Il vice direttore dell'FBI lascia l'incarico dopo neanche un anno

Il vice direttore dell'agenzia, ex podcaster pro-Trump, si dimetterà a gennaio. Durante il suo mandato ha dovuto fare i conti con le teorie del complotto che lui stesso aveva alimentato prima di entrare nell'FBI.

Il vice direttore dell'FBI lascia l'incarico dopo neanche un anno
FBI

Dan Bongino lascerà il suo incarico di vice direttore dell'FBI a gennaio, dopo appena nove mesi in una delle posizioni più delicate dell'agenzia federale. L'annuncio è arrivato mercoledì attraverso un post sui social media, poche ore dopo che il presidente Donald Trump aveva anticipato la notizia ai giornalisti. "Credo che voglia tornare al suo programma", ha dichiarato Trump, riferendosi al podcast di Bongino.

La nomina di Bongino aveva rappresentato una rottura netta con la tradizione. Il ruolo di vice direttore dell'FBI, che prevede la supervisione delle operazioni quotidiane dell'agenzia, era sempre stato ricoperto da agenti di carriera con decenni di esperienza nel Bureau. Bongino invece arrivava dal mondo dei media conservatori, dove si era costruito una vasta audience come sostenitore vocale di Trump e promotore di teorie del complotto. Prima di diventare podcaster era stato agente del Secret Service e poliziotto a New York, ma non aveva mai lavorato per l'FBI.

I nove mesi di Bongino all'FBI sono stati segnati da tensioni costanti. Da un lato doveva gestire le aspettative della base trumpiana, che si aspettava azioni immediate su casi che lui stesso aveva definito insabbiamenti. Dall'altro si trovava a fare i conti con le responsabilità di un ruolo istituzionale che richiedeva di basarsi sui fatti, non sulle opinioni che aveva espresso per anni davanti al microfono.

Il caso più emblematico riguarda Jeffrey Epstein, il finanziere morto in carcere nel 2019 mentre era in attesa di processo per traffico sessuale. Come commentatore, Bongino aveva messo in dubbio la versione ufficiale del suicidio e si era chiesto cosa stessero nascondendo le autorità. Una volta entrato nell'FBI, la sua posizione è cambiata radicalmente. "Ho visto l'intero fascicolo. Si è suicidato", ha dichiarato in un'intervista a Fox News. A luglio il Dipartimento di Giustizia e l'FBI hanno diffuso un documento che confermava il suicidio e precisava che non esisteva alcuna "lista di clienti" di Epstein.

Questa conclusione ha scatenato la rabbia di molti sostenitori di Trump, che continuavano a credere alle teorie alternative. La gestione dei documenti su Epstein ha provocato anche uno scontro tra Bongino e il procuratore generale Pam Bondi. Secondo quanto riportato dalla Cable News Network, Bongino e il direttore dell'FBI Kash Patel avrebbero voluto rendere pubblici più documenti, ma il Dipartimento di Giustizia si era opposto. In un incontro alla Casa Bianca a luglio, Bongino avrebbe lasciato intendere di non poter continuare a lavorare finché Bondi fosse rimasta a capo del dipartimento. Dopo quello scontro, Bongino aveva saltato alcuni giorni di lavoro, lasciando i superiori nel dubbio sul suo ritorno.

Un mese dopo quell'episodio, l'amministrazione Trump aveva preso la decisione insolita di nominare un secondo vice direttore. Andrew Bailey, fino ad allora procuratore generale del Missouri, era stato affiancato a Bongino in quello che è diventato un raro caso di doppia nomina per una carica così importante.

L'altro caso che ha messo in difficoltà Bongino riguarda le pipe bomb trovate davanti alle sedi nazionali dei partiti Repubblicano e Democratico il 5 gennaio 2021, alla vigilia dell'assalto al Congresso. Come podcaster, Bongino aveva dedicato molte puntate del suo programma a sostenere che si trattasse di un "inside job" - un lavoro dall'interno - o dell'opera di qualcuno "collegato agli ambienti anti-Trump". Aveva parlato di un "massiccio insabbiamento" e promesso che, una volta all'FBI, avrebbe riaperto il caso con energia.

All'inizio di dicembre l'FBI ha arrestato un uomo della Virginia di 30 anni, senza apparenti legami con il governo. L'arresto è stato presentato come un successo importante, ma ha sollevato scetticismo tra alcuni sostenitori di Trump che faticavano a conciliare questa conclusione con le teorie che Bongino aveva diffuso. Interrogato da Sean Hannity di Fox News durante un'intervista celebrativa, Bongino ha dovuto spiegare il cambio di posizione. "In passato ero pagato per le mie opinioni, questo è chiaro", ha detto. "E un giorno tornerò in quello spazio, ma non è per questo che sono pagato ora. Sono pagato per essere il vostro vice direttore, e basiamo le indagini sui fatti."

Questa frase riassume la difficoltà centrale del suo mandato: il passaggio da un ruolo in cui poteva speculare liberamente a uno in cui doveva attenersi alle prove. Sui social media Bongino cercava di rassicurare i sostenitori di Trump che l'FBI stava dando nuovo slancio a casi che consideravano importanti, come la fuga di notizie sulla bozza di una sentenza della Corte Suprema nel 2022 o il ritrovamento di cocaina alla Casa Bianca durante l'amministrazione Biden. Ma queste comunicazioni non bastavano a placare chi si aspettava rivelazioni immediate.

Negli ambienti dell'FBI e della Casa Bianca si era da tempo diffusa la convinzione che Bongino non sarebbe rimasto a lungo. Bongino stesso si era lamentato, sia pubblicamente che in privato, della natura tediosa del lavoro e dell'impatto sulla sua vita personale. Alcuni funzionari dell'FBI pensavano che se ne sarebbe andato subito dopo l'arresto nel caso delle pipe bomb, dato che era un'indagine su cui si era concentrato prima di entrare nell'agenzia. Invece Bongino aveva continuato per qualche settimana, anche se nelle ultime settimane il co-vice direttore Bailey aveva iniziato a gestire alcune delle riunioni che prima erano di competenza di Bongino.

L'annuncio di mercoledì ha colto di sorpresa alcuni funzionari dell'FBI, anche se le dimissioni erano nell'aria da tempo. Nel suo messaggio sui social, Bongino ha ringraziato "il presidente Trump, il procuratore generale Bondi e il direttore Patel per l'opportunità di servire con uno scopo". Ha aggiunto: "Soprattutto, voglio ringraziare voi, miei concittadini americani, per il privilegio di servirvi. Dio benedica l'America e tutti coloro che la difendono."

Kash Patel, direttore dell'FBI nominato da Trump insieme a Bongino, ha elogiato il suo vice in un post sui social definendolo "il miglior partner che avrei potuto chiedere per aiutare a ripristinare questo FBI". Ha scritto che Bongino "non aveva solo completato la sua missione - l'aveva superata di gran lunga". Anche Bondi si è unita agli elogi, scrivendo che gli americani erano più sicuri grazie al servizio di Bongino.

La partenza di Bongino rappresenta una delle dimissioni di più alto profilo dell'amministrazione Trump e arriva in un momento di tensioni all'FBI. Il licenziamento di agenti di carriera ha contribuito a creare turbolenze nell'agenzia, mentre Patel stesso ha affrontato critiche per l'uso di un aereo governativo per scopi personali e per post sui social media riguardanti indagini in corso. Non è chiaro chi sostituirà Bongino o se Bailey rimarrà come unico vice direttore. Bongino non ha specificato una data esatta per le sue dimissioni né ha rivelato i suoi piani futuri, ma Trump ha lasciato intendere che tornerà al suo podcast, dove potrà nuovamente esprimere opinioni senza dover rispondere alle esigenze di un'indagine federale.

Focus America non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001.