I mercati globali mettono in dubbio il ruolo del dollaro come bene rifugio
Negli ultimi giorni, i mercati finanziari hanno mostrato un comportamento anomalo: titoli di Stato americani e dollaro in calo simultaneo. Le dinamiche recenti indicano un possibile riassetto profondo del sistema economico internazionale.

Negli ultimi giorni, i mercati finanziari mondiali hanno vissuto una fase di turbolenza che potrebbe essere ricordata come uno spartiacque nella storia dell’economia globale. A preoccupare gli osservatori non è stato un crollo isolato o un evento improvviso, ma un insieme di segnali che indicano una possibile erosione della fiducia internazionale nei confronti degli asset finanziari statunitensi. Titoli di Stato e dollaro USA, tradizionalmente considerati beni rifugio in tempi di incertezza, sono scesi insieme: un comportamento inusuale nei momenti di crisi.
Il fenomeno si inserisce in un contesto in cui le tensioni tra le due principali economie mondiali, Stati Uniti e Cina, hanno raggiunto un nuovo livello. Le reciproche tariffe commerciali hanno superato la soglia del 100%, compromettendo in modo quasi totale il flusso di scambi tra i due paesi.
Parallelamente, si è verificata una dinamica preoccupante sui mercati finanziari. Nei giorni in cui azioni e altri asset rischiosi subivano forti vendite, anche i titoli del Tesoro statunitensi e il dollaro sono stati colpiti da perdite significative. Questo comportamento contrasta nettamente con quanto osservato in precedenti episodi di instabilità finanziaria, come nel settembre 2008 o nei primi mesi della pandemia da Covid-19, quando gli investitori si rifugiavano nel dollaro e nei titoli del Tesoro, considerandoli sicuri.
Questa volta, invece, non si è verificata la tipica corsa alla liquidità in dollari. Non c’è stata alcuna carenza globale della valuta statunitense, né la Federal Reserve ha dovuto attivare le consuete linee di swap con altre banche centrali. Ciò che si è osservato è stato piuttosto un crollo coordinato del valore del dollaro e dei titoli del Tesoro, che ha colpito il cuore dell’architettura finanziaria costruita nel dopoguerra.
Krishna Guha di Evercore ISI ha definito la situazione una “rara, brutta e preoccupante combinazione di movimenti di mercato”. A evidenziare l’entità del cambiamento sono i dati sull’indice del dollaro, che misura il valore del biglietto verde rispetto a sei principali valute internazionali: da martedì, ha registrato un calo del 3,4%, e del 9,2% rispetto ai livelli di metà gennaio. Il rendimento del titolo del Tesoro decennale è passato in pochi giorni da meno del 4% al 4,57%, con un’impennata che ha colto molti di sorpresa.
Secondo George Saravelos, stratega valutario della Deutsche Bank, il mercato starebbe rivalutando l’attrattività del dollaro come valuta di riserva globale e starebbe entrando in un processo di “rapida de-dollarizzazione”. Questo riflette una crescente cautela degli investitori internazionali nei confronti degli Stati Uniti, in un momento in cui il paese mostra segnali di instabilità politica, disavanzi fiscali crescenti e relazioni diplomatiche in peggioramento.
Nel breve termine, questa situazione mina il meccanismo di compensazione tra asset rischiosi e sicuri che normalmente protegge i portafogli degli investitori: quando azioni e obbligazioni si muovono nella stessa direzione, diventa più difficile gestire il rischio. Nel medio termine, gli Stati Uniti potrebbero dover affrontare una pressione crescente per contenere i disavanzi e accettare tassi di interesse strutturalmente più alti. Nel lungo periodo, gli sviluppi attuali potrebbero annunciare un riassetto dell’intero ordine economico e finanziario globale.