Kavanaugh e Barrett si stanno allontando dall'ala più conservatrice della Corte Suprema
Nel caso "FCC v. Consumers' Research", i giudici della Corte Suprema valutano la legittimità del Fondo per il Servizio Universale. Kavanaugh e Barrett si distanziano dall'ala più radicale, frenando l'ipotesi di un ritorno alla dottrina della non-delegazione.

Mercoledì la Corte Suprema degli Stati Uniti ha discusso un caso che potrebbe ridefinire i confini del potere amministrativo federale. Al centro dell’udienza c’era il Fondo per il Servizio Universale, un meccanismo della Federal Communications Commission (FCC) che consente l’accesso ai servizi telefonici e internet anche nelle aree rurali e meno servite del Paese, finanziato attraverso contributi imposti ai fornitori di servizi di comunicazione.
Il caso "FCC v. Consumers' Research" mira a mettere in discussione la legittimità del Fondo sulla base della cosiddetta dottrina della non-delegazione. Secondo questa teoria giuridica, il Congresso non dovrebbe avere la facoltà di trasferire i suoi poteri legislativi ad agenzie esecutive senza indicazioni precise e limitate. L’obiettivo di chi porta avanti questo approccio è quello di restringere drasticamente l'autonomia delle agenzie federali, sottoponendole a una supervisione più stringente da parte del potere giudiziario.
Il Congresso, nel creare il Fondo, ha affidato alla FCC il compito di stabilire annualmente quanto denaro debba essere raccolto, data la variabilità delle necessità economiche del programma. Le istruzioni legislative che accompagnano questa delega sono dettagliate, e secondo la giurisprudenza consolidata della Corte Suprema – in particolare il principio del "principio intelligibile" – sembrerebbero del tutto adeguate. Questo standard consente al Congresso di delegare poteri, purché fornisca linee guida sufficientemente chiare da orientare l’azione dell’agenzia.
Tre giudici conservatori – Clarence Thomas, Samuel Alito e Neil Gorsuch – hanno espresso un'apertura verso un’interpretazione più restrittiva. Thomas ha avanzato l’idea che la dottrina della non-delegazione dovrebbe applicarsi con più forza nei casi che implicano forme di tassazione, suggerendo un cambiamento di paradigma. Tuttavia, questo orientamento contrasta con precedenti della stessa Corte, come Skinner v. Mid-America Pipeline Co. del 1989, in cui si affermava che l’uso del potere di tassazione da parte delle agenzie, se autorizzato dal Congresso, non richiede un vaglio più rigoroso.
Alito e Gorsuch, da parte loro, hanno sollevato una serie di obiezioni durante l’udienza, puntando il dito contro il coinvolgimento delle aziende regolamentate nei processi consultivi della FCC, la possibilità che il potere di fissare contributi possa danneggiare economicamente alcune imprese e l’istituzione di una società separata incaricata di consigliare la Commissione.
Diversa la posizione assunta da altri membri della maggioranza conservatrice della Corte. Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett hanno mostrato maggiore cautela nei confronti degli argomenti più radicali. Kavanaugh ha chiesto chiarimenti su come distinguere una tassa da una tariffa, mostrando inizialmente curiosità verso la posizione di Thomas, ma ha accolto la spiegazione secondo cui la distinzione è spesso sfumata nella pratica. Barrett, pur esaminando ipotesi teoriche che avrebbero potuto sollevare veri problemi di non-delegazione, ha manifestato dubbi sulla possibilità che la legge attuale violi la Costituzione.
Anche il presidente della Corte, John Roberts, ha adottato un tono più prudente, lasciando intendere che non vi sia motivo sufficiente per ribaltare la dottrina attuale. Questo può essere interpretato come un segnale dell’intenzione della maggioranza di mantenere il Fondo per il Servizio Universale, senza però escludere la possibilità di modificare l’impianto giuridico di riferimento.
Infatti, anche un’eventuale conferma della legittimità del Fondo potrebbe celare un cambiamento più profondo. Alcuni giudici potrebbero cogliere l’occasione per scardinare il criterio del "principio intelligibile" in favore di un nuovo standard proposto da Gorsuch in una dissenting opinion del 2019, secondo cui le deleghe legislative devono essere “sufficientemente definite e precise”. Una simile evoluzione dottrinale, se adottata, darebbe alla Corte maggiore discrezionalità nell’annullare regolamenti e programmi federali, limitando il margine di azione dell’amministrazione.