Il responsabile dell'immigrazione di Trump è stato indagato per una tangente
Homan avrebbe accettato 50.000 dollari da agenti sotto copertura dell’FBI nel 2024. L’inchiesta, che ipotizzava corruzione e frode, è stata chiusa nei primi mesi del nuovo mandato presidenziale di Trump.

Tom Homan, oggi responsabile della Casa Bianca per la politica di confine, era stato indagato dall’FBI per presunta corruzione. Secondo documenti interni e fonti citate da MSNBC, nel settembre 2024 Homan avrebbe accettato 50.000 dollari in contanti da agenti sotto copertura che si fingevano imprenditori interessati a ottenere contratti governativi in una futura amministrazione Trump.
L’operazione sotto copertura si era svolta in Texas, con telecamere nascoste che avrebbero registrato la consegna del denaro. L’inchiesta federale era partita dopo che un soggetto già sotto indagine aveva affermato che Homan stava cercando pagamenti in cambio della promessa di favorire contratti legati alla sicurezza dei confini. Il Dipartimento di Giustizia aveva quindi autorizzato la sua sezione di Integrità Pubblica a seguire il caso insieme all’ufficio del procuratore del Texas occidentale.
Secondo fonti citate, diversi funzionari di FBI e Dipartimento di Giustizia ritenevano che le prove raccolte fossero solide e che vi fossero ipotesi di reato come cospirazione, corruzione e frode. Tuttavia, poiché al momento dell’operazione Homan non era un funzionario pubblico e Donald Trump non era presidente, la contestazione diretta di corruzione non risultava semplice da sostenere in tribunale. Per questo motivo l’indagine avrebbe dovuto proseguire per verificare se, una volta nominato in un ruolo ufficiale, Homan avesse mantenuto la promessa di favorire i presunti imprenditori.
Il 20 novembre 2024 Trump annunciò la nomina di Homan a “border czar”, un incarico di consigliere della Casa Bianca che non richiedeva conferma da parte del Senato né controlli approfonditi da parte dell’FBI. Dopo l’insediamento presidenziale di gennaio 2025, l’inchiesta subì un arresto. Nei mesi successivi, i vertici nominati dal presidente al Dipartimento di Giustizia decisero di chiudere formalmente il caso, definito da un alto funzionario una “indagine dello Stato profondo”.
In una dichiarazione a MSNBC, il direttore dell’FBI Kash Patel e il viceprocuratore generale Todd Blanche hanno sostenuto che l’inchiesta fosse stata avviata dall’amministrazione precedente, e che una revisione completa non avesse trovato “prove credibili di attività criminali”. “Le risorse del Dipartimento devono restare concentrate sulle vere minacce per il popolo americano, non su indagini senza fondamento”, hanno affermato, spiegando così la chiusura del dossier.
La Casa Bianca, tramite la vice portavoce Abigail Jackson, ha liquidato l’indagine come “apertamente politica” e senza riscontri concreti. “Tom Homan non è stato coinvolto in alcuna decisione di assegnazione di contratti. È un servitore pubblico con una carriera nelle forze dell’ordine che sta facendo un lavoro straordinario per il presidente Trump e per il Paese”, ha dichiarato Jackson. Homan non ha risposto alle richieste di commento.
Prima della nomina a consigliere, Homan aveva fondato una società di consulenza, Homeland Strategic Consulting, che vantava rapporti con i dipartimenti di Sicurezza interna, Difesa e Giustizia, e affermava di aver contribuito a far ottenere decine di milioni di dollari di contratti federali a imprese private. Proprio questo intreccio di incarichi e rapporti commerciali aveva sollevato dubbi tra i parlamentari democratici, che a metà 2025 hanno chiesto chiarimenti sui possibili conflitti di interesse.
Durante la campagna elettorale del 2024, Homan aveva dichiarato pubblicamente che avrebbe guidato le espulsioni di massa promesse da Trump, definendole “la più grande operazione di rimpatrio che questo Paese abbia mai visto”. Già nel primo mandato del presidente, quando era direttore ad interim dell’agenzia Immigration and Customs Enforcement, aveva sostenuto la politica di “tolleranza zero” che portò alla separazione di migliaia di bambini migranti dai genitori.
Secondo esperti legali interpellati da MSNBC, anche se una persona non è ancora un funzionario pubblico, accettare denaro in cambio della promessa di influenzare contratti governativi può configurare un reato di cospirazione o frode. Randall Eliason, ex capo della sezione corruzione dell’ufficio del procuratore federale di Washington, ha spiegato che l’accordo stesso per commettere un atto illecito in futuro costituisce il reato di cospirazione, indipendentemente dal fatto che il funzionario venga poi effettivamente nominato o agisca in seguito.