Hamas blocca il rilascio degli ostaggi accusando Israele (e Trump) di sabotare gli accordi

La tregua vacilla dopo l'annuncio di Hamas. Le condizioni critiche degli ostaggi liberati sabato alimentano le preoccupazioni internazionali, mentre il piano di un sempre più impaziente presidente Trump per il futuro dell'enclave continua a scatenare reazioni contrarie nel mondo arabo.

Hamas blocca il rilascio degli ostaggi accusando Israele (e Trump) di sabotare gli accordi

La tenuta della fragile tregua tra Israele e Hamas ha raggiunto un punto critico dopo l’annuncio del gruppo terrorista palestinese di voler sospendere temporaneamente il rilascio degli ostaggi israeliani.

La decisione, comunicata oggi dal portavoce dell'ala militare Abu Ubaida, segna una drammatica escalation nella crisi in corso, e minaccia di far deragliare il processo di pace avviato, dopo lunghi e difficili mesi di negoziati, il 19 gennaio scorso.

Le accuse di Hamas ad Israele

Hamas accusa Israele di molteplici violazioni dell'accordo di cessate il fuoco, citando specificamente tre elementi chiavi:

  1. L’ostruzione al rientro dei palestinesi nel nord di Gaza;
  2. Episodi in cui i soldati israeliani hanno aperto il fuoco contro i civili;
  3. Ostacoli alla distribuzione degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza.

Il gruppo terrorista ha annunciato che il prossimo rilascio di ostaggi, previsto per sabato, sarà, quindi, sospeso fino a quando Israele non rispetterà pienamente l'accordo e "compenserà per quanto avvenuto nelle settimane passate".

Le accuse di Hamas al piano di Trump

Anche la proposta del presidente Trump di trasferire i palestinesi fuori da Gaza, trasformando l'enclave in un progetto immobiliare sotto controllo statunitense, ha innescato una tempesta.

In un'intervista a Fox News, Trump ha anche escluso categoricamente il diritto al ritorno dei palestinesi, suggerendo invece accordi con Egitto e Giordania per il loro reinsediamento altrove. Entrambi i Paesi hanno già rigettato al mittente la proposta.

Ovviamente, anche la reazione di Hamas non si è fatta attendere. Bassem Naim, alto funzionario di Hamas, ha criticato duramente il piano della Casa Bianca:

"È evidente che la nuova amministrazione americana sotto Trump non sa cosa vuole in Medio Oriente ed è incoerente nelle sue dichiarazioni."

Naim ha enfatizzato come gli Stati Uniti da un lato parlino di stabilità regionale, mentre dall'altro "incoraggiano Netanyahu e il suo governo razzista a commettere ancora più crimini contro il popolo palestinese."

La risposta del governo israeliano e degli Stati Uniti

La risposta israeliana è stata immediata e ferma. Il Ministro della Difesa Israel Katz ha interpretato l'annuncio come una violazione diretta dell'accordo, ordinando alle forze militari di prepararsi al massimo livello di prontezza a Gaza.

Il gabinetto di sicurezza israeliano, che include i ministri chiave del governo, si riunirà domani mattina per valutare le contromosse.

In difesa della posizione americana, è stato invece il Segretario di Stato Marco Rubio a sfidare i Paesi mediorientali critici sul piano di Trump a proporre altre alternative concrete:

"Tutti questi leader dovranno farsi avanti. Se hanno un'idea migliore, questo è il momento”.

Così Rubio in un'intervista a SiriusXM, sottolineando come nessuno dei Paesi ricchi della regione si sia per ora offerto di guidare la ricostruzione di Gaza.

La drammatica situazione degli ostaggi restanti

Le immagini degli ultimi tre ostaggi liberati - Ohad Ben Ami, Eli Sharabi e Or Levy - hanno scioccato la comunità internazionale per le loro condizioni fisiche estremamente deteriorate.

Il bilancio attuale vede solo 16 ostaggi israeliani rilasciati dei 33 previsti nella prima fase dell'accordo di 42 giorni, oltre a 5 cittadini thailandesi liberati separatamente in un'operazione non programmata.

Il presidente Trump, commentando le condizioni degli ostaggi, ha paragonato il loro stato fisico a quello dei sopravvissuti dell'Olocausto, esprimendo dubbi sulla sostenibilità dell'attuale processo di scambio:

"Non so per quanto tempo ancora possiamo tollerare questa situazione... a un certo punto perderemo la pazienza."

I mediatori internazionali sotto pressione

In questo contesto, le fonti di sicurezza egiziane esprimono crescente preoccupazione per un possibile collasso dell'accordo di tregua.

Qatar ed Egitto, due Paesi che hanno mediato l'intesa di cessate il fuoco di gennaio insieme agli Stati Uniti negli ultimi giorni dell’Amministrazione Biden, si trovano ora ad affrontare una situazione sempre più complessa.

Un funzionario palestinese a conoscenza dei negoziati ha evidenziato come la sfiducia tra le parti stia ostacolando significativamente i progressi, particolarmente riguardo all'implementazione del protocollo umanitario.

Anche i colloqui per una seconda fase dell'accordo, finalizzati al rilascio dei rimanenti 76 ostaggi e al completo ritiro delle forze israeliane, mostrano scarsi segni di progresso.

La situazione rimane quindi in un equilibrio molto precario, con il rischio concreto di un ritorno imminente alle ostilità che potrebbe avere conseguenze devastanti per la già fragile situazione umanitaria nella Striscia devastata da quasi un anno e mezzo di guerra.

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