La Casa Bianca valuta la proposta iraniana per colloqui indiretti sul programma nucleare
Trump aumenta la presenza militare statunitense in Medio Oriente per prepararsi a qualsiasi opzione mentre considera l'opzione diplomatica.

La Casa Bianca sta seriamente considerando una proposta dell’Iran per avviare colloqui indiretti sul nucleare, mentre parallelamente sta intensificando il dispiegamento militare statunitense in Medio Oriente.
Secondo quanto riportato da Axios, due funzionari americani confermano che l’Amministrazione Trump vuole essere pronta a un eventuale intervento militare, qualora il presidente Donald Trump decida di agire con la forza.
Diplomazia con scadenza: due mesi per un accordo
Trump ha ribadito in più occasioni di preferire una soluzione negoziale, ma ha anche avvertito che “senza un’intesa, ci saranno bombardamenti”.
Il presidente ha concesso a Teheran una finestra temporale di due mesi per raggiungere un accordo, sebbene non sia chiaro quando il conto alla rovescia sia iniziato.
All’interno della Casa Bianca si sta consumando un acceso dibattito: da una parte chi crede che un accordo sia ancora possibile, dall’altra chi ritiene i colloqui una perdita di tempo e spinge per un’azione militare preventiva contro le infrastrutture nucleari iraniane.
Risposta iraniana e mediazione dell’Oman
Nel fine settimana, Trump ha ricevuto la risposta ufficiale dell’Iran a una lettera inviata tre settimane prima alla Guida Suprema Ali Khamenei.
Nella missiva, il presidente proponeva negoziati diretti; Teheran ha invece aperto solo alla possibilità di colloqui indiretti, mediati dall’Oman.
Secondo un funzionario americano, l’Amministrazione avrebbe preferito un confronto diretto, ritenendolo più efficace. Tuttavia, non esclude il formato proposto e accetta il ruolo di mediazione dell’Oman, già sperimentato in passato.
Escalation verbale tra Teheran e Washington
Il clima tra i due Paesi si è però inasprito ancora prima della minaccia di Trump. Lunedì, Khamenei ha risposto affermando che, pur ritenendo improbabile un attacco statunitense, “se accadrà, gli Stati Uniti riceveranno un duro colpo in cambio”.
L’Iran ha anche presentato una protesta formale attraverso l’ambasciata svizzera, denunciando ogni minaccia come inaccettabile e promettendo “una risposta immediata e decisiva”.
“Gli Stati Uniti hanno 10 basi e 50.000 soldati nella regione... Se vivi in una casa di vetro, non dovresti lanciare pietre”, ha minacciato in televisione il comandante delle Guardie Rivoluzionarie.
Ali Larijani, consigliere di Khamenei, ha avvertito invece che un attacco alle strutture nucleari potrebbe spingere l’opinione pubblica iraniana a chiedere lo sviluppo di un’arma atomica.
L’Iran sempre più vicino alla soglia nucleare
Trump aveva abbandonato l’accordo sul nucleare del 2015 sostenendo che l’approccio della “massima pressione” avrebbe costretto l’Iran a negoziare un accordo migliore.
Tuttavia, né lui né il presidente Biden sono riusciti finora a ottenere un nuovo accordo.
Nel frattempo, Teheran ha intensificato l’arricchimento dell’uranio, raggiungendo di fatto lo status di “stato di soglia nucleare” — pur continuando a dichiarare di non voler sviluppare armi atomiche.
Il Pentagono mobilita forze nella regione
Intanto, il Pentagono ha annunciato l’invio di ulteriori truppe e assetti aerei in Medio Oriente.
Due portaerei — la USS Truman e USS Vinson — resteranno nell’area, mentre la scorsa settimana sono stati dispiegati nuovi bombardieri stealth B-2 alla base di Diego Garcia, nell’Oceano Indiano.
Secondo un funzionario del Dipartimento della Difesa, questo dispiegamento è legato alla scadenza dei due mesi imposta da Trump.
I B-2, infatti, sono equipaggiati con bombe anti-bunker in grado di colpire le strutture sotterranee del programma nucleare iraniano.
“Se l’Iran o i suoi proxy minacceranno il personale o gli interessi americani nella regione, gli Stati Uniti agiranno in modo decisivo per difendere il nostro popolo,” ha confermato il portavoce del Pentagono, Sean Parnell.
Fonti interne alla Casa Bianca precisano che Trump non desidera una guerra con l’Iran.
Tuttavia, la presenza militare è considerata essenziale per rafforzare la posizione negoziale americana e garantire che, se la diplomazia dovesse fallire, si possa agire rapidamente.