La Corte Suprema intende esaminare la legittimità dell’ordine esecutivo di Trump sulla cittadinanza per nascita
Il provvedimento che limita la cittadinanza ai figli di immigrati irregolari resta nel frattempo sospeso. La Corte Suprema ne discuterà il 15 maggio, mentre l’Amministrazione Trump contesta le ingiunzioni nazionali emesse dai tribunali di livello inferiore.

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha annunciato che esaminerà l’ordine esecutivo firmato dal presidente Donald Trump che pone fine alla cittadinanza automatica per i figli di immigrati irregolari e residenti stranieri.
L’udienza è stata fissata per il 15 maggio, e fino a quel momento il provvedimento rimarrà sospeso in tutto il territorio nazionale, a seguito delle ingiunzioni temporanee emesse da diversi tribunali federali.
L’ordinanza della Corte, come consuetudine nei casi d’emergenza, è priva di motivazioni e non è firmata. Essa segnala tuttavia che i giudici ritengono la questione di rilevante importanza costituzionale, tale da giustificare un esame immediato, evitando il consueto iter nei tribunali di grado inferiore.
L’ordine esecutivo è stato firmato da Trump il primo giorno del suo secondo mandato presidenziale e ha immediatamente suscitato forti reazioni, con diverse azioni legali intentate per contestarne la validità.
I tribunali federali di Massachusetts, Maryland e Washington hanno reagito rapidamente, emettendo ingiunzioni temporanee che ne hanno sospeso l’applicazione su scala nazionale.
La sfida alle ingiunzioni nazionali
In tre richieste distinte di emergenza, l’Amministrazione Trump ha chiesto alla Corte Suprema di annullare i divieti imposti dai tribunali inferiori, sostenendo che essi vanno oltre le parti coinvolte nei contenziosi.
Non è stata invece avanzata, al momento, una richiesta di pronunciamento sulla costituzionalità dell’ordine stesso.
La questione delle cosiddette “ingiunzioni nazionali” è al centro del ricorso. Secondo l’Amministrazione, tali provvedimenti, che sospendono a livello nazionale l’efficacia di leggi o ordini esecutivi, rappresentano un fenomeno recente e problematico.
Il Procuratore Generale D. John Sauer ha affermato che l’uso di questi strumenti è aumentato drasticamente durante la prima presidenza Trump e ha subito una nuova impennata negli ultimi mesi.
Sauer ha criticato duramente l’ampiezza delle ingiunzioni, ritenendo che esse eccedano l’autorità dei tribunali federali e compromettano gravemente il potere esecutivo.
In un documento presentato alla Corte, ha scritto: “L’intervento di questa corte è urgentemente necessario per ripristinare l’equilibrio costituzionale”.
Il 14° Emendamento e i precedenti giudiziari
La cittadinanza per diritto di nascita è sancita dal 14° Emendamento della Costituzione, ratificato dopo la Guerra Civile. Esso stabilisce che “tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti, e soggette alla giurisdizione degli stessi, sono cittadini degli Stati Uniti e dello stato in cui risiedono”.
Questa interpretazione è stata confermata dalla Corte Suprema nel 1898, nel caso United States v. Wong Kim Ark, che garantì la cittadinanza automatica a quasi tutti i bambini nati negli Stati Uniti, indipendentemente dalla nazionalità o dallo status legale dei genitori.
Da allora, i tribunali hanno mantenuto costante questa lettura del testo costituzionale.
Alcuni esponenti vicini al presidente, tra cui John Eastman – costituzionalista ed ex assistente della Corte Suprema, noto per aver promosso un piano per la creazione di liste alternative di elettori favorevoli a Trump negli Stati vinti da Biden nel 2020 – sostengono invece che il 14° Emendamento non dovrebbe essere applicato a chiunque nasca sul suolo americano, specialmente se i genitori si trovano illegalmente nel Paese.
Le controdeduzioni degli Stati democratici
Gli avvocati che rappresentano gli Stati di Washington, Arizona e Oregon, che hanno impugnato l’ordine esecutivo, hanno chiesto alla Corte Suprema di respingere la richiesta dell’Amministrazione.
In un documento presentato dinanzi alla Corte, hanno definito la critica alle ingiunzioni nazionali una “richiesta miope”, che non rispetta le norme vigenti per la concessione della sospensione.
“Seguire la legge come è stata compresa per oltre 125 anni non è un’emergenza che giustifichi il rimedio straordinario di una sospensione”, si legge nella memoria difensiva.
Gli Stati ricorrenti ritengono che l’ordine esecutivo violi chiaramente il 14° Emendamento e che la sua applicazione possa arrecare danni irreparabili alle persone coinvolte, motivo per cui ritengono legittime le ingiunzioni estese a tutto il Paese.
Una questione di portata costituzionale
La decisione della Corte Suprema di intervenire direttamente nel caso sottolinea la rilevanza del dibattito in corso. La questione non riguarda soltanto l’interpretazione del 14° Emendamento, ma anche, quindi, l’equilibrio tra potere esecutivo e giudiziario, nonché l’uso delle ingiunzioni nazionali come strumento di controllo sulle politiche federali.
La sentenza che seguirà l’audizione di metà maggio potrà quindi avere implicazioni significative non solo per la cittadinanza per nascita, ma anche per il ruolo stesso dei tribunali federali nel controllo dell’attività del governo centrale.