La Corea del Nord rilancia la sua diplomazia globale: sopravvivenza, nucleare e alleanze strategiche

Pyongyang rafforza il proprio ruolo internazionale con una diplomazia di rottura: interrotti i rapporti con Seul, stretto un patto con Mosca e rilanciata l’influenza nel Sud globale, puntando su armamenti, traffici e status nucleare

La Corea del Nord rilancia la sua diplomazia globale: sopravvivenza, nucleare e alleanze strategiche

La Corea del Nord, nonostante un isolamento diplomatico accentuato da sanzioni internazionali e da una crisi economica interna profonda, continua a ricoprire un ruolo attivo nel panorama geopolitico globale.

Con una popolazione di 25 milioni di abitanti e un regime sanzionato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per il proprio programma nucleare, Pyongyang ha sviluppato una “diplomazia della sopravvivenza” capace di sfruttare le crisi internazionali a proprio vantaggio. Lo evidenzia un'articolo pubblicato da Le Monde, firmato da Philippe Mesmer e Philippe Pons, che ricostruisce i più recenti snodi della politica estera nordcoreana.

Nel 2024, la Repubblica popolare democratica di Corea (RPDC) ha interrotto ufficialmente ogni tentativo di riconciliazione con la Corea del Sud, demolendo strutture simboliche del dialogo intercoreano, come l’arco della riunificazione a Pyongyang e il complesso del monte Kumgang. In parallelo, ha siglato un accordo di partenariato strategico con la Russia, firmato il 18 giugno 2024 da Kim Jong-un e Vladimir Putin. L’intesa prevede assistenza reciproca in caso di aggressione e ha comportato, secondo fonti citate nell’articolo, l’invio di 12.000 soldati nordcoreani in Ucraina a supporto dell’esercito russo, oltre alla fornitura di armamenti. La presenza militare non è mai stata ufficialmente riconosciuta né da Pyongyang né da Mosca.

Queste scelte strategiche sono il risultato di un ricalibramento delle alleanze da parte della Corea del Nord, che mira a ridurre la dipendenza da Pechino e a consolidare la propria posizione come potenza nucleare riconosciuta. Un passaggio rilevante in questa direzione è stato compiuto dal presidente statunitense Donald Trump, che ha definito la Corea del Nord una “potenza nucleare” nel gennaio 2025. Anche il suo segretario alla difesa, Pete Hegseth, ha adottato lo stesso termine, lasciando intendere un possibile mutamento nella posizione di Washington, che finora aveva sempre rifiutato di conferire tale status a Pyongyang.

La strategia diplomatica nordcoreana si inserisce nel contesto di una nuova “guerra fredda”, come teorizzato dallo stesso Kim Jong-un, che incoraggia il passaggio da un ordine mondiale unipolare a uno multipolare, con un maggiore peso strategico per Cina e Russia. In questa fase, la Corea del Nord ha intensificato i test missilistici e le dimostrazioni balistiche, approfittando della distrazione internazionale causata dai conflitti in Ucraina e a Gaza. La crisi interna, aggravata dalla chiusura delle frontiere durante la pandemia e dalle sanzioni, è stata affrontata con il sostegno russo in materie prime, tecnologia e valuta.

L’abilità diplomatica di Kim Jong-un si rifà alla tradizione familiare: il nonno Kim Il-sung aveva già perseguito una politica di equilibrio tra Mosca e Pechino, sfruttando le rivalità tra le due potenze comuniste. Negli anni ’50 e ’60, la RPDC aveva conquistato credito tra i Paesi non allineati, partecipando alla conferenza di Bandung nel 1955 e promuovendo il modello autarchico del juche, attirando consensi tra gli Stati del “terzo mondo”. In Africa, il regime nordcoreano ha costruito monumenti e infrastrutture, come il monumento della Rinascita africana a Dakar e diversi edifici ufficiali a Windhoek, in Namibia.

Questa espansione si è accompagnata a un’intensa attività clandestina: vendita di armi, addestramento di gruppi rivoluzionari e traffici operati attraverso le ambasciate. Tra il 1966 e il 1983, circa 8.000 consiglieri militari nordcoreani avrebbero operato in una quarantina di Paesi, secondo l’intelligence sudcoreana. Figure come Hafez Al-Assad e Khalil Al-Wazir avrebbero beneficiato del supporto di Pyongyang, che avrebbe anche contribuito alla costruzione dei tunnel utilizzati dal Hezbollah.

Negli ultimi anni, tuttavia, le ambasciate nordcoreane in Africa hanno subito una drastica riduzione: tra il 2023 e il 2024, Pyongyang ha chiuso diverse rappresentanze, tra cui quelle in Angola, Uganda e Senegal, a causa dell’inefficacia economica e delle defezioni diplomatiche. Anche Cuba, storico alleato, ha avviato relazioni con Seul, pur mantenendo una sede diplomatica a Pyongyang.

Il principale strumento della sopravvivenza nordcoreana rimane comunque l’arsenale nucleare. Fin dagli anni ’60, la Corea del Nord ha puntato sull’energia atomica come garanzia di sicurezza e leva negoziale. Nonostante l’adesione al Trattato di non proliferazione nel 1985 e un accordo provvisorio del 1994 per la denuclearizzazione, Pyongyang ha continuato a sviluppare armi nucleari, effettuando il primo test nel 2006 e altri sei nei decenni successivi. Le sanzioni ONU non hanno dissuaso il regime, che considera il nucleare un “strumento di protezione e ricatto”, secondo l’analista Andreï Lankov.

Anche la rete diplomatica della RPDC è strutturata in funzione della fedeltà al regime. Gli incarichi all’estero vengono affidati solo a candidati che superano un processo di verifica sociale e familiare, con l’obbligo di lasciare un familiare in patria come “garanzia”. Tuttavia, i diplomatici sono spesso costretti a ricorrere ad attività illecite per sopperire alla mancanza di risorse: traffico di alcol, valuta e beni di lusso sono pratiche documentate. Secondo testimonianze di diplomatici disertori, come Thae Yong-ho e Ko Young-hwan, queste attività erano tollerate e parte dei proventi veniva trasferita al regime.

Durante la “fase glaciale” delle relazioni con gli Stati Uniti, sotto la presidenza di George W. Bush, Pyongyang divenne il principale bersaglio di Washington, accusata di violazioni dei diritti umani e traffici illeciti. L’episodio della Banco Delta Asia, accusata nel 2005 di riciclaggio a favore della RPDC, portò alla sospensione dei colloqui multilaterali sul nucleare per due anni, senza risultati duraturi.

Oggi, con la possibile mediazione della Russia, Donald Trump potrebbe riavviare un dialogo diretto con Kim Jong-un. Un eventuale accordo sul programma nucleare, in cambio di una riduzione delle sanzioni, rimetterebbe in gioco la diplomazia nordcoreana, che potrebbe tornare a concentrarsi sulla negoziazione e sulla costruzione di un’immagine internazionale, nonostante le sfide persistenti.

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