Una nomina di Gabbard in una posizione chiave nell'intelligence divide i Repubblicani
La nomina di Ruger, legato al Charles Koch Institute e sostenitore di una politica estera prudente, evidenzia le tensioni tra le correnti repubblicane su Iran, Ucraina e Cina

La direttrice dell'Intelligence Nazionale Tulsi Gabbard ha nominato William Ruger, ex vicepresidente del Charles Koch Institute, in una posizione di rilievo nel proprio dipartimento. La decisione, passata in sordina ma confermata da fonti del Congresso, ha generato reazioni contrastanti tra i Repubblicani, portando alla luce le divisioni interne al partito su temi centrali di politica estera.
Ruger è stato designato come vice direttore dell’intelligence nazionale per l’integrazione delle missioni, un incarico strategico che prevede tra le sue funzioni la preparazione del briefing quotidiano per il presidente degli Stati Uniti. Nella pagina ufficiale del sito dell’Office of the Director of National Intelligence (ODNI) che descrive il suo ruolo, non compare la dicitura “ad interim”, presente invece in una diversa sezione dell’ODNI.
Veterano della guerra in Afghanistan e accademico con un passato nella Marina come riservista, Ruger è noto per le sue posizioni critiche nei confronti di un coinvolgimento militare esteso degli Stati Uniti, in particolare in Medio Oriente. In passato aveva invitato l’amministrazione Biden a proseguire con il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, posizione espressa anche in un editoriale pubblicato nel 2021 sul New York Times. Recentemente ha criticato duramente i sostenitori del cambio di regime in Iran, accusandoli di non aver appreso nulla “dagli ultimi 25 anni”.
Le sue posizioni, condivise con altri membri del think tank Defense Priorities — di cui è stato membro — e con il Charles Koch Institute, si allineano a una visione di politica estera fortemente orientata a limitare l’interventismo americano. Proprio questi legami, però, hanno acceso il dibattito all’interno del Partito Repubblicano, spaccando i suoi rappresentanti tra sostenitori e detrattori della nomina.
Da un lato, il senatore Rand Paul ha accolto con favore la scelta di Gabbard: “Will è una scelta solida”, ha dichiarato ad Axios. “Porta con sé una vasta conoscenza ed esperienza. Questo è il tipo di leadership basata su principi di cui abbiamo bisogno a Washington”. Dall’altro, un funzionario repubblicano del Congresso ha sollevato obiezioni, ricordando che Donald Trump aveva avvertito di non includere esponenti della rete Koch nella futura amministrazione. “Prima o poi si renderà conto che la sua amministrazione ne è diventata piena”, ha commentato.
A gennaio, lo stesso Trump aveva scritto su Truth Social un post in cui metteva in guardia contro il coinvolgimento di persone legate ad Americans for No Prosperity, sigla che usava in modo impreciso per riferirsi a uno dei gruppi legati a Charles Koch. Il messaggio era stato interpretato dai parlamentari repubblicani come un divieto implicito a includere figure vicine a Koch nella nuova amministrazione.
Non è la prima volta che una figura con posizioni scettiche sull’interventismo viene considerata da Gabbard per ruoli importanti. Solo il mese scorso, aveva inizialmente pensato a Daniel Davis — altro ex ufficiale critico di Israele — per lo stesso incarico affidato ora a Ruger. Le proteste di gruppi filo-israeliani avevano però portato Gabbard a rinunciare alla nomina.
Il clima di tensione interna al partito è emerso anche in occasione della recente conferma di Elbridge Colby come sottosegretario alla politica del Dipartimento della Difesa, con un voto finale di 54 a 45. Colby, sostenuto dalla maggior parte dei Repubblicani, ha trovato l’opposizione del senatore Mitch McConnell, il quale ha motivato il suo voto contrario affermando che “il lungo curriculum pubblico di Elbridge Colby suggerisce una disponibilità a sottovalutare la complessità delle sfide che l’America deve affrontare”.