La svolta radicale di Trump nella politica estera americana: addio al "Soft Power"

Il presidente americano sta ridisegnando drasticamente le relazioni internazionali degli Stati Uniti, privilegiando un approccio più aggressivo e coercitivo che stravolge decenni di diplomazia statunitense.

La svolta radicale di Trump nella politica estera americana: addio al "Soft Power"
Fonte: Grok

La politica estera degli Stati Uniti sta vivendo una trasformazione epocale sotto la guida del presidente Donald Trump.

In meno di tre settimane dal suo ritorno alla Casa Bianca, Trump ha già imposto un cambio di rotta radicale, abbandonando decenni di diplomazia basata sul Soft Power a favore di un approccio più aggressivo e coercitivo, suscitando serie preoccupazioni nella comunità diplomatica internazionale.

Lo smantellamento dell'USAID

Al centro di questa rivoluzione c'è, indubbiamente, lo smantellamento dell'Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID), storicamente il più grande fornitore mondiale di aiuti esteri.

Secondo il New York Times, l'Amministrazione Trump, in collaborazione con il DOGE di Elon Musk, sta pianificando di ridurre drasticamente il personale dell'agenzia, passando da oltre 10.000 a soli 290 dipendenti.

Contestualmente, sono state cancellate circa 800 sovvenzioni e contratti, con ripercussioni immediate sulle regioni più povere e instabili del mondo, dove mancheranno risorse essenziali per cibo, acqua, medicine, istruzione e soccorsi in caso di calamità.

La nuova strategia "America First"

Questa svolta si manifesta anche attraverso una serie di accordi bilaterali in discussione con Paesi quali Canada, Messico, Colombia, Panama, El Salvador, Guatemala e persino Venezuela.

Tuttavia, la maggior parte di tali accordi è stata — o sta per essere — conclusa soltanto dopo che sono state avanzate minacce di dazi e adottate altre forme di pressione, mentre il Segretario di Stato Marco Rubio ha finora operato come mediatore solo in maniera sporadica.

Anche i rapporti con gli alleati storici sono stati messi a dura prova: Trump ha minacciato il Canada con dazi del 25%, insinuando la possibilità di trasformarlo nel "51° Stato americano", e ha definito l'Unione Europea "peggiore della Cina" in ambito commerciale, con la prospettiva di imporre nuovi dazi.

Perfino la Danimarca, Paese membro della NATO, si è trovata a dover affrontare l'ipotesi di un intervento militare in relazione al controllo della Groenlandia.

Il caso del G20 e le tensioni con il Sudafrica

Un esempio emblematico della nuova politica estera è il boicottaggio del G20 in Sudafrica, annunciato da Rubio a seguito delle critiche di Trump e Musk alla legge di riforma agraria post-apartheid.

La Cina ha colto subito l'opportunità per esprimere il proprio sostegno alla presidenza sudafricana del G20, evidenziando il vuoto diplomatico che si sta creando attorno agli Stati Uniti.

Daniel Shapiro, ex ambasciatore USA in Israele e figura di spicco al Pentagono e nel Consiglio per la Sicurezza Nazionale, ha commentato che questa nuova direzione rappresenta "un regalo per Putin e Xi", mostrando gli Stati Uniti come un partner inaffidabile sulla scena internazionale.

Tale cambio di rotta contrasta nettamente con l'approccio delle precedenti Amministrazioni, inclusa quella repubblicana di Ronald Reagan, che considerava invece gli aiuti esteri e il Soft Power come pilastri fondamentali della politica estera americana durante la Guerra Fredda.

Mentre gli Stati Uniti si allontanano dal loro tradizionale ruolo di leader diplomatico globale, potenze come Cina, Russia e Iran stanno cercando di colmare il vuoto.

In particolare, la Cina sta investendo pesantemente nel Soft Power attraverso la sua Iniziativa Belt and Road, posizionandosi come un'alternativa strategica all'influenza americana in declino.

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