JPMorgan: rischio recessione al 60% negli Stati Uniti per l’aumento dei dazi voluto da Trump
Secondo il team economico della banca d’investimento, l’inasprimento delle politiche commerciali potrebbe produrre un grave shock macroeconomico, riducendo la crescita e aumentando le probabilità di una crisi economica già nel 2025

L’inasprimento delle politiche commerciali voluto dal presidente statunitense Donald Trump ha spinto JPMorgan a rivedere al rialzo le probabilità di una recessione negli Stati Uniti. Secondo la nuova analisi diffusa dal team economico della banca d’investimento americana, le possibilità di una crisi economica entro l’anno sono salite al 60%. Il dato è contenuto in una nota in cui gli economisti guidati da Bruce Kasman definiscono l’aumento dei dazi come “il più grande aumento fiscale dal 1968”.
La preoccupazione principale riguarda l’effetto amplificato che queste misure potrebbero avere su più fronti: dalle possibili ritorsioni commerciali da parte di altri paesi, al calo del sentiment delle imprese statunitensi, fino al rischio di blocco nelle catene globali di approvvigionamento. In un contesto economico già segnato da incertezze, JPMorgan spiega come “lo shock sarà probabilmente solo moderatamente attenuato” dalla possibilità di manovrare la politica fiscale, lasciando intendere che il margine di compensazione resta limitato.
Nonostante l’analisi dettagliata, gli economisti non hanno ancora modificato le previsioni economiche ufficiali della banca, in attesa di vedere come saranno attuate concretamente le misure e se vi sarà spazio per eventuali negoziati. Tuttavia, il messaggio è chiaro: “Consideriamo la piena attuazione delle politiche annunciate come un sostanziale shock macroeconomico non attualmente incorporato nelle nostre previsioni. Sottolineiamo quindi che queste politiche, se sostenute, potrebbero spingere l’economia statunitense e possibilmente quella globale in recessione quest’anno”.
Il quadro delineato dagli analisti di JPMorgan lascia poco spazio all’ottimismo. Pur riconoscendo che un rallentamento dell’espansione economica in corso potrebbe risultare lieve, ricordano che “le recessioni sono intrinsecamente imprevedibili”. A rendere il rischio ancora più concreto è anche l’impatto a lungo termine di politiche commerciali restrittive e di una riduzione dei flussi migratori: due elementi che, secondo la banca, potrebbero comportare “costi di approvvigionamento duraturi” capaci di indebolire la crescita degli Stati Uniti nel tempo.
Uno dei passaggi più significativi del rapporto è il confronto tra le attuali misure e la tariffa Smoot-Hawley del 1930, simbolo del protezionismo durante la Grande Depressione. Gli economisti della banca osservano che l’inasprimento tariffario odierno potrebbe rivelarsi persino più dannoso, considerando la maggiore esposizione degli Stati Uniti al commercio globale e il livello attuale di integrazione economica internazionale.