I Repubblicani valutano l'aumento delle tasse sui ricchi per finanziare il piano di Trump
La proposta in discussione prevede un'aliquota del 40% sui redditi superiori al milione di dollari, in contrasto con decenni di ortodossia fiscale del partito.

I repubblicani del Congresso statunitense stanno prendendo in considerazione un aumento delle imposte sui redditi più elevati nell’ambito del “grande e magnifico disegno di legge” voluto dal presidente Trump. L’idea, emersa in riunioni interne e confermata da fonti del Congresso a The Hill, segnerebbe una svolta rispetto a decenni di politica fiscale del Partito Repubblicano, tradizionalmente contraria a qualunque incremento delle aliquote fiscali.
Secondo quanto riferito, la proposta più avanzata prevede l’introduzione di uno scaglione del 40 % per i redditi familiari superiori a un milione di dollari. L’aliquota massima attuale è del 37 % e si applica a partire da 609.351 dollari; l’aumento riporterebbe di fatto il carico fiscale ai livelli precedenti alla riforma del 2017, con la differenza che colpirebbe esclusivamente i contribuenti milionari.
Il tema è arrivato sul tavolo della Commissione Finanze del Senato, come ha spiegato il senatore Chuck Grassley (R‑Iowa) durante un’assemblea pubblica. "Potrebbe sorprendervi che nell’elenco delle possibilità che abbiamo sul nostro tavolo di lavoro, e su cui i membri della Commissione discuteranno, c’è l’aumento dal 37 % al 39,6 % proprio per il gruppo di persone di cui parlate", ha dichiarato.
Grassley ha aggiunto che le entrate verrebbero destinate all’ampliamento del credito d’imposta per i figli, una misura giudicata cruciale per favorire il sostegno alle famiglie nel quadro della nuova legge di riconciliazione di bilancio.
Un equilibrio tra deficit e tagli fiscali
Dopo l’approvazione della risoluzione di bilancio, i legislatori repubblicani stanno definendo i dettagli del testo che passerà attraverso la procedura di riconciliazione di bilancio, strumento che consente al Senato di approvare una legge a maggioranza semplice, bypassando il cosiddetto filibuster legislativo.
Cosa è il filibuster legislativo e perché è così importante?
Si tratta di una specifica procedura del Senato che, di fatto, permette a una minoranza di bloccare l’approvazione di una legge, imponendo la necessità di ottenere una maggioranza qualificata di 60 voti su 100 per superare l’ostruzionismo. La budget reconciliation, introdotta nel 1974, consente invece di approvare misure strettamente legate al bilancio – come tasse, spesa pubblica e deficit – con soli 51 voti, evitando così l’ostacolo del filibuster.
Oltre alle priorità su confini ed energia, nella sua "magnifica legge" il presidente intende prorogare i tagli fiscali del 2017 in scadenza e inserire promesse di campagna come l’eliminazione delle tasse sulle mance. L’eventuale rialzo dell’aliquota più alta offrirebbe spazio di manovra per finanziare queste misure senza aumentare il deficit, tema caro ai falchi fiscali e ai moderati contrari a riduzioni aggressive di programmi come Medicaid.
Reazioni contrastanti nella leadership
Alla Camera, però, lo Speaker Mike Johnson ha già manifestato scetticismo:
"In generale, stiamo cercando di ridurre le tasse qui. Non sono un grande fan di questo. Siamo il Partito Repubblicano, e siamo per la riduzione delle tasse per tutti".
Parole che rappresentano la posizione di una parte consistente del gruppo dirigente, preoccupata di tradire la tradizione di tagli fiscali diffusi.
Tra le voci dissenzienti spicca però il deputato Andy Harris, presidente del House Freedom Caucus, che ha definito l’aliquota al 40 % "un modo ragionevole per pagare" le priorità del presidente.
Una posizione condivisa, almeno in parte, dal collega Chip Roy, il quale ha ribaltato la critica rivolta ai sostenitori dell’aumento:
"I repubblicani dovrebbero respingere qualsiasi tentativo di aumentare i deficit. Alcune persone stanno proponendo ulteriori tagli fiscali senza commisurati tagli alla spesa. Sarebbe una follia e farebbe fallire il disegno di legge".
L’allarme dei conservatori fiscali
Fuori dal Congresso, l’ipotesi di un rialzo impositivo ha generato reazioni veementi. Grover Norquist, presidente di Americans for Tax Reform e figura influente nello stabilire l’ortodossia antitasse del partito, ha usato una metafora dura:
"I funzionari repubblicani eletti che votano per aumenti delle tasse sono come delle teste di ratto in una bottiglia di Coca‑Cola. Danneggiano il marchio per tutti gli altri".
Anche l’ex Speaker Newt Gingrich ha bocciato l’idea, sottolineando che imporrebbe «un’aliquota fiscale più alta di quella di Clinton, Obama o Biden» e definendola «follia».
Le discussioni rimangono in fase preliminare e non è certo che l’aumento delle tasse confluirà nella versione finale del provvedimento. Molti parlamentari, pur non chiudendo la porta, attendono di vedere il pacchetto completo per valutarne l’impatto complessivo su spesa e gettito.
Nel frattempo, la questione ha già riacceso il dibattito interno sul futuro della dottrina fiscale repubblicana, mettendo a confronto l’esigenza di finanziare gli impegni del presidente con la storica propensione del partito a ridurre o almeno non incrementare la pressione tributaria.