Google evita il rischio di spezzettamento negli Stati Uniti
Un giudice federale ha stabilito che il gruppo non dovrà cedere Chrome né Android. La decisione, meno severa delle richieste del Dipartimento di giustizia, è un rovescio per le amministrazioni Trump e Biden, che accusavano Google di monopolio.
Google non sarà smembrata. Il giudice federale di Washington Amit Mehta ha stabilito che il gruppo dovrà condividere alcuni dati e risultati di ricerca con concorrenti, ma non sarà costretto a separarsi dal browser Chrome né dal sistema operativo Android. La decisione, resa nota il 2 settembre, è molto meno dura di quanto auspicato dal Dipartimento di Giustizia, che chiedeva lo scorporo di Chrome.
La causa era stata avviata nel 2020 dall’amministrazione Trump e portata avanti da quella di Joe Biden, con l’obiettivo di limitare lo strapotere delle grandi aziende tecnologiche. Entrambe le amministrazioni hanno subito un colpo politico. Dopo l’annuncio, il titolo di Alphabet, la casa madre di Google, è salito del 7% negli scambi post-closing a Wall Street. Dan Ives, analista di Wedbush Securities, ha parlato di una “vittoria monstre” per il gruppo.
Il giudice Mehta aveva riconosciuto nel 2024 che Google era un monopolio, citando accordi esclusivi come quello con Apple per mantenere una quota di mercato superiore al 90%. Tuttavia, ha preferito non esercitare il potere di smembramento. Secondo lui, l’avvento dell’intelligenza artificiale, in particolare quella generativa, potrebbe modificare l’equilibrio competitivo senza bisogno di interventi drastici.
Google ha accolto con favore la decisione. Lee-Anne Mulholland, vicepresidente per le relazioni regolatorie, ha dichiarato che “la concorrenza è viva e ciascuno può scegliere i servizi che preferisce”. Resta comunque il divieto di contratti di esclusiva: il gruppo potrà pagare per preinstallare i propri servizi, ma non potrà condizionare tali accordi a vincoli esclusivi.
Il punto più delicato riguarda i rapporti con Apple. Google paga oltre 20 miliardi di dollari l’anno per essere il motore di ricerca predefinito su Safari. L’intesa non appare compromessa e il titolo Apple è cresciuto del 3% dopo la decisione. Secondo il Wall Street Journal, questa apertura potrebbe favorire collaborazioni più strette in materia di intelligenza artificiale, dopo che Apple ha firmato un accordo con OpenAI e sta valutando un’intesa con Gemini, il sistema sviluppato da Google.
Il caso è considerato il più importante giudizio antitrust dai tempi della vicenda Microsoft di oltre vent’anni fa. I precedenti smembramenti, come quello di AT&T nel 1984, restano eccezioni storiche. L’approccio della giustizia americana, basato sulla “regola di ragione”, limita infatti le azioni a restrizioni considerate “irragionevoli” del commercio.
La vicenda non si conclude qui. Google intende fare appello contro l’accusa di monopolio e resta coinvolta in altre cause in Texas e in Virginia. Nel frattempo, anche altre aziende della big tech sono sotto pressione: Meta è perseguita per le acquisizioni di Instagram e WhatsApp, mentre un processo contro Amazon è previsto nel 2026. I tempi lunghi della giustizia giocano a favore dei giganti tecnologici, che continuano a consolidare la loro posizione sul mercato.
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