Kamala Harris valuta un ritorno in politica puntando al governatorato della California
Dopo la sconfitta alle presidenziali del 2024, l'ex vicepresidente Kamala Harris considera una candidatura a governatrice nel 2026. La decisione avrebbe importanti implicazioni per il suo futuro politico .

A cinque mesi dalla sconfitta elettorale che l'ha estromessa dalla vita politica dopo oltre vent'anni, Kamala Harris sta riflettendo sul proprio futuro, secondo quanto riporta il New York Times. L'ex vicepresidente, rimasta in silenzio fino ad ora, sta considerando con sempre maggiore convinzione una candidatura a governatrice della California per il 2026. Secondo alcuni dei suoi più stretti alleati, questa scelta rappresenterebbe una via d'accesso influente per difendere le priorità democratiche e contrastare le politiche del presidente in carica.
La decisione, ancora non ufficiale, escluderebbe di fatto una sua candidatura alla Casa Bianca nel 2028. Harris stessa avrebbe detto ai suoi interlocutori che le due strade — governatorato o presidenza — sono alternative tra loro. E molti ritengono che il governatorato rappresenti per lei un terreno più favorevole: la California è uno stato saldamente democratico e la sua popolarità rimane alta tra gli elettori locali.
Nel frattempo, Harris ha mantenuto un profilo basso. Non ha rilasciato interviste né partecipato a dibattiti pubblici, preferendo occasioni riservate con donatori, amici e consiglieri, molti dei quali continuano a sostenerla. Ha anche valutato possibilità extra-politiche, come la creazione di un centro studi o l’attività editoriale, ma con prudenza: raccogliere fondi per un’istituzione privata potrebbe rappresentare un ostacolo per future ambizioni elettorali.
L’ipotesi della corsa a governatrice ha cominciato a prendere forma anche alla luce della crisi vissuta dalla California in occasione degli incendi di quest’anno, la cui gestione da parte dei democratici locali è stata giudicata da Harris inadeguata. Ha visitato le aree colpite, incontrato sfollati e vigili del fuoco e monitorato da vicino gli interventi, mentre la sua abitazione di Brentwood rientrava nella zona di evacuazione.
Al tempo stesso, la sua cautela è legata anche a dinamiche familiari. Il marito, Doug Emhoff, è recentemente tornato alla professione legale con un contratto da 6 milioni di dollari presso lo studio Willkie Farr & Gallagher. La decisione ha generato qualche imbarazzo dopo che lo studio ha concluso un accordo con la Casa Bianca per evitare pesanti sanzioni — un'intesa che Emhoff aveva inizialmente contestato. Alcuni democratici hanno suggerito che potrebbe essere opportuno per lui dimettersi per non nuocere alle prospettive politiche della moglie.
Nonostante questo, Harris ha continuato a mantenere una rete attiva di contatti, parlando regolarmente con figure influenti del partito come Hillary Clinton, Pete Buttigieg, il presidente di Emily’s List Jessica Mackler e il miliardario Reid Hoffman. Ha anche discusso di strategie di comunicazione e dati elettorali con analisti come David Shor, nell’ottica di comprendere come ricostruire il legame con quegli elettori — in particolare afroamericani e latini — che l’hanno abbandonata nel 2024.
Il distacco dai riflettori non è però stato totale. In un intervento pubblico, Harris ha parlato il 3 aprile a Dana Point davanti a un pubblico di donne afroamericane, denunciando il clima di paura crescente nel paese e criticando — senza menzionarlo direttamente — l’autoritarismo dell’amministrazione Trump. Nello stesso giorno, Emhoff ha ribadito pubblicamente il proprio dissenso verso le concessioni fatte dallo studio legale per evitare uno scontro con il presidente.
All’interno del partito, le posizioni sulla sua prossima mossa non sono unanimi. Alcuni alleati, come l’ex governatore della Virginia Terry McAuliffe, l’hanno incoraggiata a correre per la carica di governatrice. Altri sostengono che un nuovo tentativo presidenziale nel 2028 sarebbe percepito come anacronistico e destinato a fallire, anche per timori legati alla resistenza culturale verso una candidata donna. Secondo fonti interne, se Harris si candidasse per la California, avrebbe un vantaggio considerevole: la vicegovernatrice Eleni Kounalakis, sua amica e alleata, si ritirerebbe dalla corsa, e anche Katie Porter, già in campo, ha riconosciuto che Harris avrebbe un effetto quasi “sfoltente” sulla competizione.
Non tutti, però, sono pronti a cederle il passo. Xavier Becerra, già ministro della salute e procuratore generale della California, è entrato nella corsa e ha dichiarato che non si ritirerà in caso di candidatura di Harris. L’ex sindaco di Los Angeles Antonio Villaraigosa, che rinunciò a candidarsi al Senato nel 2016 per lasciarle spazio, ha sottolineato che il 2026 “non sarà un’incoronazione”.
Kamala Harris ha ora tempo fino all’estate per decidere, quando terminerà anche il periodo di finanziamento pubblico per l’ufficio a lei assegnato come ex vicepresidente. Se sceglierà di candidarsi alla guida della California, il suo ritorno sulla scena politica avverrà da una posizione di forza, ma anche con il compito complesso di ridefinire il proprio ruolo in un partito e in un Paese profondamente cambiati.