La Cina di fronte ai limiti della sua influenza in Medio Oriente

Nonostante i rapporti stretti con l'Iran, Pechino mantiene una retorica misurata mentre Trump considera un possibile attacco militare contro Teheran.

La Cina di fronte ai limiti della sua influenza in Medio Oriente

I limiti del potere di Pechino nella regione mediorientale stanno emergendo chiaramente mentre il presidente Trump valuta apertamente la possibilità di schierare forze americane per unirsi a Israele in un attacco contro l'Iran, come afferma una analisi del New York Times. La Cina, che nel 2023 aveva salutato come una vittoria diplomatica il suo ruolo nel negoziare un accordo di pace tra Iran e Arabia Saudita, si trova ora in una posizione di sostanziale impotenza.

La risposta temperata cinese assomiglia a quella della Russia, che ha fatto poco più che emettere dichiarazioni vaghe di supporto per l'Iran nonostante abbia ricevuto aiuti militari per l'Ucraina dall'Iran. L'assenza contemporanea di Mosca e Pechino solleva interrogativi sulla coesione dell'asse tra Cina, Russia, Iran e Corea del Nord.

Delle quattro nazioni, solo la Cina è profondamente integrata nell'economia globale, con molto da perdere dal tumulto mediorientale. La metà delle importazioni petrolifere del Paese transita infatti attraverso lo Stretto di Hormuz, sulla costa meridionale dell'Iran e Pechino acquista praticamente tutto il petrolio iraniano esportato, a sconto, usando flotte clandestine per eludere le sanzioni americane.

I prezzi energetici più alti rappresenterebbero un ulteriore problema per l'economia stagnante cinese. La leadership cinese ha quindi molto da perdere da un conflitto fuori controllo in Medio Oriente.

Tuttavia, nonostante questi interessi strategici, la Cina difficilmente verrà in difesa militare dell'Iran, specialmente se gli Stati Uniti dovessero essere coinvolti. Come sottolinea Zack Cooper, ricercatore senior presso l'American Enterprise Institute:

"La realtà è che non hanno effettivamente la capacità di inserire forze cinesi per difendere le installazioni iraniane. Quello che preferirebbero fare è fornire molto discretamente del supporto materiale, del supporto retorico e forse degli aiuti umanitari".

Opportunità strategiche

Sebbene la Cina sia interessata alla stabilità regionale, come detto sopra, potrebbe trarre vantaggio se gli Stati Uniti venissero coinvolti in una guerra prolungata che distoglierebbe risorse militari americane dall'Asia. La decisione di Trump sull'Iran offrirà, inoltre, lezioni preziose per Pechino, influenzando la valutazione cinese su un'eventuale difesa americana di Taiwan.

Nonostante la stretta relazione con l'Iran, la retorica cinese è comunque stata sorprendentemente misurata. Dopo che Xi Jinping ha chiesto un cessate il fuoco durante una chiamata con Putin, il governo cinese non ha criticato apertamente Israele per aver violato la sovranità iraniana.

Xi si è inoltre astenuto dall'esortare direttamente gli Stati Uniti a non attaccare l'Iran, dicendo solo che:

"Le grandi potenze che hanno un'influenza speciale sulle parti in conflitto, dovrebbero fare sforzi per promuovere il raffreddamento della situazione, piuttosto che il contrario".

Il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha espresso opposizione agli attacchi israeliani nella chiamata con la controparte israeliana, ma si è fermato prima di "condannarli", come aveva fatto invece con l'Iran. In una chiamata con l'Oman, Wang ha detto che "non possiamo restare seduti a guardare mentre la situazione regionale scivola verso un abisso sconosciuto", ma non è chiaro quali sforzi specifici la Cina abbia fatto per una soluzione diplomatica.

Gli sforzi cinesi si sono concentrati finora piuttosto sull'evacuazione di oltre mille cittadini cinesi da Israele e Iran. Julian Gewirtz, ex funzionario per le politiche cinesi alla Casa Bianca, osserva che:

"Pechino si sta affrettando a tenere il passo con il rapido susseguirsi degli eventi e sta dando priorità alla sicurezza dei cittadini cinesi nella regione piuttosto che a iniziative diplomatiche più ampie".
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