Kristi Noem, il volto della politica migratoria di Trump
Considerata dalla sinistra statunitense “il volto della crudeltà” della nuova politica migratoria, la segretaria alla sicurezza interna Kristi Noem moltiplica le operazioni spettacolari davanti alle telecamere, trasformandole in un marchio politico personale.

Dal 20 gennaio 2025, Kristi Noem è diventata il simbolo della stretta sugli immigrati negli Stati Uniti. Nominata segretaria alla sicurezza interna dal presidente Donald Trump, ha assunto un ruolo di primo piano nelle operazioni di repressione dell’immigrazione irregolare. Dalle retate nei campi agricoli della California alle detenzioni in zone paludose e malsane della Florida, fino alla separazione di famiglie fermate per infrazioni minime, Noem rivendica con determinazione ogni intervento.
La sua presenza mediatica è costante e intenzionale. Il 26 marzo, ha posato davanti al carcere ad alta sicurezza di Tecoluca, in Salvador, accanto al ministro salvadoregno della giustizia. Dietro di lei, decine di detenuti rasati e seminudi, stretti dietro le sbarre. Il messaggio era chiaro: gli Stati Uniti espellono soltanto “criminali pericolosi”, anche se un giudice americano ha ricordato che ogni persona arrestata ha diritto a contestare la propria detenzione.
Il senatore democratico Adam Schiff descrive Noem come protagonista di una “realtà televisiva personale”, in cui interpreta diversi ruoli davanti alla telecamera: in sella a un cavallo con la polizia di frontiera, in giubbotto da copilota su un aereo della Guardia costiera, o armata e in mimetica nelle zone di frontiera. In una di queste apparizioni, non ha dimenticato di indossare la sua Rolex da 50.000 dollari, visibile al polso.
Per Schiff, Noem è “il volto della crudeltà” della linea Trump sull’immigrazione. All’inizio del 2025, ha approvato l’idea — mai attuata — di una sorta di Hunger Games per richiedenti asilo: i partecipanti avrebbero dovuto affrontare prove televisive per vincere la green card, la residenza permanente.
Ex governatrice del South Dakota, uno Stato di 925.000 abitanti, Noem dirige oggi uno dei dipartimenti più importanti del governo federale, creato dopo l’11 settembre: il Department of Homeland Security. L’agenzia conta 260.000 agenti e supervisiona, oltre all’immigrazione, la lotta al terrorismo, la cybersicurezza, la protezione delle personalità, la sicurezza aeroportuale e la gestione delle emergenze naturali.
Durante la sua audizione al Senato per la conferma dell’incarico, Noem ha mostrato scarse conoscenze giuridiche. Alla domanda su cosa sia l’habeas corpus, ha risposto che è “un diritto costituzionale del presidente che gli consente di espellere le persone dal paese”. La senatrice che la interrogava ha dovuto spiegare che, in realtà, l’habeas corpus è una garanzia contro le detenzioni arbitrarie.
Nata nel 1971 nel Dakota del Sud, Noem proviene da una famiglia di agricoltori. Nel 1994, dopo la morte del padre in un incidente, ha abbandonato l’università per gestire la fattoria familiare. Ha raccontato nel 2024, nella sua autobiografia, di aver ucciso con una fucilata il suo cane Cricket perché non riusciva ad addestrarlo. L’episodio, che avrebbe dovuto rafforzare la sua immagine di donna risoluta, ha suscitato indignazione anche tra i repubblicani.
Nonostante ciò, Trump l’ha scelta per un ruolo chiave nel governo, giudicandola “particolarmente qualificata”. L’interesse del presidente per lei è cresciuto dopo che nel 2024 le nove tribù native del Dakota del Sud le hanno vietato l’ingresso nelle loro riserve. Da governatrice, aveva infatti inviato 28 membri della Guardia nazionale alla frontiera col Messico, sostenendo che le riserve erano infiltrate dai cartelli, contro il parere delle stesse comunità indigene.
Noem si è laureata solo nel 2012, un anno dopo essere stata eletta alla Camera dei deputati. Durante il suo mandato a Washington, durato oltre dieci anni, non ha lasciato grandi tracce. È con l’avvento di Trump che il suo stile si è radicalizzato, in sintonia con il cambiamento politico del Dakota del Sud, divenuto roccaforte del trumpismo. Nel 2024, Trump ha ottenuto nello Stato il 63% dei voti, con 29 punti di vantaggio su Kamala Harris.
La pandemia ha rappresentato per Noem un’occasione per emergere sulla scena nazionale. Contraria a ogni misura sanitaria, ha rifiutato di imporre mascherine e lockdown. “Il Dakota non è New York”, affermava in TV. Si è mostrata senza protezioni al raduno motociclistico di Sturgis, insieme a mezzo milione di biker, contribuendo alla diffusione del virus nel Midwest. Quando Trump volle celebrare il 4 luglio 2020 con fuochi d’artificio al Monte Rushmore, lei dichiarò che ogni cittadino aveva il diritto di “mettere a rischio la propria salute”, organizzando l’evento nonostante i pericoli.
Nell’immaginario repubblicano anti-élite, Noem coltiva un’immagine da “donna del West”, simile a quella di Sarah Palin nel 2008. I suoi eventi di raccolta fondi, come le battute di caccia in Canada a 60.000 dollari o la moto guidata durante il raduno di Sturgis venduta a 27.500 dollari, attraggono generosi donatori conservatori.
Nel 2024, Noem ha cambiato volto. Alla vigilia della nuova campagna presidenziale, ha adottato un’estetica che i satiristi definiscono “volto Mar-a-Lago”: un femminile ipertrattenuto e militarizzato, che rispecchia il maschilismo dei bros trumpiani. Appare con giubbotti antiproiettile, fucili mitragliatori e ciglia finte di proporzioni cinematografiche. Megyn Kelly, ex conduttrice di Fox News, l’ha accusata di “glamourizzare” la polizia e di voler costantemente rubare la scena.
Per alcuni osservatori, è proprio questa esposizione che può garantirle il favore del presidente. Nel suo primo mandato, Trump aveva sostituito sei segretari alla sicurezza interna in quattro anni. Oggi, Kristi Noem è l’unica a non doversi far dimenticare.