La nuova mappa elettorale della California: cinque seggi in più ai Dem per rispondere al Texas
Il governatore Gavin Newsom e i leader democratici dello Stato hanno presentato un piano di ridisegno dei distretti della Camera che potrebbe strappare fino a cinque seggi ai repubblicani. La proposta sarà sottoposta al voto dei cittadini in un referendum speciale il 4 novembre.

I democratici della California hanno reso pubblica una proposta di ridisegno dei distretti della Camera che, se approvata, modificherebbe gli equilibri politici nello Stato. Il nuovo piano punta a trasformare cinque collegi oggi controllati dai repubblicani in distretti favorevoli ai democratici, riducendo la rappresentanza repubblicana da nove a quattro seggi e portando i democratici da 43 a 48.
Il progetto, guidato dal governatore Gavin Newsom insieme ai vertici del Democratic Congressional Campaign Committee (DCCC), è stato presentato come risposta diretta all’iniziativa del Texas, dove il presidente Donald Trump ha sollecitato i legislatori a ridisegnare cinque collegi democratici per rafforzare la maggioranza repubblicana alla Camera. “Trump ha scatenato questa crisi nazionale quando ha chiesto al Texas di truccare le elezioni. La California sta reagendo”, ha dichiarato Robert Rivas, speaker democratico dell’Assemblea dello Stato.
La mappa proposta modificherebbe in profondità i confini dei distretti di cinque deputati repubblicani: Doug LaMalfa, Kevin Kiley, Ken Calvert, Darrell Issa e David Valadao. Il distretto di Kiley, che si estende dalle periferie di Sacramento al lago Tahoe lungo la Sierra Nevada, verrebbe ridisegnato per includere più elettori democratici della capitale. Quello di LaMalfa, oggi ancorato al nord rurale e conservatore della California, si allargherebbe verso la Wine Country, inglobando Santa Rosa. Il distretto di Calvert, che copre la zona tra Corona e Palm Springs, sarebbe smembrato e in parte assorbito da altri collegi per creare un nuovo distretto fortemente democratico nella contea di Los Angeles.
Le conseguenze sarebbero significative anche per gli equilibri interni al partito repubblicano californiano. Secondo le analisi dei democratici, i distretti di Kiley, LaMalfa e Calvert passerebbero da solidamente repubblicani a solidamente democratici. Il collegio di Issa, a San Diego, diventerebbe un distretto in bilico ma con vantaggio democratico, mentre quello di Valadao nella Central Valley vedrebbe crescere la presenza democratica, pur senza la certezza di un ribaltamento immediato.
I democratici presentano la proposta come una manovra di difesa della rappresentanza dello Stato. “Questa non è solo una questione di linee su una mappa, è una linea nella sabbia per fermare il tentativo del Texas e di Trump di manipolare le elezioni”, ha dichiarato il leader democratico del Senato californiano Mike McGuire.
Il percorso istituzionale è tuttavia complesso. La Costituzione della California prevede che la ridefinizione dei distretti sia affidata a una commissione indipendente, approvata dagli elettori nel 2008. La nuova mappa, invece, sospenderebbe il lavoro della commissione fino al 2030. Per entrare in vigore, il piano dovrà essere approvato con una maggioranza di due terzi nelle due Camere dello Stato entro il 22 agosto e successivamente sottoposto a referendum il 4 novembre. Se gli elettori diranno sì, i nuovi confini saranno utilizzati per le elezioni del 2026, 2028 e 2030.
La proposta ha suscitato immediate reazioni. Il deputato repubblicano Ken Calvert ha definito la manovra “un colpo di mano” e promesso battaglia nella campagna referendaria. Kevin Kiley ha parlato di “ritorno a un’epoca in cui i politici disegnavano i distretti solo per convenienza di partito”. Anche il repubblicano Doug LaMalfa ha bollato il piano come “assolutamente ridicolo”.
La campagna contro la riforma è già partita sotto il nome di Voters First Coalition, finanziata dal donatore repubblicano Charles Munger, che aveva sostenuto la nascita della commissione indipendente. “I californiani meritano confini tracciati in modo trasparente, non negoziati a porte chiuse”, ha dichiarato la portavoce Amy Thoma Tan.
Tra gli oppositori si è schierato anche Arnold Schwarzenegger. L’ex governatore repubblicano, promotore della commissione indipendente, ha pubblicato una foto dalla palestra con una maglietta che recitava “Terminate gerrymandering”, dichiarandosi pronto alla battaglia legale.
Il National Republican Congressional Committee (NRCC) ha annunciato possibili ricorsi. Il presidente dell’organizzazione, Richard Hudson, ha accusato Newsom di “distruggere la Costituzione della California per alimentare le sue ambizioni presidenziali”. Anche l’ex speaker della Camera Kevin McCarthy è indicato tra i protagonisti della campagna contro il piano.
Sul fronte democratico, la convinzione è che il referendum sia necessario per controbilanciare le mosse del Texas e impedire che la sottile maggioranza repubblicana alla Camera, oggi di pochi seggi, si consolidi. I democratici contano sul fatto che la mappa, pur criticata per la sua natura dichiaratamente partigiana, sarà sottoposta direttamente agli elettori e quindi avrà un’investitura popolare.
La battaglia riflette la centralità della California e del Texas nella politica americana. Con oltre 50 seggi ciascuno, i due Stati più popolosi possono determinare la maggioranza alla Camera. Secondo le analisi, l’attuale configurazione dei distretti lascia i democratici a soli tre seggi dalla maggioranza. Piccoli cambiamenti in pochi collegi possono quindi risultare decisivi in vista delle elezioni di metà mandato del 2026.
In attesa del voto del 4 novembre, la posta in gioco è alta. I democratici puntano a blindare i propri collegi più competitivi e a ridurre al minimo la rappresentanza repubblicana nello Stato. I repubblicani denunciano invece un “sistema truccato” e promettono di mobilitare gli elettori contro quella che definiscono una “presa di potere illegittima”.