La Corte suprema revoca il blocco sui rimpatri verso paesi terzi
Via libera ai rimpatri dell’amministrazione Trump verso paesi non indicati nell’ordine di espulsione. La decisione annulla l’ingiunzione di un giudice federale e suscita una dura critica da parte dei giudici liberali della Corte
La Corte suprema degli Stati Uniti ha revocato lunedì l’ingiunzione che bloccava i rimpatri verso paesi terzi, una pratica dell’amministrazione Trump che prevede l’espulsione di migranti verso nazioni diverse da quelle indicate nei loro ordini di espulsione. La decisione, presa dalla maggioranza conservatrice della Corte senza motivazione scritta, elimina le limitazioni imposte dal giudice federale Brian Murphy.
La misura temporanea, stabilita lo scorso aprile, impediva al Governo di effettuare espulsioni senza prima garantire ai migranti la possibilità di sollevare obiezioni legali, in particolare il rischio di torture nel paese terzo di destinazione. La revoca dell’ingiunzione consente ora all’amministrazione di proseguire con una delle sue politiche migratorie più discusse.
Il caso ha avuto origine da un tentativo di espulsione verso il Sud Sudan, paese segnato da gravi conflitti armati. Il giudice Murphy, in servizio a Boston e nominato dall’ex presidente Joe Biden, aveva bloccato il volo ritenendolo in contrasto con i diritti dei migranti coinvolti. L’amministrazione ha reagito facendo atterrare l’aereo in una base militare a Gibuti, dichiarando che l’ingiunzione stava creando rischi per la sicurezza e la salute dei funzionari che sorvegliavano i migranti a bordo.
Secondo il procuratore generale D. John Sauer, la decisione del giudice di primo grado minava la politica estera e la sicurezza nazionale, oltre a ostacolare "un mezzo critico per effettuare rimozioni da tempo attese di una classe di stranieri che include alcuni dei criminali più efferati." Il Governo ha sostenuto che la pratica dei rimpatri verso paesi terzi è legale e necessaria per rimuovere in modo più efficiente soggetti ritenuti pericolosi.
La risposta della Corte suprema ha suscitato una dura dissenting opinion da parte dei tre giudici di orientamento liberale. In un documento di 19 pagine, la giudice Sonia Sotomayor — con l’adesione delle colleghe Elena Kagan e Ketanji Brown Jackson — ha criticato duramente la decisione della maggioranza. Secondo Sotomayor, la Corte "premia l’illegalità" e accetta che "migliaia di persone soffriranno violenza in luoghi remoti" pur di evitare che un tribunale distrettuale eserciti i suoi poteri correttivi.
"Quell’uso della discrezione è tanto incomprensibile quanto inescusabile", ha scritto la giudice, che ha anche rimproverato la Corte di aver interferito con un contenzioso complesso che i tribunali inferiori stavano trattando con la dovuta attenzione.
Il caso, che ha già raggiunto il calendario d’emergenza della Corte suprema, ritornerà ora alla corte d’appello e potrebbe ritornare davanti ai giudici supremi nel loro normale calendario. Le tensioni giudiziarie riflettono la più ampia strategia dell’amministrazione Trump in materia di immigrazione, che punta a rafforzare i rimpatri e a limitare il margine di intervento del potere giudiziario.
Diversi migranti, rappresentati da gruppi legali per i diritti degli immigrati, hanno avviato una causa contro l’amministrazione sostenendo che le espulsioni verso paesi terzi violano leggi federali e il diritto costituzionale al giusto processo. L’ingiunzione di Murphy obbligava il Governo a mantenere in custodia i migranti finché non avessero avuto modo di far valere le loro rivendicazioni legali, ma non imponeva il loro ritorno negli Stati Uniti.
La controversia ha assunto un carattere diplomatico quando, dopo il blocco del volo verso il Sud Sudan, le autorità hanno tentato un’ulteriore espulsione verso la Libia, anch’essa fermata da Murphy. Il Governo ha denunciato l’ostruzionismo della magistratura e l’impatto sulla gestione operativa dei rimpatri, mentre i gruppi legali dei migranti hanno risposto che i problemi operativi derivano proprio dalle scelte del Governo di non rispettare gli ordini della corte.
L’episodio si inserisce in un contesto di scontro crescente tra l’aggressiva politica migratoria del presidente Trump e le resistenze legali nei tribunali federali. Il dibattito coinvolge temi di portata costituzionale: il bilanciamento tra poteri, la protezione dei diritti fondamentali e il margine di discrezionalità dell’esecutivo in materia di sicurezza nazionale e immigrazione.