Gli americani non sono convinti dei dazi di Trump
Un sondaggio POLITICO-Public First mostra che una parte significativa dei sostenitori del presidente esprime dubbi sulle sue politiche protezionistiche, in particolare nei confronti di Pechino

Le politiche commerciali del presidente Donald Trump stanno generando tensioni anche all’interno della sua base elettorale. Un sondaggio condotto da POLITICO e dall’agenzia britannica Public First mostra che una quota compresa tra un quarto e quasi la metà degli elettori che hanno votato per Trump nel 2024 nutre dubbi su vari aspetti della sua politica dei dazi, in particolare sull’approccio verso la Cina.
Il dato più netto riguarda la fiducia sull’efficacia dei dazi: solo la metà degli elettori di Trump crede che questi provvedimenti commerciali possano effettivamente favorire le imprese statunitensi, mettendo in discussione una delle principali promesse dell’agenda protezionista del presidente. Il sondaggio, condotto tra il 10 e il 20 giugno 2025 su un campione di 2.276 adulti americani, evidenzia una spaccatura che rischia di diventare un problema politico per i Repubblicani in vista delle elezioni di medio termine del 2026.

Trump ha rilanciato la sua battaglia commerciale anche nelle ultime settimane, inviando lettere dal tono aggressivo a diversi Paesi e minacciando nuovi dazi a partire dal 1° agosto. Tuttavia, già prima di questi annunci, il malcontento era visibile: un quarto dei suoi elettori ritiene che i dazi stiano danneggiando la capacità degli Stati Uniti di negoziare accordi commerciali più vantaggiosi, e il consenso sul potere presidenziale in materia è diviso: il 45% ritiene che Trump debba poter imporre dazi unilateralmente, mentre il 44% preferirebbe un controllo da parte del Congresso.
Il presidente ha promesso che questi dazi porteranno “grandi introiti” all’America. E in effetti, i dazi su acciaio, alluminio, componenti auto e su tutti i beni d’importazione (con un’imposta base del 10%) hanno già fruttato miliardi di dollari. Ma questi costi sono a carico delle aziende e dei consumatori, che spesso si trovano a pagare prezzi maggiorati. E la questione dei rincari pesa sull’opinione pubblica.
Solo il 46% degli elettori di Trump è disposto a sostenere i dazi contro la Cina “anche se aumentano i prezzi in patria”. Un ulteriore 32% li appoggia solo se non causano rincari, mentre il 9% si dice contrario e il 13% è incerto. Il consenso sulla linea dura verso Pechino è quindi condizionato dal suo impatto concreto sul costo della vita.
Pur considerata una rivale economica, la Cina resta il partner commerciale più importante per gli Stati Uniti agli occhi della maggioranza. Alla domanda su quale Paese dovrebbe essere la priorità per una relazione commerciale positiva, il 34% degli intervistati ha indicato la Cina, inclusi il 30% degli elettori di Trump.
Il giudizio sulle conseguenze dei dazi sulla Cina resta diviso: se circa la metà degli elettori di Trump li considera utili per le imprese americane, il 25% li ritiene dannosi. Il restante quarto non ne vede effetti rilevanti o non ha un’opinione chiara.
Un altro dato rilevante del sondaggio riguarda la fiducia sulla capacità negoziale del presidente. Il 55% degli elettori di Trump pensa che sarà difficile concludere un accordo con la Cina, ma che “Trump ci riuscirà comunque”. Solo il 12% crede che il presidente non porterà a termine un’intesa. La fiducia personale in Trump resta dunque elevata, malgrado le preoccupazioni sulle sue scelte tattiche.
Nel frattempo, alcuni effetti concreti dei dazi si fanno già sentire. I prezzi degli elettrodomestici, in gran parte importati dalla Cina, sono aumentati del 4% tra aprile e maggio, in seguito alla prima ondata di dazi. Altri comparti, come quello delle calzature o dei giocattoli, segnalano rincari legati direttamente alle nuove imposte sulle importazioni.
Le critiche alle politiche commerciali del presidente arrivano con maggiore intensità dai Democratici. L’86% degli elettori che hanno sostenuto la vicepresidente Kamala Harris nel 2024 ritiene che i dazi di Trump stiano ostacolando la capacità degli Stati Uniti di negoziare accordi vantaggiosi. Inoltre, il 47% degli elettori di Harris pensa che il presidente non riuscirà a siglare un accordo con la Cina.