I democratici in rivolta contro l'accordo per riaprire il governo

Otto senatori dem hanno votato con i repubblicani per un'intesa che finanzia il governo fino a gennaio ma non prolunga i crediti fiscali sanitari. I dem alla Camera promettono battaglia: "È una resa che tutti dovrebbero rifiutare"

I democratici in rivolta contro l'accordo per riaprire il governo

Otto senatori democratici hanno votato ieri sera insieme ai repubblicani per far avanzare un accordo che pone fine allo shutdown del governo federale, scatenando la rabbia dei loro colleghi alla Camera e dei gruppi liberal. L'intesa finanzia il governo fino alla fine di gennaio e prevede l'approvazione di un pacchetto di leggi di spesa annuali, ma la promessa di un voto a dicembre per estendere i crediti fiscali previsti dall'Affordable Care Act, vale a dire la richiesta principale dei democratici sinora per porre fine allo shutdown, rischia di rimanere sulla carta.

Il leader della minoranza democratica alla Camera, Hakeem Jeffries, ha subito dichiarato che l'accordo non riesce ad "affrontare in modo decisivo la crisi sanitaria causata dai repubblicani" e ha promesso di "combattere" contro il provvedimento se arriverà alla Camera. La principale critica riguarda proprio il meccanismo previsto per i crediti fiscali previsti per l'assistenza sanitaria: il voto previsto a dicembre richiederà una maggioranza di 60 voti al Senato, soglia che rende estremamente improbabile l'approvazione della misura.

"Non sosterremo una proposta di legge di spesa avanzata dai repubblicani del Senato che non riesca a estendere i crediti fiscali dell'Affordable Care Act", ha affermato Jeffries nella sua dichiarazione. La deputata Becca Balint del Vermont è stata ancora più diretta:

"È una completa stupidaggine. Il concetto di un possibile voto. Le persone hanno bisogno di assistenza sanitaria, dannazione. Non di qualche vaga promessa su un ipotetico voto futuro".

Anche il deputato Jared Huffman della California ha bocciato l'intesa definendola "un pessimo accordo".

La rabbia attraversa tutto lo spettro politico democratico. Persino il deputato centrista Greg Landsman dell'Ohio ha dichiarato:

"Presumo che tutti noi che abbiamo combattuto per proteggere i nostri elettori dall'impennata dei costi sanitari voteremo contro".

Le chat di messaggi dei democratici della Camera si sono accese di rabbia domenica mentre i dettagli dell'accordo cominciavano a emergere pubblicamente, con i deputati sia progressisti che centristi che stanno sfogando la loro furia.

"La gente è furiosa", ha detto ad Axios un esponente democratico centrista della Camera, parlando in condizione di anonimato per condividere dettagli di discussioni interne. "È un accordo terribile e un totale fallimento nell'uso della leva negoziale per ottenere qualcosa di reale". Un democratico progressista ha aggiunto che sembra che i democratici del Senato "abbiano ottenuto quasi nulla. Sembra che siano semplicemente stanchi di andare avanti con lo shutdown". Un terzo deputato ha riferito di una "frustrazione quasi universale" e che "tutti sembrano essere uniti nel fatto che dovremmo opporci e che questo non è un buon accordo".

I gruppi progressisti sono stati ancora più critici, sostenendo che i senatori democratici che hanno votato per l'accordo hanno tratto le lezioni sbagliate dai risultati elettorali di martedì scorso. "Non sbagliatevi, anche se alcuni senatori democratici stanno considerando la resa, i repubblicani stanno perdendo questa battaglia", ha dichiarato Ezra Levin, co-fondatore di Indivisible.

"Questo 'accordo' è una resa che tutti i democratici del Congresso dovrebbero rifiutare categoricamente. Non possiamo permetterci un partito di opposizione diviso e debole".

Joel Payne, portavoce di MoveOn, ha affermato che l'accordo "è una truffa per milioni di americani lavoratori" e che "troppi esponenti democratici al Congresso stanno fallendo nell'ascoltare il chiaro messaggio che gli elettori hanno inviato il giorno delle elezioni". Sta di fatto che le nuove tensioni rischiano di riaprire le profonde divisioni che hanno agitato il Partito Democratico per tutto l'anno, e l'opposizione diffusa tra i democratici della Camera potrebbe complicare il percorso dell'accordo verso l'approvazione.

La situazione alla Camera è particolarmente delicata. Lo Speaker Mike Johnson, repubblicano della Louisiana, dispone di una maggioranza risicata di soli 219 voti contro 213 seggi, un margine di manovra estremamente ridotto che si assottiglierà ulteriormente quando la deputata democratica Adelita Grijalva dell'Arizona presterà giuramento al ritorno in sessione della Camera. La promessa di Jeffries di opporsi attivamente al provvedimento renderà il passaggio ancora più difficile.

Le discussioni private tra i democratici della Camera hanno fatto emergere un dettaglio intrigante: alcuni hanno persino parlato della possibilità di sostenere candidati nelle primarie contro i loro colleghi del Senato, una conversazione che era già emersa a marzo quando il Senato aveva votato per finanziare il governo. Il principale bersaglio resta il leader della minoranza democratica al Senato Chuck Schumer, nonostante abbia votato contro l'accordo, perché non sarebbe riuscito a contenere le defezioni.

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