettuali e culturali che cercano la sovranità e la preservazione o il ripristino dei modi di vita tradizionali europei, rimanendo al contempo filo-americani". Questa rappresenta una novità significativa nella politica estera americana, che tradizionalmente ha sostenuto l'integrazione europea attraverso l'Unione Europea.
Una delle proposte più innovative contenute nella versione estesa della Strategia è la creazione di un nuovo organismo delle grandi potenze mondiali. Durante l'estate, il presidente Trump aveva fatto notizia quando si era detto dispiaciuto per l'espulsione della Russia dal G8, ora G7, definendola un "grave errore". Aveva anche suggerito di voler aggiungere anche la Cina per formare un "G9". La versione estesa Strategia di Sicurezza Nazionale va ben oltre, proponendo la creazione di un nuovo organismo chiamato "Core 5", o C5.
Il C5 sarebbe composto da Stati Uniti, Cina, Russia, India e Giappone, alcuni dei Paesi con più di cento milioni di abitanti. Questo nuovo gruppo si riunirebbe regolarmente, come fa il G7, per vertici con temi specifici. Il primo punto all'ordine del giorno proposto per il C5 è la sicurezza in Medio Oriente, in particolare la normalizzazione delle relazioni tra Israele e Arabia Saudita. La proposta rappresenta un'evoluzione significativa rispetto al G7, che richiede che i Paesi membri siano sia economicamente avanzati che democraticamente governati, requisiti che evidentemente non si applicherebbero al C5.
La versione completa della Strategia dedica anche spazio alla discussione del "fallimento" dell'egemonia americana, un termine che non appare nella versione pubblica del documento. Il testo afferma che "l'egemonia è la cosa sbagliata da desiderare e non era realizzabile". In questo contesto, egemonia si riferisce alla leadership di un Paese sul mondo, utilizzando il potere persuasivo per incoraggiare altri paesi a consentire di essere guidati. Il documento sostiene che "dopo la fine della Guerra Fredda, le élite della politica estera americana si sono convinte che il dominio permanente americano sull'intero mondo fosse nel migliore interesse del nostro paese. Tuttavia, gli affari di altri Paesi sono una nostra preoccupazione solo se le loro attività minacciano direttamente i nostri interessi".
L'Amministrazione sembra utilizzare questo ragionamento per giustificare il ritiro dal ruolo degli Stati Uniti nella difesa dell'Europa, mentre rivolge la sua attenzione ai cartelli della droga basati in Venezuela. La Strategia afferma che "l'Amministrazione Trump ha ereditato un mondo in cui le armi della guerra hanno frantumato la pace e la stabilità di molti Paesi in molti continenti. Abbiamo un interesse naturale nell'alleviare questa crisi". Il documento sostiene che non dovrebbe spettare agli Stati Uniti fare tutto da soli, ma allo stesso tempo Cina e Russia non dovrebbero poter sostituire la leadership americana.
Per mantenere la stabilità globale senza assumersene l'intero onere, la versione completa della Strategia suggerisce di collaborare con "potenze regionali". Il documento afferma che Washington "ricompenserà e incoraggerà i governi, i partiti politici e i movimenti della regione più allineati con i nostri principi e strategia. Ma non dobbiamo trascurare i governi con prospettive diverse con cui tuttavia condividiamo interessi e che vogliono lavorare con noi". Questo approccio segna un cambiamento a novanta gradi rispetto alla tradizionale politica estera americana che tendeva a privilegiare alleanze formali e di lungo periodo basate su valori condivisi.