Il deficit commerciale degli Stati Uniti aumenta dell'11,1% a maggio

Il peggioramento è legato alla riduzione dell'export, mentre le importazioni restano stabili. Nike annuncia un costo aggiuntivo di un miliardo di dollari e modifica la strategia produttiva

Il deficit commerciale degli Stati Uniti aumenta dell'11,1% a maggio
Photo by Erwan Hesry / Unsplash

Il deficit commerciale degli Stati Uniti ha registrato un netto aumento nel mese di maggio con un incremento dell'11,1% e raggiungendo i 96,6 miliardi di dollari. A renderlo noto è stato il Census Bureau del Dipartimento del Commercio americano. Il principale fattore alla base di questo peggioramento è stato il marcato calo delle esportazioni. Secondo l'analisi dei dati ufficiali, il rallentamento è stato accentuato dall'introduzione dei nuovi dazi annunciati dal presidente Donald Trump in occasione del cosiddetto "Liberation Day".

Nel dettaglio, le esportazioni di beni hanno subito una flessione di 9,7 miliardi di dollari rispetto al mese precedente, attestandosi a 179,2 miliardi. Le importazioni, invece, sono rimaste pressoché stabili, fermandosi a 275,8 miliardi di dollari. L’effetto combinato di questi due andamenti ha generato l’incremento del disavanzo commerciale.

Parallelamente alla pubblicazione dei dati macroeconomici, è arrivata la presa di posizione di Nike, una delle maggiori aziende statunitensi nel settore dell’abbigliamento sportivo, che ha stimato un impatto economico negativo pari a circa un miliardo di dollari, derivante proprio dall’aumento dei dazi. La società ha annunciato l’adozione di misure correttive per contenere l’effetto di questi costi aggiuntivi.

Tra le iniziative previste da Nike figura l’aumento dei prezzi al dettaglio di alcune categorie di prodotti, in particolare scarpe da ginnastica e capi di abbigliamento, sul mercato statunitense. L’azienda ha inoltre dichiarato che ridurrà il volume delle forniture provenienti dalla Cina destinate agli Stati Uniti, nell’ottica di razionalizzare i costi e rendere la propria struttura di approvvigionamento più resiliente.

Attualmente, circa il 16% della produzione globale di calzature Nike ha origine in Cina. Tuttavia, la compagnia ha reso noto che intende ridurre questa percentuale a una “fascia alta a cifra singola” entro la fine dell’anno fiscale in corso. L’obiettivo è diversificare la localizzazione produttiva per mitigare i rischi legati ai dazi e ad altri fattori geopolitici.

Le dinamiche osservate nel mese di maggio mettono in evidenza le difficoltà che gli Stati Uniti si trovano ad affrontare nell’ambito del commercio internazionale. Il rafforzamento dei dazi, voluto dall’amministrazione Trump nel quadro delle politiche economiche protezionistiche, sembra aver contribuito a indebolire la competitività delle esportazioni americane. Allo stesso tempo, aziende di rilevanza globale come Nike devono adattarsi rapidamente, rivedendo le strategie produttive e commerciali per mantenere i margini operativi in un contesto economico meno favorevole.

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