Kamala Harris non si candiderà a governatrice della California
L’ex vicepresidente ha annunciato che non si candiderà alla guida dello Stato, lasciando spazio alle ipotesi su un suo possibile ritorno sulla scena nazionale tra tre anni

Kamala Harris ha annunciato che non correrà per la carica di governatrice della California nel 2026. L’ex vicepresidente ha dichiarato la sua decisione mercoledì, aprendo così la possibilità di un futuro tentativo di candidatura alla presidenza nel 2028, dopo la sconfitta subita da Donald Trump alle elezioni del novembre scorso.
Dopo mesi di riflessione e confronti con i suoi consiglieri, Harris ha scelto di non entrare nella competizione per la successione a Gavin Newsom, il cui mandato da governatore è in scadenza. Tornata in California a gennaio, dopo l’insediamento di Trump, Harris ha preferito non impegnarsi in una corsa che, secondo molti osservatori, avrebbe potuto chiudere le porte a una sua futura candidatura nazionale.
“Negli ultimi sei mesi ho riflettuto su questo momento della nostra storia e sul modo migliore per continuare a lottare per il popolo americano e per i valori che considero fondamentali”, ha dichiarato Harris in un comunicato. “Ho deciso di non candidarmi a governatrice in questa elezione.”
Nata a Oakland, Harris ha una lunga carriera nella politica californiana e nazionale: procuratrice, procuratrice generale dello Stato, senatrice e vicepresidente. La sua scelta di non candidarsi alla guida della California è stata influenzata anche dalla volontà di continuare il proprio impegno su scala nazionale. Secondo quanto riportato dal Washington Post, Harris sta valutando la creazione di nuove organizzazioni politiche per promuovere le idee sostenute durante la campagna del 2024 e per mantenere una posizione attiva nel dibattito pubblico.
Harris ha già rinunciato in passato a candidarsi alla carica di governatrice, quando nel 2015 preferì puntare sul Senato, ritenuto più adatto al suo profilo e alle sue ambizioni di politica nazionale. Anche stavolta, nonostante l’interesse iniziale per la possibilità di guidare la ripresa dello Stato colpito da devastanti incendi e affrontare l’emergenza abitativa, ha concluso che il ruolo di governatrice avrebbe limitato le sue prospettive future a livello federale.
Nel suo comunicato, Harris ha sottolineato l’importanza del servizio pubblico, ribadendo che il suo impegno continuerà anche al di fuori delle cariche elettive: “Non guiderò alcuna carica elettiva per ora, ma tornerò ad ascoltare gli americani, a sostenere i Democratici in tutto il Paese e a condividere i miei piani nei prossimi mesi.”
Tra i suoi progetti imminenti vi sono la possibile pubblicazione di un libro e la costruzione di una nuova struttura politica con cui viaggiare in vista delle elezioni di metà mandato del 2026, per aiutare il Partito Democratico a riconquistare la maggioranza alla Camera. Secondo alcuni suoi collaboratori, l’ex vicepresidente si concentrerà in particolare sulle sfide affrontate dalla generazione Z e sul futuro del lavoro in un contesto dominato dall’intelligenza artificiale.
Sebbene non abbia confermato apertamente l’intenzione di candidarsi alla presidenza, Harris non ha escluso questa possibilità. Dispone di una notorietà nazionale superiore a quella di molti altri aspiranti alla nomination democratica e di una base di piccoli donatori già attiva, che potrebbe mobilitare rapidamente.
Tuttavia, il campo dei possibili candidati per il 2028 è già affollato. Tra i nomi in circolazione ci sono governatori noti come Gavin Newsom (California), JB Pritzker (Illinois), Wes Moore (Maryland) e Josh Shapiro (Pennsylvania), oltre al senatore Cory Booker (New Jersey), amico e alleato di Harris. In particolare, Harris e Newsom condividono un legame personale e politico che rischia di complicare la corsa a una futura nomination: entrambi sono sostenuti da donatori e consiglieri in comune.
Un ulteriore elemento di complessità per Harris è legato alle polemiche interne al Partito Democratico seguite alla scelta di Joe Biden di ricandidarsi nel 2024, nonostante le preoccupazioni sull’età e sulla salute. Dopo il ritiro del presidente a causa di una disastrosa performance nel primo dibattito con Trump, alcuni esponenti del partito hanno sollevato dubbi sul comportamento di Harris durante la campagna. Antonio Villaraigosa, ex sindaco di Los Angeles e ora candidato alla carica di governatore, ha accusato Harris di aver “coperto” i problemi di Biden, dichiarando pubblicamente che “continuava a ripetere che non c’era nulla di sbagliato.”
Dalla sua sconfitta a novembre, Harris ha mantenuto un profilo relativamente basso. Ha partecipato a eventi locali in California, come la visita alla World Food Kitchen dopo gli incendi di Altadena, ma ha evitato di intervenire frequentemente sui temi statali. Non ha pronunciato un discorso politico rilevante fino ad aprile, quando ha criticato il presidente Trump per i suoi “ordini incostituzionali” e per aver creato un “clima di paura” nel Paese.
In quella occasione, Harris ha ripreso i temi centrali della sua campagna elettorale del 2024, accusando Trump di aver “superato ogni limite costituzionale” e di aver indebolito gli equilibri democratici. Ha inoltre invitato gli americani a mostrare coraggio di fronte a quello che ha definito un uso politico delle istituzioni da parte della presidenza.
La tensione tra la famiglia Harris e l’attuale amministrazione si è manifestata anche sul piano personale. Doug Emhoff, marito della vicepresidente e partner dello studio legale Willkie Farr & Gallagher, si è pubblicamente opposto a un accordo stretto dal suo studio con l’amministrazione Trump. L’accordo è stato annunciato dopo che il presidente aveva minacciato di escludere alcuni studi legali da appalti pubblici e accesso agli edifici governativi, come ritorsione per aver rappresentato clienti ostili alla Casa Bianca. Emhoff ha dichiarato di aver contestato l’intesa all’interno dello studio.
Nel frattempo, la corsa per la successione a Newsom si intensifica. Tra i candidati democratici ci sono l’attuale vicegovernatrice Eleni Kounalakis, l’ex deputata Katie Porter, l’ex segretario alla Sanità Xavier Becerra e lo stesso Villaraigosa. Nessuno ha intenzione di ritirarsi, nemmeno di fronte a una eventuale candidatura di Harris, che ora però ha confermato la sua rinuncia.