La Cina si prepara allo scontro economico con gli Stati Uniti
Il Partito comunista cinese ha confermato la strategia di autosufficienza economica per i prossimi cinque anni. I problemi di sovraccapacità industriale e disoccupazione giovanile sono rimasti in secondo piano.
Il Partito comunista cinese si aspetta tempi difficili. Giovedì 23 ottobre, il comitato centrale ha chiuso una riunione cruciale che definisce la strada del paese per i prossimi cinque anni. Il messaggio finale parla di "venti violenti, onde difficili e perfino tempeste furiose" che la Cina dovrà affrontare. Il linguaggio è quello tipico del partito, che usa spesso metafore legate al mare e al tempo atmosferico, ma il tono è più duro del solito.
La Cina funziona ancora in gran parte secondo il sistema della pianificazione economica. Negli ultimi mesi lo Stato e il partito hanno completato il quindicesimo piano quinquennale, che stabilisce gli obiettivi nazionali dal 2026 alla fine del 2030. Il documento è stato presentato dal segretario del Partito comunista cinese, Xi Jinping, a oltre 300 membri del comitato centrale. La riunione si è svolta da lunedì a giovedì in un grande hotel ufficiale nella parte ovest della capitale, il Jingxi.
Le conclusioni della riunione parlano molto della modernizzazione dell'esercito. Il 3 settembre l'esercito cinese ha mostrato in una grande parata a Pechino i suoi nuovi missili e droni. Il riferimento alla rivalità crescente con gli Stati Uniti non è esplicito ma è chiaro. La Cina ritiene di dover continuare a prepararsi a questo confronto.
Xi Jinping ha fatto di questa strategia la sua priorità da quando è al potere, da tredici anni. Le tensioni crescenti con Washington rafforzano il leader cinese nella sua scelta. Non era una direzione scontata. Per quattro decenni la Cina aveva seguito una politica di apertura economica. Ma ora la svolta verso una minore esposizione alla potenza americana e ai suoi alleati è ben avviata e continuerà. Il comunicato lungo pubblicato dopo quattro giorni di riunioni dice che "il paese deve raggiungere maggiore autosufficienza e forza nella scienza e nella tecnologia".
Pechino è impegnata in uno scontro con Washington. A aprile il presidente Donald Trump ha lanciato una guerra dei dazi doganali. La battaglia si è spostata su settori più limitati ma fondamentali per l'avversario. La Cina limita le sue esportazioni di terre rare, metalli strategici di cui ha quasi il monopolio della lavorazione. Ha anche smesso di comprare soia dagli Stati Uniti, lasciando gli agricoltori del Midwest in difficoltà. Pechino spera così di strappare concessioni all'amministrazione Trump. Vuole soprattutto ottenere l'accesso ai migliori processori per l'intelligenza artificiale. Gli Stati Uniti ne vietano l'esportazione e la Cina non sa ancora produrli.
I due presidenti dovrebbero incontrarsi a margine di un vertice della Cooperazione economica in Asia-Pacifico organizzato in Corea del Sud il 31 ottobre e il primo novembre. Questo se non ci saranno nuovi peggioramenti diplomatici.
I dirigenti cinesi si erano già fissati l'obiettivo di raggiungere entro il 2035 quella che chiamano "modernizzazione socialista". La fine di questo decennio è vista come cruciale. Offre sia sfide che opportunità per guadagnare terreno. Il partito unico afferma: "Lavoreremo duramente per cinque nuovi anni per garantire che entro il 2035 le capacità economiche, di difesa nazionale, di unità nazionale e di influenza internazionale siano tutte significativamente più forti".
Pechino non nega le difficoltà economiche. Sono diventate sempre più evidenti con l'aumento della disoccupazione giovanile. Il partito cita l'occupazione e la necessità di sostenere maggiormente i consumi, che ristagnano. La Cina soffre anche di sovraccapacità produttive. Questo ha portato a una guerra dei prezzi distruttiva sul suo mercato. I partner commerciali come l'Unione Europea temono di essere sommersi dai suoi prodotti. Le relazioni si sono deteriorate.
Il Partito comunista sembra riconoscere la necessità di mantenere "l'industria a un livello appropriato". Ma questo obiettivo contraddice il desiderio di spingere il proprio vantaggio "sostenendo la potenza manifatturiera della Cina". La direzione scelta da Xi Jinping continua: meno dipendenza dall'esterno, più forza militare, più controllo statale sull'economia. Le tempeste che Pechino si aspetta sembrano soprattutto quelle legate allo scontro con Washington.