La capo di gabinetto della Casa Bianca: Trump ha "una personalità da alcolista", Vance è "complottista"
Susie Wiles ha rilasciato 11 interviste senza filtri a Vanity Fair, rivelando tensioni interne all'amministrazione, dubbi su decisioni chiave e giudizi taglienti su colleghi. Trump l'ha difesa pubblicamente, ma a Washington ci si chiede perché abbia parlato così apertamente.
Susie Wiles, la capo di gabinetto della Casa Bianca nota per la sua riservatezza, ha sconvolto Washington con una serie di dichiarazioni senza precedenti rilasciate nel corso di un anno al giornalista Chris Whipple per Vanity Fair. In 11 interviste dettagliate, Wiles ha offerto una visione brutalmente onesta del presidente Trump, del vicepresidente JD Vance e dell'intera cerchia ristretta del potere, sollevando interrogativi sulla disciplina interna di un'amministrazione già sotto pressione per una serie di battute d'arresto politiche.
Le rivelazioni più clamorose riguardano il presidente stesso. Wiles ha affermato che Trump, pur non bevendo alcolici, ha "una personalità da alcolista". Ha spiegato che suo padre, il celebre commentatore sportivo Pat Summerall, era un bevitore cronico, e questo le ha insegnato a riconoscere certi tratti caratteriali. "Gli alcolisti funzionali hanno personalità esagerate quando bevono, e io sono un po' un'esperta di grandi personalità", ha detto Wiles. Secondo lei, Trump opera "con la convinzione che non ci sia nulla che non possa fare. Assolutamente nulla".
La dichiarazione ha fatto scalpore, ma Trump stesso l'ha sorprendentemente confermata in un'intervista al New York Post, definendo Wiles "fantastica" e ammettendo di avere "una personalità possessiva e propensa alla dipendenza". Il presidente ha aggiunto che se bevesse alcolici, avrebbe "ottime probabilità di diventare un alcolista", cosa che ha già detto più volte in passato.
Le critiche di Wiles non si sono fermate al presidente. Ha definito il vicepresidente JD Vance "complottista da un decennio" e ha suggerito che la sua conversione da critico di Trump a fervente sostenitore sia stata "un po' politica", motivata cioè dalla sua candidatura al Senato. Vance, interpellato dai giornalisti in Pennsylvania, ha risposto scherzando: "A volte sono un complottista, ma credo solo alle teorie del complotto che sono vere". Ha poi aggiunto che lui e Wiles scherzano spesso su questo argomento, sia in privato che in pubblico.
L'attacco più duro è stato riservato al procuratore generale Pam Bondi, amica intima di Wiles. La capo di gabinetto ha detto che Bondi "ha fallito completamente" nella gestione dei file su Jeffrey Epstein, il finanziere accusato di traffico sessuale. "Prima ha dato loro raccoglitori pieni di nulla. Poi ha detto che la lista dei testimoni, o la lista dei clienti, era sulla sua scrivania. Non esiste nessuna lista dei clienti, e di certo non era sulla sua scrivania", ha dichiarato Wiles.
Anche Elon Musk, il miliardario a capo del Dipartimento per l'efficienza governativa, non è stato risparmiato. Wiles lo ha descritto come "un tipo davvero, davvero strano, come credo siano i geni" e ha detto che è "un consumatore dichiarato di ketamina". Ha aggiunto che l'approccio di Musk nello smantellare l'Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale è stato caotico e dannoso. "Ero inizialmente sgomenta", ha ammesso, spiegando che il metodo di Musk ha significato interrompere programmi salvavita in Africa, inclusi quelli contro l'AIDS. Tuttavia, ha poi concluso che "nessuna persona razionale poteva pensare che il processo dell'USAID fosse buono".
Le interviste hanno anche rivelato tensioni interne su decisioni cruciali. Wiles ha confessato di aver cercato senza successo di convincere Trump a non graziare i rivoltosi più violenti del 6 gennaio 2021 e a ritardare l'annuncio dei dazi doganali fino a quando il suo team non avesse raggiunto un'unanimità di vedute. "C'era un enorme disaccordo sul fatto che i dazi fossero una buona idea", ha spiegato. Ma Trump è andato avanti comunque, e Wiles ha ammesso che il risultato "è stato più doloroso di quanto mi aspettassi".
Un'altra rivelazione riguarda la campagna di vendetta del presidente contro i suoi nemici politici. Wiles ha raccontato di aver stretto con Trump un "accordo informale" secondo cui le persecuzioni giudiziarie contro gli avversari sarebbero terminate dopo 90 giorni dall'inizio del mandato. L'accordo non è stato rispettato. Quando le è stato chiesto se Trump sia in una "tournée di vendetta", Wiles ha risposto: "Non credo si svegli pensando alla vendetta. Ma quando si presenta un'opportunità, la coglie".
La pubblicazione dell'articolo ha scatenato il caos a Washington. Membri del Gabinetto e funzionari della Casa Bianca si sono affrettati a difendere Wiles sui social media, lodando la sua lealtà ed efficacia. La portavoce Karoline Leavitt ha accusato Vanity Fair di aver estrapolato le citazioni dal contesto e di aver omesso commenti positivi su Trump e il suo team. Bondi ha scritto su X che Wiles è una "cara amica" e che "qualsiasi tentativo di dividere questa amministrazione fallirà".
Ma in privato, funzionari della Casa Bianca e repubblicani vicini al presidente si sono detti sconcertati dalla decisione di Wiles di partecipare a queste interviste. "Perché Vanity Fair?", si è chiesto un funzionario anonimo citato da Politico. "Non sono mai stati minimamente gentili con noi. È molto, molto strano". Un altro ha definito l'intervista "estremamente demoralizzante".
La stessa Wiles ha pubblicato un messaggio su X, definendo l'articolo "un pezzo fazioso presentato in modo disonesto" e privo di "contesto". Ha sostenuto che molte delle sue dichiarazioni positive sul presidente e sul team sono state omesse per dipingere un quadro di caos. Tuttavia, non ha smentito le citazioni riportate.
L'episodio arriva in un momento delicato per l'amministrazione Trump. I sondaggi mostrano un calo nel gradimento del presidente, il tasso di disoccupazione è in aumento e i repubblicani temono una débâcle alle elezioni di medio termine. Inoltre, l'amministrazione ha subito una serie di battute d'arresto legali, con i tribunali che hanno respinto i procedimenti contro il procuratore generale di New York Letitia James e l'ex direttore dell'FBI James Comey.
Nonostante lo scandalo, Trump ha ribadito la sua piena fiducia in Wiles. La capo di gabinetto, 68 anni, è considerata insostituibile. A differenza dei suoi predecessori nel primo mandato di Trump, Wiles è riuscita a durare quasi un anno intero senza essere licenziata. Ha diretto la campagna elettorale di Trump del 2024 insieme a Chris LaCivita, contribuendo a una vittoria che molti consideravano improbabile. Una volta alla Casa Bianca, ha instaurato processi più rigorosi e ridotto le fughe di notizie che avevano caratterizzato il primo mandato.
Wiles ha un legame particolare con Trump. Il presidente adora il fatto che sia la figlia di Summerall, che negli anni Ottanta formava con John Madden la coppia di telecronisti più famosa della NFL, uno dei riferimenti culturali preferiti di Trump. In un comizio recente, il presidente l'ha addirittura chiamata "Susie Trump", un soprannome che sottolinea quanto sia diventata centrale nella sua cerchia ristretta.
Secondo funzionari citati da The Atlantic, Wiles esercita più influenza di chiunque altro alla Casa Bianca, a parte il presidente stesso. Un ex capo di gabinetto repubblicano ha detto: "Tante decisioni di grande importanza vengono prese sul capriccio del presidente. E per quanto posso vedere, l'unica forza che può dirigere o incanalare quel capriccio è Susie".
Ma la domanda che circola a Washington è: perché Wiles ha parlato così apertamente? Alcuni ipotizzano che volesse registrare la sua versione dei fatti per i libri di storia. Altri pensano che si sia lasciata sedurre dal fascino di un servizio fotografico patinato su Vanity Fair, dove hanno posato anche Vance, il segretario di Stato Marco Rubio e altri alti funzionari. Rubio ha persino dichiarato a Whipple che se Vance si candiderà alla presidenza nel 2028, sarà "il nostro candidato e sarò uno dei primi a sostenerlo", una dichiarazione che ha fatto notizia di per sé.
L'autore dell'articolo, Chris Whipple, ha scritto un libro molto apprezzato sui capi di gabinetto della Casa Bianca. In un'intervista a NPR, ha difeso il suo lavoro: "Non un singolo fatto dell'articolo è stato contestato". Ha aggiunto che Wiles non gli ha mai chiesto di parlare off the record durante le 11 interviste.
Vance, parlando in Pennsylvania, ha tratto la sua lezione dall'episodio: "Se c'è una cosa che spero tutti noi abbiamo imparato da quell'articolo di Vanity Fair, è che dovremmo concedere meno interviste ai media mainstream".