I dazi affondano Trump in quasi tutti gli Stati
Un’analisi di Strength In Numbers e Verasight mostra che in 40 Stati la maggioranza disapprova la politica commerciale del presidente, con valori particolarmente bassi in New Hampshire, Pennsylvania e Nevada.

Il presidente Donald Trump è in difficoltà sul fronte del commercio internazionale in gran parte del Paese. Un’analisi di G. Elliott Morris, giornalista e analista di dati statunitense e curatore della newsletter Strength In Numbers, realizzata in collaborazione con l’istituto di ricerca Verasight, mostra che tra maggio e giugno 2025 in 40 Stati su 50 la maggioranza degli elettori ha espresso disapprovazione per la gestione delle politiche commerciali della Casa Bianca.
Il calo nei consensi arriva dopo l’introduzione, ad agosto, di una nuova serie di dazi su importazioni provenienti da quasi 70 Paesi, con aliquote comprese tra il 10% e il 41%, che si aggiungono a quelle già in vigore. Secondo una stima citata nell’analisi, in media oggi ogni bene importato negli Stati Uniti è gravato da un dazio del 18%.
Il sondaggio di luglio Strength In Numbers/Verasight rileva che solo il 38% degli adulti statunitensi approva la gestione di Trump del “commercio con altri Paesi”, contro il 56% che la disapprova. I dazi del presidente risultano anche tra le misure politiche più menzionate dagli intervistati quando viene chiesto quali temi abbiano visto trattati dai media nell’ultimo mese.
Il modello predittivo usato da Morris, basato su 4.000 interviste, stima che l’approvazione media a livello statale sia del 41%, con un 59% di giudizi negativi. Nei principali Stati in bilico Trump è sotto il 45%, con i valori più bassi in New Hampshire e Pennsylvania (39%), seguiti da Nevada (40%) e Michigan (41%). In tutti gli Stati competitivi l’approvazione sui dazi è in media 10 punti sotto la percentuale di voti ottenuti dal presidente nelle presidenziali del 2024.
L’analisi evidenzia anche un divario regionale. I dazi sono meno popolari nel Nord-Est (media del 36% di approvazione) e nell’Ovest (40%), dove l’incidenza di aree metropolitane costiere e i modelli di consumo rendono più percepibile l’aumento dei prezzi. Trump raggiunge un sostanziale equilibrio solo in Kentucky, Indiana e Tennessee, Stati vinti con largo margine nel 2024 e ai primi posti per volume di importazioni.
Un ulteriore elemento riguarda gli Stati di confine: Trump è in svantaggio ovunque tranne che in North Dakota (51% di approvazione). I dazi verso Messico e Canada risultano meno popolari di quelli verso Paesi più lontani. Anche in roccaforti repubblicane l’appoggio è debole: in West Virginia, vinta con il 70% dei voti nel 2024, si ferma al 56%.
Secondo Morris, questo quadro dimostra che i dazi non sono soltanto un test di lealtà partitica: anche molti elettori repubblicani, soprattutto nelle aree rurali, si oppongono alle politiche commerciali del presidente.
I risultati arrivano in un contesto economico complesso, con le richieste di sussidio di disoccupazione ai massimi dalla recessione da COVID-19, inflazione in aumento e crescita occupazionale in rallentamento. La Corte Suprema potrebbe pronunciarsi sulla legittimità dell’uso dei poteri d’emergenza da parte di Trump per imporre i dazi, mentre in Congresso alcuni membri stanno valutando iniziative per limitarne l’autorità.
Per realizzare queste stime, Morris ha applicato un modello di regressione multilevel con post-stratificazione (MRP). Il processo ha previsto un’intervista a 4.000 cittadini statunitensi, l’esclusione dei rispondenti incerti e la modellizzazione della probabilità di approvare le politiche commerciali di Trump in base a fattori demografici (razza, età, genere, istruzione, reddito, appartenenza politica) e Stato di residenza. Successivamente, le previsioni sono state ponderate con i dati del Census Bureau e integrate con stime di appartenenza partitica e voto passato per riflettere la composizione reale di ciascuno Stato.