Guerra ai media o egemonia? Il piano di Trump per ridefinire l’informazione
Come la nuova amministrazione di Donald Trump sta costruendo una rete di controllo mediatico attraverso nomine strategiche e esclusioni mirate
Due giorni dopo l’insediamento di Donald Trump, un reportage di Fox News ha iniziato a rimbalzare online. La testata conservatrice lo ha venduto come un’esclusiva: il reporter Bill Melugin, in giubbotto antiproiettile verde militare e ciuffo laccato, scortava gli agenti dell’immigrazione (ICE) nelle strade di Boston, documentando retate mirate a catturare “i criminali più pericolosi”. Volti scuri, polsi ammanettati, inquadrature strette sui membri delle gang e sui ricercati dell’Interpol, con l’apice drammatico di un detenuto che urla in camera: “F**k Trump, Biden forever!” Dalla sua posizione privilegiata sul sedile posteriore di una volante degli agenti di immigrazione, Fox News raccontava l’operazione con un accesso che nessun'altra testata poteva vantare.
Ma a telecamere spente, il rastrellamento ha continuato diversamente. Nessun reporter a documentare, nessuna inquadratura studiata. Secondo avvocati per l’immigrazione e rappresentanti di organizzazioni umanitarie, quello stesso giorno gli agenti hanno iniziato a bussare alle porte di immigrati senza documenti, privi di precedenti penali. Uomini, donne, famiglie intere—target collaterali necessari a riempire le quote di arresti giornalieri imposte dall’amministrazione Trump, come riportato dal The Washington Post.
Dal suo ritorno alla Casa Bianca, Donald Trump ha riaperto il fronte contro i media tradizionali, ma questa volta con una strategia più raffinata. Non più solo attacchi e delegittimazione, ma un controllo sistematico del flusso d’informazione, consolidando il potere dei media conservatori. Nelle prime settimane, la Casa Bianca ha sfrattato testate storiche dal Pentagon Press Corps, tra cui NBC News, The New York Times, NPR e Politico. Più di recente, ha escluso i reporter di Associated Press dallo Studio Ovale per non aver adottato il termine “Golfo d’America” al posto di “Golfo del Messico.” Una guerra mediatica condotta non più solo con insulti su Twitter, ma con accessi negati e spazi ridotti.
Il controllo dell’informazione tuttavia non si ferma ai media, ma si insinua nelle istituzioni stesse. Trump ha piazzato L. Brent Bozell III alla guida dell’Agenzia statunitense per i media globali, l’ente federale incaricato di trasmettere notizie sugli Stati Uniti al mondo. Bozell, considerato da molti un estremista di destra, è il fondatore del Media Research Center e noto per la sua incessante crociata contro i media tradizionali, accusandoli di pregiudizi liberali. Il suo legame con l’estremismo non è solo teorico: suo figlio, condannato per l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, ha recentemente ottenuto la grazia presidenziale da Trump.
La nomina di Bozell, osserva il The New York Times, rafforza il timore che un’agenzia federale nata per contrastare la propaganda autoritaria possa trasformarsi in uno strumento di propaganda politica.
“Non so se Trump stesso abbia un vero e proprio piano d'azione, ma è chiaro che il quadro generale è quello di un'amministrazione che disprezza la libertà di stampa”, ha dichiarato in una e-mail a NBC News Rebecca Hamilton, professoressa di diritto all'American University. Hamilton ha sottolineato come la strategia dell’amministrazione sia chiara: qualsiasi organo di informazione che non si allinei con il programma di Trump viene trattato come un nemico. “Questo riflette una mancanza di rispetto fondamentale per i principi alla base dell'impegno democratico verso una stampa libera”.
Sotto la guida del nuovo presidente Brendan Carr, la Federal Communications Commission (FCC) ha avviato una serie di indagini mirate contro società di comunicazione criticate da Trump. NPR e PBS, da sempre nel mirino della destra per la loro presunta “parzialità liberale,” sono sotto esame per la trasmissione di pubblicità commerciali. NBC è accusata di violare le norme FCC e le leggi sui diritti civili per aver favorito iniziative di diversità, equità e inclusione (DEI). La CBS è sotto scrutinio per “distorsione delle notizie,” mentre l’ABC è stata presa di mira per la gestione di un dibattito tra Trump e Kamala Harris.
Ma il vero spostamento di potere è avvenuto dietro le quinte. I media conservatori non si sono limitati a difendere il governo dall’esterno: si sono insediati nei centri decisionali. Ad oggi, sono oltre 19 gli ex conduttori, commentatori e giornalisti di Fox News selezionati da Trump per ruoli chiave nel governo. Tra questi, l’ex opinionista Pete Hegseth come segretario alla Difesa, l’ex conduttrice di Fox Business Tulsi Gabbard come direttrice dell’intelligence nazionale e la star dei reality show Sean Duffy come segretario ai trasporti. Tutti e tre sono stati confermati dal Senato nelle scorse settimane.
“Non c’è dubbio che il presidente Trump comprenda l’importanza del rapporto tra media e pubblico,” ha aggiunto Hamilton nella email a NBC. “Ecco perché sta riducendo l’accesso ai canali d’informazione che non apprezza e ampliando lo spazio per quelli che gli sono favorevoli.”
Più che una guerra ai media, questa volta Trump sta costruendo un’egemonia comunicativa. Non si tratta più solo di screditare la stampa, ma di riscrivere le regole dell’informazione. Gli effetti si misureranno nel tempo, ma una cosa è certa: la libertà di stampa in America non è mai stata così sotto pressione.