La relazione tra Stati Uniti e Israele mostra segni di tensione
Le recenti decisioni dell'Amministrazione americana sorprendono il governo israeliano. La scelta del presidente Donald Trump di evitare Israele nel suo primo viaggio in Medio Oriente dopo la rielezione evidenzia divergenze crescenti su Gaza, Iran e commercio.

Nel primo viaggio ufficiale in Medio Oriente dopo la sua rielezione, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso di non includere Israele tra le tappe della sua visita. La scelta, inattesa per il governo israeliano, si inserisce in un contesto di crescenti tensioni e incomprensioni tra i due tradizionali alleati.
Negli ultimi giorni, l'Amministrazione Trump ha adottato una serie di decisioni che hanno sorpreso il governo di Benjamin Netanyahu e suscitato dibattiti interni in Israele. In particolare, ha destato preoccupazione un accordo tra Stati Uniti e Hamas che ha portato alla liberazione dell'ultimo ostaggio americano detenuto a Gaza, Edan Alexander, dopo oltre 18 mesi di prigionia. Molti israeliani hanno percepito questa scelta come un possibile segnale di distacco, temendo che Washington possa agire unilateralmente, mettendo a rischio gli interessi israeliani relativi ad altri ostaggi ancora detenuti.
L'inviato speciale americano Steve Witkoff ha incontrato Alexander in ospedale a Tel Aviv, dopo che la famiglia dell'ostaggio liberato aveva rifiutato di recarsi in Qatar per incontrare Trump e l'emiro qatariota, in considerazione del fatto che Doha è vista in Israele come sponsor di Hamas.
Un altro episodio significativo è stata la decisione improvvisa di Trump di sospendere la campagna militare contro i ribelli Houthi nello Yemen, accettando una tregua che non includeva il cessate il fuoco degli attacchi contro Israele, giusto poche ore dopo che un missile Houthi aveva colpito l'area circostante il principale aeroporto israeliano.
Ulteriori preoccupazioni per Israele derivano dalla scelta degli Stati Uniti di avviare negoziati diretti con l'Iran sul programma nucleare. Trump ha dichiarato di non aver ancora deciso se consentire all'Iran di arricchire uranio, manifestando una posizione meno rigida rispetto a quanto auspicato dal governo israeliano, che sperava invece in un esplicito sostegno americano a eventuali azioni preventive militari.
La relazione commerciale ha aggiunto un ulteriore punto di attrito: Israele non è stato esentato dai nuovi dazi globali imposti dall'Amministrazione Trump, subendo inizialmente un dazio del 17% sui prodotti esportati verso gli Stati Uniti, nonostante le precedenti rassicurazioni israeliane di voler eliminare dazi sulle merci americane.
Le recenti scelte della Casa Bianca indicano chiaramente un cambiamento rispetto al primo mandato di Trump, durante il quale il presidente era stato percepito come uno degli alleati più solidi di Israele. "Non direi che è la fine della luna di miele, ma c'è una comprensione molto lucida che il presidente Trump non è il primo ministro di Israele, ma il presidente degli Stati Uniti", ha commentato Yohanan Plesner, presidente dell'Israel Democracy Institute.
Mike Huckabee, ambasciatore statunitense a Gerusalemme, ha chiarito in conferenza stampa che gli Stati Uniti non sono obbligati a informare preventivamente Israele delle proprie scelte, ribadendo il principio di sovranità reciproca. Allo stesso tempo, Ron Dermer, confidente di Netanyahu e ministro israeliano, dopo incontri con funzionari dell'Amministrazione Trump, ha cercato di rassicurare sul fatto che esista ancora una sintonia di fondo, soprattutto sulla questione Hamas e sul nucleare iraniano.
Secondo un recente sondaggio dell'Israel Democracy Institute, prima delle ultime elezioni presidenziali, la maggioranza degli israeliani (circa il 65%) riteneva che Trump sarebbe stato più favorevole agli interessi israeliani rispetto a Kamala Harris. Tuttavia, negli ultimi mesi a Tel Aviv è aumentata la percezione che l'Amministrazione Trump stia separando sempre più gli interessi americani da quelli israeliani nella regione. Yoel Guzansky, ex esperto israeliano del Consiglio di Sicurezza Nazionale, ha osservato come Washington stia seguendo un copione diverso, che potrebbe non necessariamente includere Israele tra le priorità immediate.
Alla base di queste scelte vi è il desiderio di Trump di ottenere successi diplomatici rapidi e concreti, coerenti con il suo obiettivo dichiarato di porre fine alle guerre e migliorare la posizione strategica degli Stati Uniti. Tuttavia, resta ancora forte in Israele il dibattito sulla direzione effettiva che prenderà questa alleanza storica nel corso del secondo mandato Trump.