La borsa sa qualcosa che noi non sappiamo?

Dalla pandemia ai dazi record di Trump, passando per l’AI e i fondi passivi: le ipotesi sul boom dell’S&P 500 si sono susseguite, ma nessuna spiega fino in fondo la corsa iniziata nel 2019.

La borsa sa qualcosa che noi non sappiamo?

La borsa statunitense continua a crescere a ritmi storici, senza che ci sia una spiegazione chiara e condivisa. Dal 2019 al 2024 l’S&P 500 è aumentato in media di quasi il 20% l’anno, circa il doppio del tasso storico, nonostante una pandemia, la peggiore inflazione in quarant’anni e i tassi di interesse più alti da due decenni. Nel 2025, sotto la presidenza di Donald Trump e con dazi ai massimi dal XIX secolo, l’indice ha già guadagnato circa l’8%.

Per la teoria economica tradizionale, il valore di mercato riflette i “fondamentali”: gli utili futuri delle aziende e lo stato generale dell’economia. In caso di sopravvalutazioni, il mercato dovrebbe correggere i prezzi. Questo schema ha retto fino alla crisi del 2008, quando il crollo del sistema bancario portò a un calo del 46% dell’S&P 500. La risposta della Federal Reserve fu un massiccio allentamento monetario, con tassi quasi a zero e acquisti di titoli per migliaia di miliardi di dollari.

Negli anni successivi l’economia reale crebbe poco, ma il mercato triplicò di valore tra il 2010 e il 2019. Da qui nacque la “teoria della liquidità”, secondo cui l’andamento della borsa dipendeva soprattutto dall’afflusso di denaro immesso dalla Fed. La conferma sembrò arrivare nel 2020: dopo il crollo iniziale causato dal Covid-19, la borsa recuperò rapidamente grazie alle nuove iniezioni di liquidità, nonostante un tasso di disoccupazione oltre il 10%.

La teoria entrò in crisi nel 2023. La Fed, per contrastare l’inflazione, alzò i tassi al massimo da vent’anni e ridusse la liquidità di circa 2 mila miliardi di dollari. Eppure, l’S&P 500 salì di quasi il 25% sia nel 2023 sia nel 2024, il miglior biennio del secolo. Più della metà di questa crescita fu trainata dalle cosiddette Magnificent Seven — Apple, Amazon, Alphabet, Meta, Microsoft, Tesla e Nvidia — con rialzi record: +286% per Tesla, +355% per Meta, +861% per Nvidia.

Questo ha portato a una nuova ipotesi: il boom sarebbe alimentato dalle aspettative legate all’intelligenza artificiale, esplose dopo il lancio di ChatGPT nel 2023. I sette colossi sarebbero in posizione privilegiata per sviluppare modelli AI, fornire componenti essenziali o trarre vantaggio dall’automazione. Tuttavia, per molti analisti si tratterebbe di una bolla speculativa: il rapporto prezzo/utili di Nvidia è oggi di 57 a 1, contro una media storica di 18 a 1, e superiore persino ai picchi della bolla dot-com degli anni ’90.

Un possibile scoppio è sembrato vicino il 2 aprile 2025, quando Trump ha annunciato i dazi del “Liberation Day”: in una settimana la borsa ha perso il 12%, con cali ancora più forti per le Magnificent Seven. Ma il presidente ha ridimensionato presto le misure e attenuato lo scontro commerciale con la Cina. Il mercato ha recuperato e da allora è salito di quasi il 30%, spingendo a parlare di “TACO trade” (Trump always chickens out), l’idea che il presidente rinunci sempre alle misure più dannose per evitare ribassi in borsa.

La teoria presenta limiti: i dazi restano ai massimi da oltre un secolo e continuano ad aumentare. Eppure il mercato sembra indifferente, reagendo positivamente anche a tariffe del 15% su merci da Unione Europea e Giappone, o ignorando in gran parte nuovi dazi globali accompagnati da dati negativi sull’occupazione.

Un’ultima ipotesi guarda alla trasformazione strutturale dei mercati finanziari: l’ascesa dei fondi passivi. Se trent’anni fa quasi tutto il risparmio gestito era investito attivamente, oggi circa metà è in fondi indicizzati a basso costo, che comprano automaticamente tutte le azioni di un indice in proporzione alla loro capitalizzazione. A differenza degli investitori attivi, che vendono in caso di peggioramento dei fondamentali, i risparmiatori in fondi passivi raramente modificano le loro posizioni. Questo flusso costante di acquisti riduce le correzioni e tende a concentrare sempre più valore nei titoli maggiori.

Secondo alcuni analisti, questa dinamica spiega la minore sensibilità della borsa alle crisi e la crescente concentrazione in pochi giganti tecnologici. Ma anche questa teoria, come le altre, potrebbe essere smentita da eventi futuri. Per ora, il mercato americano continua a salire, ignorando regole e previsioni.

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