Gli Stati Uniti hanno bombardato i siti nucleari in Iran

Raid statunitensi colpiscono Fordo, Natanz e Isfahan. Teheran promette ritorsioni. Netanyahu: “Decisione audace, Israele è riconoscente”

Gli Stati Uniti hanno bombardato i siti nucleari in Iran
Trump nella Situation Room / White House

Nella notte tra sabato 21 e domenica 22 giugno, il presidente Donald Trump ha annunciato l’entrata diretta degli Stati Uniti nella guerra tra Israele e Iran, ordinando un massiccio attacco aereo contro tre siti nucleari iraniani: Fordo, Natanz e Isfahan. Le operazioni militari hanno coinvolto bombardieri B-2 e sottomarini della Marina, e si sono concentrate sugli impianti di arricchimento dell’uranio considerati critici per le ambizioni nucleari di Teheran.

Nel suo discorso alla nazione, pronunciato dalla Casa Bianca, Trump ha parlato di “successo militare spettacolare” e ha dichiarato che gli impianti colpiti sono stati “completamente e totalmente distrutti”. Ha ringraziato il premier israeliano Benjamin Netanyahu per la collaborazione “come forse nessun'altra squadra ha mai fatto prima” e ha avvertito: “Se l’Iran non accetta la pace, le prossime operazioni saranno molto più pesanti e rapide”.

New York Times

Secondo fonti ufficiali, sei bombardieri B-2 hanno sganciato una dozzina di bombe bunker buster da 30.000 libbre sul sito montano di Fordo. Altri attacchi sono stati condotti con missili da crociera TLAM lanciati da sottomarini statunitensi contro Natanz e Isfahan. Si tratta del primo impiego in combattimento della bomba GBU-57 Massive Ordnance Penetrator, progettata per penetrare strutture sotterranee fortificate.

La risposta iraniana non si è fatta attendere. Il ministro degli Esteri Abbas Araghchi, in missione diplomatica in Europa, ha definito l’attacco “una violazione della Carta delle Nazioni Unite e del Trattato di non proliferazione” e ha promesso che “l’Iran si riserva tutte le opzioni per difendere la propria sovranità, i propri interessi e il proprio popolo”. La televisione di Stato iraniana ha annunciato il lancio di trenta missili balistici verso Israele, mentre le sirene d’allarme risuonavano a Tel Aviv e Gerusalemme.

L'Organizzazione per l’Energia Atomica dell’Iran ha confermato l'attacco ai tre siti, denunciando un atto “barbaro” contro il diritto internazionale. Tuttavia, ha anche dichiarato che “nessuna contaminazione radioattiva è stata rilevata” e che le attività del programma nucleare proseguiranno. Funzionari locali hanno affermato che il sito di Fordo era stato evacuato e che “i danni non sono irreversibili”.

Il segretario generale dell’ONU António Guterres ha espresso “profonda preoccupazione”, definendo l’operazione statunitense una “pericolosa escalation” e un “rischio diretto per la pace e la sicurezza internazionali”. Da Washington, mentre il Pentagono si prepara a fornire ulteriori dettagli in conferenza stampa, cresce il dibattito tra i parlamentari statunitensi.

I vertici repubblicani del Congresso hanno elogiato l’azione di Trump. Il presidente della Camera Mike Johnson ha affermato che “questa posizione è ora applicata con forza, precisione e chiarezza”. Il leader della maggioranza al Senato John Thune ha parlato di “scelta giusta” per fermare “la folle corsa iraniana all’arma nucleare”. Anche il senatore Lindsey Graham ha dichiarato: “Il regime lo merita”.

All’opposto, i leader democratici hanno duramente criticato l’operazione, definendola incostituzionale e rischiosa. Il capogruppo alla Camera Hakeem Jeffries ha accusato Trump di “non aver cercato l’autorizzazione del Congresso” e di aver “fuorviato il paese”. La deputata Alexandria Ocasio-Cortez ha invocato l’impeachment, parlando di “rischio di guerra che potrebbe durare per generazioni”.

Dagli ambienti militari emerge che l’attacco potrebbe aver compromesso in modo significativo le capacità nucleari iraniane, ma l’estensione effettiva dei danni resta incerta. Secondo le analisi satellitari, il sito di Fordo, scavato in profondità nella montagna vicino a Qom, è stato il bersaglio principale. Gli altri due impianti, già danneggiati nei giorni precedenti da raid israeliani, contenevano materiale arricchito a livelli prossimi alla soglia militare.

L’Iran si trova ora davanti a un bivio. Potrebbe rispondere militarmente, rischiando un conflitto diretto con una superpotenza e le sue basi nella regione, oppure potrebbe optare per una tregua, rinunciando di fatto alla propria leva nucleare e uscendo indebolito sul piano regionale. Anche eventuali attacchi da parte delle milizie alleate dell’Iran, come gli Houthi in Yemen o Hezbollah in Libano, restano possibili.

Intanto, Israele ha alzato il livello di allerta, chiuso lo spazio aereo e ordinato la sospensione di tutte le attività non essenziali. Netanyahu, in un videomessaggio ai cittadini, ha affermato che “la promessa è stata mantenuta” e ha elogiato gli Stati Uniti per aver fatto “ciò che nessun altro paese al mondo poteva fare”.

Le immagini diffuse dalla Casa Bianca mostrano Trump insieme al segretario di Stato Marco Rubio, al ministro della Difesa Pete Hegseth e al capo di stato maggiore Dan Caine nella Situation Room. Secondo alcuni consiglieri, il presidente vede l’operazione come un’azione limitata e necessaria per ristabilire la deterrenza. Ma altri all’interno dell’amministrazione e del Congresso temono che la spirale del conflitto possa sfuggire al controllo.

A poche ore dal discorso, Trump ha pubblicato un messaggio su Truth Social: “Qualsiasi ritorsione da parte dell’Iran sarà affrontata con una forza ben maggiore di quella vista stanotte”. In un altro post ha scritto: “ORA È IL MOMENTO DELLA PACE”.

Resta da vedere se la leadership iraniana, ancora silente pubblicamente con il leader supremo Khamenei rifugiato in un bunker, risponderà con negoziati o con missili. Ma la guerra tra Israele e Iran, innescata il 13 giugno da un attacco a sorpresa israeliano, ha ora coinvolto pienamente anche gli Stati Uniti. E l’intera regione mediorientale si trova sull’orlo di un nuovo, pericoloso equilibrio.

Focus America non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001.