La Fed resiste a Trump e mantiene i tassi invariati

Due membri nominati dal presidente si oppongono a Jerome Powell, mentre la banca centrale americana difende la propria indipendenza in un contesto economico e politico delicato

La Fed resiste a Trump e mantiene i tassi invariati
White House

La Federal Reserve ha deciso mercoledì 30 luglio di mantenere invariati i tassi d’interesse in una forbice compresa tra il 4,25% e il 4,5%. La decisione, attesa dai mercati, è stata però oscurata dalle tensioni interne all’istituzione e dalle crescenti pressioni del presidente Donald Trump. Due membri del comitato di politica monetaria, entrambi nominati dalla Casa Bianca — Christopher Waller e Michelle Bowman — si sono espressi contro la decisione del presidente Jerome Powell. È un fatto raro: un simile dissenso non si verificava dal 1993.

La frattura interna evidenzia divergenze profonde sulla strategia della banca centrale, ma riflette anche un clima di fine mandato per Powell. Waller, uno dei dissenzienti, è apertamente candidato alla sua successione. Intanto, il presidente Trump continua a esercitare pressioni pubbliche perché la Fed riduca il costo del denaro, arrivando a minacciare la rimozione di Powell. Tuttavia, una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti, emessa in primavera, ha stabilito che il presidente della Fed può essere destituito solo per giusta causa.

La Casa Bianca ha quindi scelto un’altra linea d’attacco, criticando Powell per la gestione dei lavori di ristrutturazione della sede della banca centrale a Washington. I costi sono effettivamente aumentati fino a 2,5 miliardi di dollari. Il 25 luglio, Trump ha effettuato una visita non annunciata al cantiere, accusando Powell davanti ai giornalisti di gonfiare le spese, con cifre che quest’ultimo ha immediatamente smentito.

Sul piano economico, la Fed si trova di fronte a un quadro complesso. L’inflazione è risalita a giugno al 2,7% su base annua, rispetto al 2,4% del mese precedente. Sebbene il dato superi l’obiettivo del 2%, resta inferiore alle preoccupazioni suscitate dai dazi generalizzati imposti o annunciati dall’amministrazione Trump, compresi quelli del 15%-20% che potrebbero entrare in vigore a breve.

Il mercato del lavoro regge: a giugno l’economia ha creato 141.000 nuovi posti e il tasso di disoccupazione è al 4,2%, elevato ma non allarmante. Anche la crescita mostra segni di recupero: nel secondo trimestre il PIL è aumentato del 3% su base annua, dopo una contrazione di 0,5 punti nei primi tre mesi dell’anno. Tuttavia, su base semestrale, la crescita si attesta all’1,2%, in netto calo rispetto al 2,5% del 2024.

Il rallentamento dei consumi — sia delle famiglie sia delle imprese — e il mantenimento di un deficit pubblico elevato, legato all’approvazione della legge di bilancio One Big Beautiful Bill, completano un quadro economico incerto. In questo contesto, la Fed adotta una posizione prudente. Powell ha descritto la politica monetaria come “modestamente restrittiva” e ha ribadito che ogni eventuale taglio dei tassi dovrà essere giustificato da dati solidi, per non compromettere l’indipendenza dell’istituzione.

La sua conferenza stampa del 30 luglio ha deluso i mercati. Prima delle sue parole, gli investitori stimavano al 68% la probabilità di un taglio dei tassi a settembre; dopo, la stima è crollata al 49%.

Le critiche nei confronti di Powell non provengono solo dalla politica. Tre momenti chiave del suo mandato sono oggetto di controversia: la stretta monetaria del 2018, ritenuta eccessiva da Trump; l’errore di valutazione dell’inflazione nel 2021, considerata allora “transitoria”; e il taglio di mezzo punto dei tassi nel settembre 2024, poco prima delle elezioni presidenziali, accusato di favorire Kamala Harris.

Tuttavia, Powell ha ricevuto anche riconoscimenti per la gestione dell’emergenza Covid-19 e per essere riuscito a guidare l’economia americana verso un “atterraggio morbido” dopo l’ondata inflattiva post-pandemia, contro le previsioni di molti osservatori.

A partire dall’autunno, l’attenzione si sposterà sulla nomina del successore di Powell. Oltre a Christopher Waller, tra i nomi più citati ci sono Kevin Warsh, già membro della Fed negli anni 2010, il consigliere economico della Casa Bianca Kevin Assett e il segretario al Tesoro Scott Bessent. Quest’ultimo dovrebbe, in teoria, gestire la procedura di selezione.

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