La base democratica in rivolta contro la leadership del proprio Partito

Secondo un'analisi di Politico, i sondaggi rivelano un livello storico di malcontento tra gli elettori democratici dopo la sconfitta nelle presidenziali del 2024.

La base del Partito Democratico è sempre più furiosa. I dati raccolti dalla Quinnipiac University nel suo sondaggio trimestrale (e riportati da Politico) rivelano una situazione senza precedenti: per la prima volta nella storia, i deputati democratici registrano un'approvazione negativa tra i propri elettori.

Solo il 40% dei democratici approva, infatti, l'operato dei propri rappresentanti al Congresso, mentre il 49% lo disapprova, un drammatico cambiamento rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, quando il 75% esprimeva approvazione e solo il 21% manifestava insoddisfazione.

Questa disillusione è talmente profonda da ricordare sempre più da vicino il sentimento che pervadeva la base repubblicana nel periodo che ha preceduto la conquista del Partito Repubblicano da parte di Donald Trump.

I numeri indicano, dunque, che i democratici sono sull'orlo di una rivolta interna simile a quella del Tea Party, afferma Politico.

Un malcontento senza precedenti

I dati sono anomali rispetto a qualsiasi altro rilevamento recente.

La prima volta che i democratici persero contro Trump, i tassi di approvazione dei loro rappresentanti al Congresso aumentarono, poiché gli elettori apprezzavano il modo in cui la propria leadership si stava opponendo all'Amministrazione Trump all'inizio del 2017.

Il parallelo più vicino all'attuale livello di rabbia risale a circa un decennio fa, quando lo sconosciuto candidato repubblicano Dave Brat sconfisse il Leader della Maggioranza Eric Cantor alle primarie del 2014, un risultato che sconvolse tutti i pronostici.

Non una questione ideologica

Nonostante l'energia nell'ala progressista del partito, il malcontento non sembra essere incentrato sul desiderio di spostare il partito più a sinistra o più a destra.

Un recente sondaggio Gallup ha rilevato che il 45% deglI elettori democratici vorrebbe, infatti, che il Partito diventasse più moderato, mentre solo il 29% ritiene che dovrebbe diventare più progressista.

I dati suggeriscono, invece, che la rabbia è alimentata dall'insoddisfazione per l'approccio conciliatorio della leadership congressuale nei confronti del presidente Trump.

Sondaggi di CNN e Data For Progress hanno rilevato che una larga maggioranza degli elettori democratici chiede alla leadership di fare di più per opporsi al presidente.

Si tratta di un sentimento che ha scatenato la forte reazione contro la mossa del leader della minoranza al Senato Chuck Schumer di facilitare l'approvazione di una risoluzione per il finanziamento del governo proposta dai repubblicani.

Conseguenze per le primarie del 2026

Tutto questo aumenta la pressione per la stagione delle primarie del 2026.

Ci sono 13 seggi al Senato attualmente detenuti dai democratici in palio il prossimo anno – molti dei quali occupati da senatori veterani negli Stati più blu – sollevando la prospettiva di candidati più giovani e ribelli più allineati con la base del partito.

Alcuni gruppi liberal hanno già chiesto a Chuck Schumer di dimettersi dopo aver votato per il disegno di legge di finanziamento temporaneo proposto dai repubblicani.

Diversi altri deputati democratici hanno dovuto affrontare, come i loro colleghi repubblicani, la rabbia della base durante le assemblee cittadine, segnate da scambi tesi con elettori profondamente frustrati.

In questo contesto, sperare che l'inquietudine si plachi da sola non è un'opzione intelligente, afferma Politico.

L'establishment repubblicano l'ha imparato a sue spese nel 2010 e nei due cicli elettorali successivi, quando i candidati sostenuti dall’estabilishment del Partito furono trascinati in logoranti primarie che si sono concluse con sconvolgenti sconfitte.

Basta chiedere ad Eric Cantor per conferma.

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