La Corte suprema autorizza Trump ai licenziamenti di massa nel governo federale

L’Alta corte revoca il blocco a un ordine esecutivo di Trump: autorizzati tagli al personale nelle agenzie federali

La Corte suprema autorizza Trump ai licenziamenti di massa nel governo federale
Photo by Ian Hutchinson / Unsplash

La Corte suprema degli Stati Uniti ha stabilito che l'amministrazione Trump può procedere con l'attuazione di un piano di licenziamenti di massa nel settore pubblico federale. Con una decisione presa martedì e spiegata in due paragrafi, la Corte ha accolto l’appello d’urgenza del governo, autorizzando l’esecuzione di un ordine esecutivo firmato dal presidente Donald Trump l’11 febbraio. Questo ordine prevede significative “riduzioni di forza” all’interno di numerose agenzie governative.

La sentenza annulla una precedente decisione della giudice distrettuale della California, Susan Illston, che aveva bloccato l’ordine presidenziale. Secondo Illston, il provvedimento dell’esecutivo rischiava di violare la normativa federale, e per questo motivo aveva impedito a 21 agenzie di procedere con i licenziamenti previsti. La sua ingiunzione è stata ora revocata.

L’ordine esecutivo, parte dell’iniziativa per l’ottimizzazione della forza lavoro promossa dal Department for Government Efficiency, istituito dall’amministrazione Trump, punta a una drastica riduzione del personale per aumentare l’efficienza dell’apparato statale. A supporto dell’ordine era stato emanato anche un memorandum dell’Office of Management and Budget, anch’esso ora pienamente esecutivo.

La decisione della Corte è stata assunta con una maggioranza apparentemente di otto voti contro uno, anche se il testo non è firmato. L’Alta corte ha precisato che il pronunciamento non rappresenta un giudizio sulla legalità dei piani di licenziamento delle singole agenzie né sulle misure già adottate per attuarli. Si tratta piuttosto di una pronuncia sulla possibilità dell’amministrazione di far valere l’ordine esecutivo durante il proseguimento del contenzioso nei tribunali di grado inferiore.

L’unico voto contrario è stato espresso dalla giudice Ketanji Brown Jackson, nominata dall’ex presidente Joe Biden. Nel suo dissenso, Jackson ha denunciato l’azione dell’amministrazione Trump come una “palla demolitrice” contro il governo federale. Ha criticato la maggioranza della Corte per aver mostrato “entusiasmo” nel permettere azioni “legalmente dubbie” dell’esecutivo, sostenendo che i tribunali di grado inferiore siano meglio posizionati per valutare i fatti in questa fase iniziale della disputa legale.

Secondo Jackson, la maggioranza della Corte ha travisato il ragionamento alla base della decisione della giudice Illston. Quest’ultima aveva ritenuto plausibile che i licenziamenti ordinati violassero la legge federale, giustificando così l’emissione di un’ingiunzione preliminare. La giudice Jackson ha osservato che l’intervento della Corte suprema in una fase così precoce del processo ha il potenziale di pregiudicare l’intero iter giudiziario.

Con la revoca dell’ingiunzione, il governo potrà ora attuare l’ordine esecutivo mentre il contenzioso prosegue. La decisione rappresenta una vittoria importante per l’amministrazione Trump e per il Department for Government Efficiency, l’organo incaricato di supervisionare la riorganizzazione della forza lavoro federale. L’iniziativa punta a una riduzione sostanziale della dimensione del governo centrale, nel quadro di una più ampia strategia di razionalizzazione dell’apparato pubblico.

Resta tuttavia aperto il giudizio sulla legittimità dei singoli piani di licenziamento adottati dalle agenzie coinvolte. Il pronunciamento della Corte suprema non preclude ulteriori contestazioni davanti ai tribunali inferiori, che dovranno ora esaminare il merito delle controversie in corso. Nel frattempo, le agenzie potranno procedere con l’implementazione delle riduzioni di personale previste.

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