La Corte Suprema americana blocca i rimpatri di venezuelani voluti da Trump

I giudici della Corte Suprema hanno esteso il blocco temporaneo sull'uso dell'Alien Enemies Act per espellere i migranti, criticando la mancanza di adeguato preavviso ai migranti e rinviando il caso alle corti di livello inferiore.

La Corte Suprema americana blocca i rimpatri di venezuelani voluti da Trump
Foto di Adam Michael Szuscik / Unsplash

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha emesso oggi un’ordinanza che estende il blocco sull’impiego dell’Alien Enemies Act da parte dell’Amministrazione Trump per effettuare rimpatri di cittadini venezuelani. La decisione riguarda specificamente i detenuti migranti trattenuti nel Distretto Settentrionale del Texas e rappresenta una temporanea sospensione in attesa dell’esito dei ricorsi in appello.

La sentenza, non firmata, si concentra sul tema del preavviso: secondo la Corte, l’Amministrazione non ha concesso tempo sufficiente ai migranti per contestare la loro espulsione. “Un preavviso di circa 24 ore prima del rimpatrio, privo di informazioni su come esercitare i diritti al giusto processo, sicuramente non supera l’esame”, si legge nel testo. I giudici hanno sottolineato che si tratta solo di una decisione temporanea e che il caso è ora rimesso a una Corte d’Appello federale. “Per essere chiari, oggi decidiamo solo che i detenuti hanno diritto a un preavviso maggiore rispetto a quello dato il 18 aprile”, afferma l’ordinanza.

I giudici conservatori Clarence Thomas e Samuel Alito si sono comunque dissociati dalla decisione. Alito ha criticato l’ordinanza definendola “doppiamente straordinaria”, accusando la Corte di aver potenzialmente oltrepassato i limiti della questione formale nella sua decisione provvisoria.

Un ricorso al 1798 per giustificare le espulsioni

Il cuore del dibattito giuridico è l’Alien Enemies Act, una legge risalente al 1798 che consente l’espulsione sommaria di cittadini stranieri durante una guerra dichiarata o un’“invasione” da parte di uno Stato estero. Storicamente, questa norma è stata applicata solo in tre occasioni, tutte durante conflitti armati, e l’uso più recente risale all’internamento dei cittadini giapponesi negli Stati Uniti durante la Seconda guerra mondiale.

L’Amministrazione Trump sostiene invece che la legge sia applicabile anche in tempo di pace, sostenendo che la gang venezuelana Tren de Aragua rappresenti una forma di “invasione” ai danni del territorio statunitense. Questo argomento è stato respinto da diverse corti di grado inferiore, benché la settimana scorsa un giudice federale nominato dallo stesso Trump abbia riconosciuto la validità dell’interpretazione dell’Amministrazione. Secondo tale giudizio, l’Alien Enemies Act potrebbe legittimamente essere impiegata per espellere membri di un’Organizzazione Terroristica Straniera.

La cronologia delle espulsioni e l’intervento della Corte

La prima fase dei rimpatri ha avuto luogo il 15 marzo, con oltre 100 cittadini venezuelani trasferiti in un mega carcere in El Salvador. Alcuni di questi migranti hanno negato qualsiasi affiliazione a gruppi criminali.

L’American Civil Liberties Union (ACLU) ha immediatamente avviato un’azione legale, portando il caso davanti alla Corte Suprema già a marzo. In quell’occasione, i giudici avevano stabilito che ai migranti doveva essere garantito un avviso e la possibilità di essere ascoltati prima di procedere all’espulsione.

Il mese scorso, l’ACLU è tornata davanti alla Corte, sollecitando un intervento d’urgenza a causa di un’imminente nuova ondata di rimpatri verso El Salvador. La Corte ha risposto prontamente, emettendo un’ordinanza notturna che ha sospeso le espulsioni previste.

Con la nuova sentenza, la Corte ribadisce il divieto di usare l’Alien Enemies Act come base per i rimpatri nel Distretto Settentrionale del Texas, almeno fino a quando la questione non sarà risolta in appello. L’ordinanza specifica tuttavia che “il Governo può espellere i querelanti in base ad altre autorità legali”.

Le posizioni in campo: Casa Bianca vs ACLU

Secondo l’ACLU, l’Amministrazione Trump non è in grado di garantire che i migranti espulsi possano fare ritorno negli Stati Uniti nel caso in cui le loro espulsioni vengano poi giudicate illegittime. In altre parole, una volta trasferiti nella custodia di un altro Paese, i diritti dei migranti rischiano di essere compromessi in modo irreparabile.

Il procuratore generale D. John Sauer ha chiesto che il procedimento segua il suo corso ordinario nei tribunali, senza ulteriori interventi straordinari da parte della Corte Suprema. Al contrario, l’ACLU ha esortato i giudici ad affrontare direttamente la questione centrale: se il presidente Trump possa o meno invocare legalmente l’Alien Enemies Act in assenza di una guerra o di una vera e propria invasione da parte di uno Stato estero.

Intanto, in attesa della pronuncia della Corte d’Appello federale, il blocco rimane in vigore, impedendo per ora ulteriori espulsioni sulla base di una legge del XVIII secolo il cui utilizzo, secondo molti giuristi, appare forzato e storicamente anomalo nel contesto attuale.

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