La stretta di Trump sugli attivisti pro-palestinesi negli Stati Uniti
Cresce l'allarme per le detenzioni di residenti legali e titolari di visto basate sulle proprie posizioni politiche.

Negli Stati Uniti, gli attivisti pro-palestinesi stanno affrontando una nuova e preoccupante fase di repressione.
L’Amministrazione Trump ha infatti intensificato i propri sforzi per contrastare le posizioni che considera pericolose, tra cui quelle solidali con la causa palestinese.
L’arresto di Mahmoud Khalil
L’allarme è cresciuto dopo che l’Immigration and Customs Enforcement (ICE) ha detenuto Mahmoud Khalil, laureato alla Columbia University e residente permanente legale con green card.
Khalil era stato un leader delle proteste pro-palestinesi nel campus. L’Amministrazione ha subito dichiarato che avrebbe continuato ad applicare tale politica, ed ha effettuato ulteriori detenzioni.
Secondo Iman Abid-Thompson, direttrice dell’advocacy presso la US Campaign for Palestinian Rights, queste azioni rappresentano un messaggio intimidatorio per tutti i movimenti per la giustizia sociale che osano criticare l’Amministrazione Trump.
La risposta degli attivisti
Gli attivisti pro-palestinesi hanno dichiarato di essere pronti a reagire, pur esprimendo timore di essere ulteriormente presi di mira.
Molti non sono sorpresi dalle misure adottate, ricordando le precedenti critiche di Trump al sistema d’immigrazione statunitense e la sua opposizione alle proteste filo-palestinesi esplose dopo l’inizio del conflitto tra Israele e Hamas nell’ottobre 2023.
Il quadro giuridico
L’Amministrazione Trump ha giustificato queste detenzioni con riferimenti agli ordini esecutivi sull’antisemitismo e sul contrasto al terrorismo.
Il presidente ha accusato apertamente alcuni attivisti di sostenere il terrorismo senza fornire dettagli specifici sulle presunte attività terroristiche.
Dal punto di vista legale, le autorità statunitensi si basano su una disposizione dell’Immigration and Nationality Act del 1952, che consente al Segretario di Stato di espellere cittadini stranieri la cui presenza o attività venga considerata dannosa per la sicurezza nazionale o la politica estera degli Stati Uniti.
Ulteriori casi di detenzione ed espulsioni
Rasha Alawieh, professoressa assistente della Brown University con un visto H-1B, è stata detenuta e successivamente espulsa subito dopo essere tornata da un viaggio in Libano, dove aveva partecipato al funerale dell’ex leader di Hezbollah Hassan Nasrallah.
Il Dipartimento per la Sicurezza Interna (DHS) ha giustificato la sua espulsione, sostenendo che “glorificare e sostenere terroristi” costituisca motivo sufficiente per revocare un visto.
Alawieh è stata deportata nonostante un ordine giudiziario contrario, con il governo che ha dichiarato che gli agenti coinvolti non erano a conoscenza della sentenza prima di eseguire la sua espulsione.
In un altro episodio, Badar Khan Suri, studioso post-dottorato alla Georgetown University e cittadino indiano, è stato detenuto dall’ICE.
Il DHS lo ha accusato di “diffondere propaganda di Hamas e promuovere l’antisemitismo” sui social media, ma i suoi avvocati sostengono che Suri sia stato semplicemente preso di mira per le sue critiche verso Israele e per le origini palestinesi della moglie, cittadina americana.
Nessuno degli individui detenuti è stato accusato formalmente di crimini, né si trovava illegalmente nel Paese.
Gli attivisti ribadiscono, comunque, che continuare a difendere i diritti dei palestinesi rimane fondamentale, nonostante l’Amministrazione Trump stia creando un clima di paura per scoraggiare l’attivismo sul tema.