Il presidente dell'Università della Virginia si dimette su richiesta di Trump

Accusato di non voler smantellare le politiche per la diversità, Ryan lascia l’incarico in un contesto di crescente pressione politica sul mondo accademico

Il presidente dell'Università della Virginia si dimette su richiesta di Trump
Photo by Tim Thorn / Unsplash

Il presidente dell’Università della Virginia, James Ryan, ha annunciato le sue dimissioni in seguito all’apertura di un’indagine federale sulle politiche di diversità dell’ateneo. La decisione arriva in un clima politico sempre più teso tra l’amministrazione del presidente Donald Trump e le istituzioni universitarie, accusate di promuovere un’ideologia “woke”.

Ryan, in carica dal 2018, ha dichiarato in un comunicato di non voler trascinare l’università in un conflitto frontale con il governo: «Sono disposto a lottare per le mie convinzioni e credo profondamente in questa università. Ma non posso decidere unilateralmente di combattere contro il governo federale per salvare il mio posto». Pur ribadendo che in gioco vi sono «principi molto importanti», ha spiegato che resistere alla pressione politica sarebbe stato «egoista ed egocentrico nei confronti delle centinaia di dipendenti che perderebbero il lavoro, dei ricercatori che vedrebbero revocati i finanziamenti e degli studenti che rischierebbero di perdere l’aiuto finanziario o il visto».

Ryan ha inoltre ricordato di aver già previsto che l’anno accademico in arrivo sarebbe stato l’ultimo sotto la sua guida, ma ha ritenuto insostenibile proseguire in una posizione che avrebbe esposto l’intera comunità accademica a gravi conseguenze.

Secondo quanto riportato dal New York Times, il Dipartimento della giustizia, responsabile dell’indagine in corso, avrebbe esplicitamente chiesto la sua rimozione. La viceprocuratrice generale Harmeet Dhillon, intervistata da CNN, ha smentito l’esistenza di una richiesta formale di dimissioni, ma ha espresso chiaramente la sua sfiducia: «Non ho alcuna fiducia nella sua volontà e capacità di presiedere allo smantellamento del DEI», il programma dedicato a diversità, equità e inclusione.

Le reazioni politiche non si sono fatte attendere. I due senatori democratici della Virginia, Mark Warner e Tim Kaine, hanno definito le pressioni su Ryan «un errore che nuoce al futuro della Virginia», criticando come «scandaloso» l’intervento dell’amministrazione Trump nella gestione dell’università.

L’episodio rappresenta un ulteriore passo nella campagna dell’attuale governo federale contro il mondo dell’istruzione superiore. Fin dal suo ritorno alla Casa Bianca, Trump ha intensificato gli attacchi contro le università, accusate di alimentare un’agenda progressista e di discriminare gli studenti bianchi e asiatico-americani. A gennaio, il presidente ha firmato una legge che ordina la soppressione dei programmi DEI a livello nazionale e ha avviato indagini su decine di istituzioni accademiche. Le misure si fondano sull’assunto che tali iniziative producano effetti discriminatori.

Le risposte da parte degli atenei sono state eterogenee. Alcuni hanno chiuso i loro uffici per la diversità, eliminato borse di studio dedicate e abbandonato la richiesta di dichiarazioni di diversità nei bandi di assunzione. Altri hanno cercato di mantenere le stesse pratiche cambiando nome ai programmi o riformulandone gli obiettivi.

Il caso dell’Università della Virginia si aggiunge a una lista crescente di conflitti tra l’amministrazione federale e istituti universitari. Harvard è tra i bersagli principali della Casa Bianca, che ha cercato di vietare l’ammissione di studenti stranieri. Columbia, invece, rischia la revoca dell’accreditamento, una misura che la priverebbe dei fondi federali. In quest’ultimo caso, l’università è stata costretta a licenziare 180 dipendenti a seguito della cancellazione di sussidi pubblici.

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