Il governo americano ha comprato il 10% di Intel
L’accordo prevede un investimento complessivo di oltre 11 miliardi di dollari, parte dei quali provenienti dalle sovvenzioni già stanziate con il CHIPS Act di Joe Biden. L’operazione non comporta diritti di voto né seggi nel consiglio di amministrazione della società di semiconduttori.
Il presidente Donald Trump ha annunciato il 22 agosto che lo Stato federale americano entrerà nel capitale di Intel con una quota pari al 10%. La decisione, resa pubblica dallo stesso presidente nello Studio Ovale, è stata presentata come un’operazione vantaggiosa per entrambe le parti. Trump ha ricordato di aver incontrato l’11 agosto alla Casa Bianca l’amministratore delegato della compagnia, Lip-Bu Tan, definendo quell’occasione “molto interessante”.
Secondo quanto precisato da Intel in un comunicato, l’investimento governativo ammonta a 8,9 miliardi di dollari, pari a circa 7,5 miliardi di euro. A questa cifra si sommano i 2,2 miliardi di dollari di sovvenzioni già erogati, per un totale che supera gli 11 miliardi di dollari. “Siamo riconoscenti per la fiducia dimostrata dal presidente e dal governo e desideriamo lavorare per rafforzare la supremazia tecnologica e industriale degli Stati Uniti”, ha dichiarato Lip-Bu Tan.
L’operazione si inserisce nel quadro del CHIPS Act, la legge varata durante la presidenza di Joe Biden per incentivare il ritorno negli Stati Uniti della catena di produzione dei semiconduttori. Già la settimana precedente, il segretario al commercio Howard Lutnick aveva spiegato che il governo intendeva ottenere quote azionarie delle imprese beneficiarie di fondi pubblici: “Dovremmo ricevere capitale in cambio del nostro denaro. Verseremo le somme impegnate dal governo Biden e riceveremo titoli in cambio”, aveva detto.
Le condizioni dell’accordo prevedono però che la partecipazione statale non comporti né diritto di voto né la presenza di rappresentanti nel consiglio di amministrazione. Si tratta quindi di una partecipazione di tipo finanziario, che non si traduce in un controllo diretto sulle decisioni aziendali.
Intel, storico simbolo della Silicon Valley, negli ultimi anni ha visto ridursi il proprio peso sul mercato a vantaggio dei giganti asiatici TSMC e Samsung. Lo stesso Trump, all’inizio di agosto, aveva criticato duramente il suo amministratore delegato, accusandolo di conflitto di interessi e invitandolo a dimettersi. Pochi giorni dopo, il presidente ha invece scelto la via dell’accordo, annunciando un’intesa che lega la compagnia in maniera più stretta al governo federale.
All’operazione si affianca anche l’interesse di investitori privati: il gruppo giapponese SoftBank ha reso noto di voler investire 2 miliardi di dollari in Intel, acquisendo così circa il 2% del capitale.
Trump ha presentato l’intesa con Intel come parte della sua più ampia strategia di politica industriale. L’amministrazione punta a incentivare le imprese tecnologiche a stabilire la produzione negli Stati Uniti, facendo leva sia sugli investimenti pubblici sia sull’inasprimento dei dazi sui prodotti importati. L’obiettivo dichiarato è costringere le multinazionali a scegliere l’insediamento sul territorio americano come alternativa ai costi derivanti dalle nuove barriere doganali.
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