Immigrazione, giudice blocca i controlli a Los Angeles

Una sentenza federale vieta a ICE di fermare e arrestare persone sulla base dell’etnia, della lingua parlata o del luogo in cui si trovano. La Casa Bianca annuncia ricorso contro la misura

Immigrazione, giudice blocca i controlli a Los Angeles

Una giudice federale ha ordinato la sospensione immediata dei controlli discriminatori da parte della Immigration and Customs Enforcement (ICE) a Los Angeles e in sei altri contee californiane. La decisione è arrivata venerdì 11 luglio, in risposta a una causa presentata da associazioni per i diritti dei migranti, che contestavano le modalità dei raid condotti da agenti federali negli ultimi due mesi nella regione.

La giudice Maame Ewusi-Mensah Frimpong, della United States District Court per il distretto centrale della California, ha accolto le accuse di violazioni costituzionali rivolte all’amministrazione Trump. Secondo l’ordinanza, ICE non potrà più effettuare arresti senza un valido motivo basandosi su quattro criteri considerati discriminatori: l’origine etnica di una persona, il fatto che parli spagnolo o inglese con accento straniero, il suo mestiere o la sua presenza in luoghi specifici come fermate dell’autobus, autolavaggi, aziende agricole o negozi di ferramenta.

La sentenza risponde a un’ondata di proteste e denunce nate attorno a Los Angeles a partire da giugno, dopo un’intensificazione dei raid anti-immigrati in quartieri a maggioranza latino-americana. Le associazioni denunciano fermi arbitrari, ostacoli all’accesso legale per i detenuti e l’uso sistematico di pratiche di profilazione razziale. Nella sua decisione di 52 pagine, Frimpong ha evidenziato che il governo federale “vorrebbe far credere alla Corte che nulla di tutto ciò stia realmente accadendo, nonostante la montagna di prove presentate”.

Le restrizioni ordinate dal tribunale si estendono anche ad altre agenzie federali coinvolte nei raid, tra cui Federal Bureau of Investigation e Drug Enforcement Administration. Oltre a vietare i controlli basati sull'aspetto, la giudice ha stabilito che i detenuti devono poter accedere tempestivamente a un avvocato. In particolare, ha citato le condizioni “dungeonlike” (da prigione sotterranea) del centro di detenzione B-18, dove i migranti venivano trattenuti per giorni senza poter parlare con un legale.

L’azione legale è stata avviata il 2 luglio da American Civil Liberties Union (ACLU) della California del Sud e da Public Counsel, in rappresentanza di cinque persone e varie organizzazioni di advocacy. La sentenza ha valore di ordinanza temporanea (valida per dieci giorni) e potrà essere estesa con una nuova udienza nelle prossime settimane.

Il governo federale ha annunciato ricorso. “Nessun giudice federale ha il potere di dettare la politica migratoria, che è prerogativa del Congresso e del presidente”, ha dichiarato la portavoce della Casa Bianca Abigail Jackson. Il Department of Homeland Security ha accusato la giudice di “minare la volontà del popolo americano”.

Tuttavia, secondo Frimpong, le perquisizioni e gli arresti effettuati a Los Angeles non rispettano il Quarto e il Quinto emendamento della Costituzione, che garantiscono la libertà da perquisizioni arbitrarie e il diritto all’assistenza legale. Durante l’udienza preliminare, la giudice ha respinto gli argomenti del governo, secondo cui gli agenti avrebbero agito in base a “intelligence” o “analisi delle tendenze”. “È difficile credere che non si sia riusciti a presentare nemmeno un rapporto che giustifichi il fermo di una persona”, ha commentato.

Al centro della polemica vi è anche l’identificazione dei luoghi delle operazioni: fermate dell’autobus, parcheggi, cantieri e autolavaggi, frequentati soprattutto da lavoratori latini. Alcuni arresti sono stati documentati in video da passanti. In più casi, gli agenti — spesso in abiti civili, con passamontagna e fucili d’assalto — hanno fermato gruppi di persone in modo indiscriminato. La giudice ha definito “circolare” il ragionamento degli agenti che giustificavano i blitz ripetuti in un autolavaggio di Whittier, dove è stato fermato anche un cittadino statunitense.

La decisione ha avuto un ampio impatto politico. Il governatore democratico Gavin Newsom l’ha definita una “vittoria temporanea contro le violazioni dei diritti e il profilamento razziale”. “Il programma di Stephen Miller in materia migratoria è un progetto di caos, crudeltà e paura”, ha aggiunto. Il sindaco di Los Angeles Karen Bass ha parlato di “passo importante verso il ripristino della sicurezza e della decenza”.

L’ordine restrittivo impone anche che il Department of Homeland Security mantenga e trasmetta una documentazione regolare degli arresti agli avvocati dei querelanti. Il legale di Public Counsel, Mark Rosenbaum, ha commentato: “La decisione mostra quanto sia grave la situazione quando il governo federale fa la guerra a una città americana, ignorando la Costituzione”.

I gruppi promotori della causa sostengono che le operazioni abbiano avuto effetti devastanti: hanno impedito alle persone di cercare cure mediche, bloccato attività economiche locali e generato un clima di paura. Secondo la causa, “persone dalla pelle scura vengono avvicinate da agenti federali non identificabili, armati, che fanno domande su identità e provenienza, senza alcun motivo apparente”.

Le implicazioni della sentenza potrebbero andare oltre la California. Diciotto Stati guidati da governatori democratici hanno sostenuto il ricorso contro l’amministrazione Trump, sottolineando i danni economici e sociali delle retate. La vicenda si inserisce in un contesto più ampio di scontro tra il governo federale e le città santuario, che cercano di limitare la cooperazione tra le forze dell’ordine locali e le autorità federali in materia migratoria.

Negli ultimi giorni, un operaio agricolo è morto in una fattoria di cannabis legale nel contea di Ventura durante un’operazione di ICE. Migliaia di soldati della Guardia nazionale rimangono dispiegati nella regione, mentre le operazioni di arresto proseguono quotidianamente. Secondo gli avvocati dei ricorrenti, il numero di migranti fermati senza precedenti penali è cresciuto sensibilmente da quando la Casa Bianca ha dato l’ordine di aumentare le espulsioni.

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