La carne americana al centro delle tensioni commerciali tra Stati Uniti ed Europa
Bruxelles difende i suoi standard alimentari da pressioni statunitensi, che spingono per un accesso più ampio al mercato europeo. Ma per l’UE, ormoni e polli trattati restano una linea rossa.

Le trattative commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea si scontrano, ancora una volta, su un tema particolarmente sensibile: la carne. Mentre l’amministrazione Trump spinge per una maggiore apertura del mercato europeo ai prodotti agricoli americani, Bruxelles ribadisce con fermezza che i suoi standard alimentari non sono negoziabili. Al centro dello scontro ci sono le carni bovine allevate con ormoni e i polli trattati con sostanze acide, prodotti vietati in Europa ma diffusi negli Stati Uniti.
Come spiega il New York Times, allevare bovini senza ormoni è più oneroso, e l’uso di sostanze stimolanti come negli Stati Uniti permette prezzi più bassi. Per questo motivo, Bruxelles impone severe limitazioni: chi esporta verso l’Unione Europea deve rispettare i suoi standard. “Non possiamo accettare prodotti d’importazione che non rispettano i nostri criteri di produzione”, ha dichiarato Dominique Chargé, presidente della federazione La Coopération Agricole.
Nonostante ciò, gli Stati Uniti continuano a premere. Il segretario al Commercio Howard Lutnick ha dichiarato in un’intervista televisiva: “Odiano la nostra carne perché è bellissima. La loro è debole”. Oltre al tono provocatorio, la sostanza è chiara: Washington vuole aumentare le esportazioni di carne verso l’Europa, dove attualmente la presenza di carne americana è limitata sia dai dazi che da normative sanitarie.
La questione della carne non è un caso isolato. La lista delle richieste dell’amministrazione Trump include anche maggiori acquisti di gas e camion statunitensi, modifiche alle imposte sui consumi e un allentamento delle normative digitali europee. Per evitare un’escalation commerciale, Bruxelles si è mostrata disposta a fare concessioni: abolizione dei dazi sulle auto, maggiori importazioni di gas, perfino aumenti nelle spese militari. Su alcuni prodotti agricoli, come la soia, è stata aperta la porta a un aumento degli acquisti. Ma sulle carni trattate, la posizione resta intransigente.
“Gli standard europei su salute e sicurezza alimentare sono sacri”, ha ribadito Olof Gill, portavoce della Commissione europea. “Non fanno parte della trattativa e mai lo faranno.”
Il tema è riemerso anche nel recente accordo commerciale tra Stati Uniti e Regno Unito. Sebbene l’intesa preveda un aumento delle esportazioni di carne americana verso il Regno Unito, Londra ha assicurato che non verranno modificati i propri standard, molto simili a quelli dell’UE.
Per quanto riguarda l’accesso attuale, gli Stati Uniti possono già esportare significative quantità di carne bovina senza ormoni verso l’Unione senza pagare dazi. Ulteriori aperture, quindi, offrirebbero vantaggi limitati ai produttori statunitensi. Tuttavia, se le trattative dovessero fallire, l’UE è pronta a reagire. Una lista di prodotti potenzialmente soggetti a dazi di ritorsione, pubblicata di recente, include manzo, maiale, derivati della soia e bourbon.
Dietro la fermezza europea ci sono considerazioni culturali, economiche e politiche. A differenza del modello americano dominato da grandi aziende agricole, in Europa sopravvive un tessuto di circa nove milioni di aziende familiari, contro i circa due milioni statunitensi. L’Unione sostiene queste realtà con sussidi e protezioni tariffarie: secondo l’Organizzazione mondiale del commercio, i dazi medi sull’agricoltura si aggirano intorno all’11%, con ampie variazioni a seconda del prodotto.
Inoltre, l’opinione pubblica europea è largamente contraria all’importazione di carni trattate. Le proteste degli agricoltori contro gli accordi con i paesi sudamericani, accusati di usare ormoni, sono state rumorose. L’accordo di libero scambio negoziato durante l’amministrazione Obama fu affossato anche per l’indignazione popolare sul tema del chlorinated chicken — “Chlorhünchen” per i tedeschi.
Un sondaggio europeo del 2020 ha rilevato che quasi il 90% dei cittadini sostiene l’idea che le importazioni agricole debbano rispettare gli standard ambientali e di benessere animale dell’UE.