Kamala Harris torna sulla scena politica senza sciogliere i dubbi sul futuro

L’ex vicepresidente statunitense ha annunciato un libro sulle retroscena della sua campagna e un ritorno all’attivismo politico, ma esclude (per ora) nuove candidature. Il Partito Democratico resta in bilico.

Kamala Harris torna sulla scena politica senza sciogliere i dubbi sul futuro
White House

A sei mesi dalla sconfitta contro Donald Trump, Kamala Harris sta cercando di tornare al centro del dibattito pubblico americano. L’ex vicepresidente ha avviato una nuova fase del proprio impegno, combinando una strategia mediatica e editoriale con una parziale rientrata nella politica attiva, senza però chiarire se ambisca ancora alla Casa Bianca nel 2028.

Harris ha comunicato che non si candiderà alla carica di governatrice della California quando, nel 2026, scadrà il mandato di Gavin Newsom. L’ipotesi era stata ventilata da alcuni settori del Partito Democratico, in particolare tra coloro che non vedono con favore un ritorno della ex candidata presidenziale sul piano nazionale. La decisione è arrivata tramite un comunicato in cui Harris ha ribadito il suo attaccamento allo Stato, ma ha anche precisato che, “per ora, il suo impegno al servizio del pubblico non passerà attraverso un mandato elettivo”.

Il giorno successivo, Harris ha annunciato su X la pubblicazione di un libro intitolato 107 Days, in uscita il 23 settembre per Simon & Schuster. Il titolo fa riferimento ai 107 giorni della sua campagna presidenziale, definita da lei stessa “la più breve della storia”, un’allusione alla scelta tardiva di Joe Biden, il 21 luglio 2024, di non ricandidarsi. La candidata si è detta costretta ad assumere rapidamente il ruolo di front-runner in una corsa già compromessa, perdendo poi contro Trump con un margine di circa 2,3 milioni di voti. Il libro promette di raccontare “le retroscena” di quella fase convulsa, dichiarando che “ciò che il mondo ha visto durante la campagna era solo una parte della storia”.

Nel quadro di questo rientro mediatico, Harris ha rilasciato la sua prima intervista post-elettorale al comico Stephen Colbert, conduttore della CBS destinato a lasciare l’emittente nel maggio 2026. La scelta di Colbert non è casuale: la CBS è stata oggetto di polemiche per aver accettato le richieste del presidente Trump in merito al montaggio di un’intervista realizzata con Harris nell’ottobre 2024, giudicata da quest’ultimo troppo favorevole alla sua avversaria. La CBS ha poi concluso con Trump un accordo economico da 16 milioni di dollari, definito da Colbert stesso “un bel mazzetto di soldi”.

Durante l’intervista, Harris ha criticato apertamente non solo il presidente in carica, ma anche l’atteggiamento remissivo delle élite e delle istituzioni, che secondo lei si sarebbero piegate troppo facilmente ai desideri del leader repubblicano. La sua posizione si conferma quindi di contrapposizione politica, ma con un tono riflessivo. Afferma di voler restare “in ascolto della base” e di volersi riavvicinare alla società “non per chiedere voti, ma per parlare con le persone”.

Harris ha anche smentito che il suo rifiuto di candidarsi in California sia il segnale di una futura corsa presidenziale. A suo dire, il sistema politico è “rotto” e richiede “nuovi metodi e un pensiero rinnovato”. Nonostante le parole caute, la sua figura continua a pesare all’interno del Partito Democratico, dove mantiene un ruolo centrale nella raccolta fondi ed è ancora in testa ai sondaggi tra i potenziali candidati del partito. Va però sottolineato che tali rilevazioni si basano su un confronto con avversari molto meno noti al grande pubblico.

Nel suo comunicato, Harris ha dichiarato l’intenzione di “tornare sul campo” per sostenere le campagne elettorali dei Democratici a livello nazionale. Un comportamento classico per chi, pur non candidandosi direttamente, vuole misurare l’accoglienza della base in vista di un possibile rientro.

Dalla fine del mandato, il 20 gennaio 2025, Harris aveva mantenuto un profilo basso. Ha raccontato di aver seguito “molti programmi di cucina” e si è fatta vedere solo in alcune occasioni pubbliche, come dopo gli incendi di Los Angeles o in una conferenza sulle donne in politica. A fine luglio ha partecipato nel Regno Unito al matrimonio della figlia di Steve Jobs e Laurene Powell, sua amica di lunga data.

In California, la sua scelta di non concorrere per la successione di Newsom è stata accolta con sollievo da diversi esponenti democratici già impegnati nella corsa, tra cui Katie Porter, esponente dell’ala progressista vicina a Elizabeth Warren. Porter ha raccolto 250.000 dollari in sole 36 ore, segno che la campagna per il governatorato è già ben avviata.

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